domenica 16 giugno 2013

Letta, dalla crisi altra crisi


Lo sfascio, atteso, preconizzato, del Movimento 5 Stelle, ha scazzicato Bersani e i suoi seguaci. Quanti siano non si sa, ma ora parlano apertamente di probabile governo di cambiamento. Il che significa che ormai nel governo Letta “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, per dirla con Ungaretti. In verità oggi la politica è assai meglio spiegabile con la poesia. Tutto cambia nel volgere di poche settimane. Grillo, grillini e grilleschi sono stati trafitti da un raggio di sole ed è stata subito sera (Quasimodo). Chiamo grilleschi quei giornalisti che hanno creato il mito di Grillo, senza essere grillini, propagandandone il verbo, giustificandone tutto, come se il comico genovese fosse davvero quello che Fico, neo-presidente della Commissione Rai, va dicendo: Grillo è patrimonio dell’umanità. Ma vaffanculo!
Torniamo a ragionare di politica, che è meglio. Difficile ipotizzare scenari con una realtà che muta direzione e velocità come un ghepardo dietro la preda. Chiedersi dove si potrebbe andare non è solo un gioco. Aiuta a ragionare sulle cose possibili.
Primo scenario. Un sufficiente numero di grillini potrebbe lasciare il Movimento e dirsi disposto a nuove ipotesi di governo insieme a Pd e Sel di Nichi Vendola. Il Pdl – o come canchero potrebbe ri-chiamarsi – toglierebbe la fiducia al governo Letta facendolo cadere. Le due ipotesi potrebbero avere successione diversa, prima l’una e poi l’altra di conseguenza, ma il risultato sarebbe lo stresso. Se così accadesse, votare non si potrebbe votare con la legge attuale. Nascerebbe, a questo punto, il governo di cambiamento, presieduto pour cause da Bersani. Il quale, in un’intervista apparsa sul “Corriere della Sera” (15 giugno), ha detto: “Oggi abbiamo un governo di servizio. Lo sosteniamo e lo sosterremo. Vi abbiamo impegnato i nostri migliori esponenti. Ma è compito di tutti noi tenere viva la prospettiva di un governo di cambiamento…Stavolta staccare la spina non comporta automaticamente andare a votare”. Questi però sono i classici conti senza l’oste, anzi senza gli osti. Nel Pd, infatti, gli osti sono più degli avventori in osteria. Non a caso Bersani ha detto che “al prossimo congresso ragioniamo su cos’è un partito, cos’è una democrazia”. Evidentemente nel Pd non lo sanno ancora. Quando si dice l’ostinatezza! In Italia l’albero della democrazia dà questi frutti, non altri. Da politico – non da missionario in partibus infidelium – Bersani, che è uomo onesto e intelligente, dovrebbe abituarsi a modellare la creta che ha. 
Un altro scenario potrebbe essere questo. Il governo Letta appronta una legge elettorale, magari il Mattarellum modificato, perché così com’è non piace al Pdl. Allora si andrebbe a nuove elezioni, magari in autunno o all’inizio di primavera del 2014. Il centrodestra si riproporrebbe di “nuovo vestito”, anzi di vecchio, con l’usato sicuro di “Forza Italia” o con qualcos’altro come “Via col vento”. Il Pd si scinderebbe tra le due anime, democristiana e comunista. Sarebbe la cosa migliore. Lo dice pure Cacciari. L’una tenterebbe il Centro, vecchio pallino di Casini, magari con qualche rimasuglio riciclato, tipo Fini, che prima o poi tornerà. Oh, se tornerà! L’altra si metterebbe a guidare la galassia che è sempre stata la sinistra, incasinata dai nuovi arrivati, fra cui Ingroia, che ancora non si vergogna di essere tre volte fallito: come giudice, come politico e come cittadino. Quale potrebbe essere l’esito lo sa solo il Signore.
Per come si stanno mettendo le cose è impensabile che si facciano quelle riforme istituzionali invocate; che vengano adottati quei provvedimenti strutturali per favorire l’occupazione giovanile e per restituire efficienza allo stato sociale ormai diventato un guscio vuoto.
La spesa pubblica, criminalizzata per non criminalizzare ladri e corruttori, non consente più quei servizi essenziali che hanno caratterizzato il Paese fino agli anni Ottanta del secolo passato. Gli ospedali sono cattedrali nel deserto, spogliati di interi reparti; le carceri, per non farle scoppiare, vengono svuotate senza preoccupazione alcuna di restituire alla società circa sessantamila soggetti pericolosi; le scuole continueranno a non avere né personale né strutture adeguati. Non meno gravi i servizi degli enti regionali e comunali.

Il Paese continuerà a soffrire nella recessione sempre più grave, con esiti, anch’essi preoccupanti e dai risvolti imprevedibili. Il rincrudelirsi della violenza, ormai diffusa ad ogni livello, con quotidiani assassinii sempre più facili e per futili motivi, è provocato da uno stato di sofferenza sociale che trova sfogo nel gesto disperato e folle. Mariti che ammazzano moglie e figli, figli che ammazzano la mamma, persone che si danno fuoco, s’impiccano o si gettano dalla finestra è ormai il lugubre notiziario giornaliero. E si dice che ancora non stiamo a niente!

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