martedì 25 giugno 2013

Berlusconi: per chi suona la sentenza


Di fronte alla condanna di Berlusconi a sette anni di carcere e alla interdizione perpetua dai pubblici uffici, la reazione degli italiani è stata radicale: da una parte i soliti nemici di Berlusconi, che hanno gioito perché giustizia è stata finalmente fatta; dall’altra i soliti suoi amici, che hanno strillato per l’ennesima condanna immotivata di una magistratura che opera in concorso esterno in associazione politica. Gli uni ideologicamente domiciliati in giornali come “la Repubblica”, “il Fatto quotidiano”, “L’Unità”, “Il Manifesto”; gli altri ne “il Giornale” e in “Libero”. Considerati questi giornali come moschee, nel senso che quello che dicono è la voce del profeta.
Personalmente vivo anche questa vicenda in maniera problematica. Leggo abitualmente il “Corriere della Sera” e mi trovo in buona compagnia dei Battista, dei Franco, dei Romano, dei Panebianco, dei Galli Della Loggia, degli Ostellino e via di seguito, pur non condividendo con questi signori né la condizione né le ragioni della criticità berlusconiana. Non la condizione, per il fatto che non mi ritengo un liberale; non le ragioni, perché non ho le loro stesse preoccupazioni, che sono legate alla sorte del governo Letta. Vengo dal Msi e ho vissuto il bipolarismo, che mi ha costretto a stare con Berlusconi, con sofferenza. Realisticamente e coerentemente non potevo non riconoscermi che nel polo di destra. Montanelli si turava il naso e votava Democrazia Cristiana. Beato lui, che poteva poi liberare il naso e poter respirare. Io non mi sono turato niente perché non sono mai stato un campione di apnea e la puzza diffusa era tale che non trovavo un luogo dove poter respirare senza ammorbarmi. Non pochi ex del Msi si sono rivelati più carogne dei berlusconiani. Stare sull’altra sponda, la rive gauche, per carità, mi avrebbe fatto sentire un sopravvissuto in territorio nemico più di quanto non lo fossi già.
Con Berlusconi tuttavia ce l’ho in maniera particolare per quell’essere ignobile che è stato, avendo trascinato nel ridicolo e nel vergognoso tutto un popolo, che nella sua parte politica si è riconosciuto per vent’anni, pur con dei distinguo. Sicché ero e sono convinto che le accuse che gli sono state mosse e per le quali è stato condannato sono vere. E’ politicamente e moralmente condannabile perché, quand’anche risultasse innocente o addirittura fosse innocente, si è tuttavia messo nelle condizioni di essere accusato. Da questo punto di vista non si è mai sufficientemente talebani.
Come suo detrattore di destra non posso perciò che gioire, pregustando anche la sua definitiva uscita di scena, che consentirebbe una rinascita della destra su altre basi politiche ed etiche. Si spera sempre che ogni sconfitta sia l’inizio di una vittoria. Sono così contento della sua condanna che la vivo come una vendetta, direi giusta vendetta.
Ma, ecco, il dubbio che come vendetta possa essere nata anche nella mente dei giudici che hanno emesso la sentenza di condanna mi indigna come cittadino di un paese che ormai deve fare i conti con una magistratura che è parte tra le parti politiche. Ma se ho detto di essere convinto della colpevolezza di Berlusconi, perché ora non riconosco la stessa convinzione nei giudici che lo hanno condannato? Sono forse incoerente, contraddittorio? Non riconosco agli altri ciò che riconosco a me? Nient’affatto. Un cittadino può convincersi della colpevolezza di un imputato ed emettere una sentenza di condanna nei suoi confronti senza avere prove. Il cittadino non istruisce processi, non sente testimoni, non valuta documenti. La sua convinzione di colpevolezza gli deriva da quel che legge, da quel che sente, dal suo senso critico; la sua verità non ha bisogno di prove. Diceva Pasolini: io so perché sono un intellettuale. Ma i giudici devono condannare o assolvere, a prescindere dalle loro convinzioni personali, sulla base di prove. La verità giudiziaria è una verità basata sugli atti processuali. E’ lo Stato di diritto, è lo spirito della giustizia. Se il giudice assolve o condanna senza prove sufficienti, sulla base di convinzioni diffuse o peggio ancora sotto le pressioni di un’opinione pubblica avversa all’imputato, viene meno al più elementare dei suoi doveri. Il giudice ideale è quello che, pur convinto della colpevolezza, assolve perché non ha le prove per condannare.
Il dubbio che Berlusconi sia riuscito anche questa volta a costruire un castello di prove a suo discarico è legittimo che lo abbiano il cittadino e il giudice, ma cittadino e giudice hanno doveri diversi. Il giudice non può dire: non ci sono le prove perché Berlusconi ha tanti soldi da pagare i migliori avvocati e da corrompere decine di testimoni, ma io sono il giudice e lo condanno lo stesso. 

Se questo è avvenuto nella sentenza di condanna ad personam, per colpire un “impunito” o peggio ancora per colpire la parte politica che rappresenta, è un fatto estremamente grave che non potrà non avere conseguenze altrettanto gravi.     

1 commento:

  1. quello che è grave è quello che Berlusconi ha fatto, grave è corrompere i testimoni, grave è essere al di sopra della legge perché ricco.. compito di un giudice è far sì che davvero la legge sia uguale per tutti, ma proprio per tutti.. certo, con prove. Quale uomo si costruisce un castello di prove a suo discarico? mah

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