Perché Papa Francesco piace tanto
alle sinistre? In un primo momento ho pensato alla sua duplice appartenenza ad
una famiglia di poveri emigranti italiani dell’Ottocento e ad un continente
povero. Poi ho pensato al suo populismo, fatto di calore e vicinanza ai malati,
ai bambini, ai sofferenti; e soprattutto di ostentato rifiuto del Palazzo e dei
suoi privilegi. Insomma, per il suo porsi in discontinuità coi papi che lo
hanno preceduto. Quel suo esordio, “buonasera”, dopo una pausa quasi
imbarazzante, esaltato dai media fino all’inverosimile, tradiva un forte
imbarazzo, tipico del “come comincio”, che tanto ha angustiato generazioni e
generazioni di studenti davanti alla traccia di un tema. Tutto ciò non mi
convinceva del tutto. Doveva esserci altro, qualcosa che lì per lì mi sfuggiva.
Finora Papa Francesco non ha mai
fatto trapelare nulla di nuovo sui cosiddetti valori cristiani non negoziabili,
come li definiva Benedetto XVI. Nulla sull’aborto, nulla sul divorzio, nulla
sul sacerdozio delle donne, nulla sul
celibato dei preti, nulla sull’uso di anticoncezionali, nulla sul testamento
biologico, nulla sul matrimonio gay, nulla sulla procreazione assistita, nulla
di nulla. Eppure piace alle sinistre, le stesse che su queste problematiche
hanno scatenato una guerra feroce sul povero Papa Ratzinger, ribattezzato Papa
Pazzingher, inducendolo a rassegnare le dimissioni.
Poi, finalmente, l’illuminazione.
Come non pensarci prima? Piace perché non fa il Papa, Francesco è un non-Papa.
La sua teologia della nonna, metaforicamente declinata ora col sudario che non
ha tasche, ora col funerale mai seguito da un carro traslochi, ora con San
Pietro che non aveva conti in banca e pagava le tasse col pesce che andava a pescare,
non può essere linguaggio di papa. Il quale ha sì a cuore i poveri, ma non può
predicare la povertà come un bene, mentre la gente si uccide perché non ha
lavoro e perciò neppure i beni di sostentamento minimi per sé e i propri cari.
E se tutti quelli che danno l’8
per mille alla chiesa cattolica lo prendessero in parola? Se la chiesa di
Francesco fa l’elogio della povertà, Francesco non ha che da dire
pubblicamente: signori contribuenti, l’8 per mille datelo a chi volete, non
alla mia chiesa, a cui i soldi fanno schifo.
Un giorno dice che il
politicamente corretto è il linguaggio degli ipocriti e dei corruttori e che
tutti gli uomini dovrebbero esprimersi con la semplicità dei bambini. Ma il
giorno successivo dice che i cattolici devono “immischiarsi nella politica” per
portare con la loro presenza i valori cristiani. Sono messaggi enfatizzati dai
media, come se contenessero chissà quale pensiero straordinario. Se gli adulti
devono regredire e far politica come i bambini, allora si eleggano direttamente
i bambini, a partire dai consigli comunali per finire ai due rami del
parlamento.
Il fatto è che questo Papa non sa
quando usare il linguaggio dei fanciulli e quando quello degli adulti, quando
quello dei poveri e quando quello dei ricchi, quando quello delle donne e
quando quello degli uomini, quando quello dei peccatori e quando quello dei
virtuosi, quando quello dei preti e quando quello dei laici. I suoi fedeli non
hanno sesso, non hanno età, non hanno condizione; sono come esseri privi di
profilo umano.
Dice che lui non voleva essere
papa. Figurarsi! Con ciò offende due volte Dio: la prima, perché dice una
bugia; la seconda, perché non riconosce allo Spirito Santo giustezza di vedute.
Chiacchiera Francesco, senza mai dire nulla di politica cattolica in difesa dei
valori che pur potrebbero essere, se non negoziati per ottenere qualcosa,
ridefiniti nei termini comportamentali per non creare nei fedeli quel senso di
inadeguatezza che li angustia e li fa
sentire indegni.
Aspettiamo. Forse non è ancora
tempo. Qualcosa, prima o poi, Francesco la dirà di finalmente cattolico.
Povertà a parte, il suo cavallo di battaglia, l’altro tema sul quale insiste è
che i preti rinuncino ad inseguire carriere e posti di potere. Anche qui, ci
vuole tanto ad azzerare tutto? Niente gerarchie: todos caballeros! E così nessuno prevarica nessuno.
Si può immaginare l’obiezione del
cattolico difensore ed estimatore di questo papa: ma le cose che dice non vanno
prese tutte alla lettera! Colpito. Ma, quando fornisce a chi lo ascolta lo
strumento critico per sapere finalmente quel che va preso alla lettera e quello
che va preso per il suo senso morale?
La crisi della Chiesa è la crisi
dei suoi preti, dei suoi vescovi, dei suoi cardinali, dei suoi uomini. Quando
Papa Francesco si rivolge loro con un messaggio chiaro e inequivocabile? Non si
accorge che la società sulla spinta delle sinistre sta diventando ogni giorno
di più indifferente ai valori, negoziabili o meno, della Chiesa? No, non si
accorge; o fa finta di non accorgersene. E nel frattempo quel processo di
scristianizzazione continua. Piace Francesco alle sinistre perché finalmente le
lascia agire indisturbate.
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