Lo sfascio, atteso, preconizzato,
del Movimento 5 Stelle, ha scazzicato Bersani e i suoi seguaci. Quanti siano
non si sa, ma ora parlano apertamente di probabile governo di cambiamento. Il
che significa che ormai nel governo Letta “si sta come d’autunno sugli alberi
le foglie”, per dirla con Ungaretti. In verità oggi la politica è assai meglio
spiegabile con la poesia. Tutto cambia nel volgere di poche settimane. Grillo,
grillini e grilleschi sono stati trafitti da un raggio di sole ed è stata
subito sera (Quasimodo). Chiamo grilleschi quei giornalisti che hanno creato il
mito di Grillo, senza essere grillini, propagandandone il verbo,
giustificandone tutto, come se il comico genovese fosse davvero quello che
Fico, neo-presidente della Commissione Rai, va dicendo: Grillo è patrimonio
dell’umanità. Ma vaffanculo!
Torniamo a ragionare di politica,
che è meglio. Difficile ipotizzare scenari con una realtà che muta direzione e
velocità come un ghepardo dietro la preda. Chiedersi dove si potrebbe andare
non è solo un gioco. Aiuta a ragionare sulle cose possibili.
Primo scenario. Un sufficiente
numero di grillini potrebbe lasciare il Movimento e dirsi disposto a nuove
ipotesi di governo insieme a Pd e Sel di Nichi Vendola. Il Pdl – o come
canchero potrebbe ri-chiamarsi – toglierebbe la fiducia al governo Letta
facendolo cadere. Le due ipotesi potrebbero avere successione diversa, prima
l’una e poi l’altra di conseguenza, ma il risultato sarebbe lo stresso. Se così
accadesse, votare non si potrebbe votare con la legge attuale. Nascerebbe, a
questo punto, il governo di cambiamento, presieduto pour cause da Bersani. Il quale, in un’intervista apparsa sul
“Corriere della Sera” (15 giugno), ha detto: “Oggi abbiamo un governo di
servizio. Lo sosteniamo e lo sosterremo. Vi abbiamo impegnato i nostri migliori
esponenti. Ma è compito di tutti noi tenere viva la prospettiva di un governo
di cambiamento…Stavolta staccare la spina non comporta automaticamente andare a
votare”. Questi però sono i classici conti senza l’oste, anzi senza gli osti.
Nel Pd, infatti, gli osti sono più degli avventori in osteria. Non a caso
Bersani ha detto che “al prossimo congresso ragioniamo su cos’è un partito,
cos’è una democrazia”. Evidentemente nel Pd non lo sanno ancora. Quando si dice
l’ostinatezza! In Italia l’albero della democrazia dà questi frutti, non altri.
Da politico – non da missionario in
partibus infidelium – Bersani, che è uomo onesto e intelligente, dovrebbe
abituarsi a modellare la creta che ha.
Un altro scenario potrebbe essere
questo. Il governo Letta appronta una legge elettorale, magari il Mattarellum modificato, perché così
com’è non piace al Pdl. Allora si andrebbe a nuove elezioni, magari in autunno
o all’inizio di primavera del 2014. Il centrodestra si riproporrebbe di “nuovo
vestito”, anzi di vecchio, con l’usato sicuro di “Forza Italia” o con
qualcos’altro come “Via col vento”. Il Pd si scinderebbe tra le due anime,
democristiana e comunista. Sarebbe la cosa migliore. Lo dice pure Cacciari.
L’una tenterebbe il Centro, vecchio pallino di Casini, magari con qualche
rimasuglio riciclato, tipo Fini, che prima o poi tornerà. Oh, se tornerà!
L’altra si metterebbe a guidare la galassia che è sempre stata la sinistra,
incasinata dai nuovi arrivati, fra cui Ingroia, che ancora non si vergogna di
essere tre volte fallito: come giudice, come politico e come cittadino. Quale
potrebbe essere l’esito lo sa solo il Signore.
Per come si stanno mettendo le
cose è impensabile che si facciano quelle riforme istituzionali invocate; che
vengano adottati quei provvedimenti strutturali per favorire l’occupazione
giovanile e per restituire efficienza allo stato sociale ormai diventato un
guscio vuoto.
La spesa pubblica, criminalizzata
per non criminalizzare ladri e corruttori, non consente più quei servizi
essenziali che hanno caratterizzato il Paese fino agli anni Ottanta del secolo
passato. Gli ospedali sono cattedrali nel deserto, spogliati di interi reparti;
le carceri, per non farle scoppiare, vengono svuotate senza preoccupazione
alcuna di restituire alla società circa sessantamila soggetti pericolosi; le
scuole continueranno a non avere né personale né strutture adeguati. Non meno
gravi i servizi degli enti regionali e comunali.
Il Paese continuerà a soffrire
nella recessione sempre più grave, con esiti, anch’essi preoccupanti e dai
risvolti imprevedibili. Il rincrudelirsi della violenza, ormai diffusa ad ogni
livello, con quotidiani assassinii sempre più facili e per futili motivi, è provocato
da uno stato di sofferenza sociale che trova sfogo nel gesto disperato e folle.
Mariti che ammazzano moglie e figli, figli che ammazzano la mamma, persone che
si danno fuoco, s’impiccano o si gettano dalla finestra è ormai il lugubre
notiziario giornaliero. E si dice che ancora non stiamo a niente!
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