Di fronte alla condanna di
Berlusconi a sette anni di carcere e alla interdizione perpetua dai pubblici
uffici, la reazione degli italiani è stata radicale: da una parte i soliti
nemici di Berlusconi, che hanno gioito perché giustizia è stata finalmente
fatta; dall’altra i soliti suoi amici, che hanno strillato per l’ennesima
condanna immotivata di una magistratura che opera in concorso esterno in
associazione politica. Gli uni ideologicamente domiciliati in giornali come “la Repubblica ”, “il Fatto
quotidiano”, “L’Unità”, “Il Manifesto”; gli altri ne “il Giornale” e in
“Libero”. Considerati questi giornali come moschee, nel senso che quello che
dicono è la voce del profeta.
Personalmente vivo anche questa
vicenda in maniera problematica. Leggo abitualmente il “Corriere della Sera” e
mi trovo in buona compagnia dei Battista, dei Franco, dei Romano, dei
Panebianco, dei Galli Della Loggia, degli Ostellino e via di seguito, pur non
condividendo con questi signori né la condizione né le ragioni della criticità
berlusconiana. Non la condizione, per il fatto che non mi ritengo un liberale;
non le ragioni, perché non ho le loro stesse preoccupazioni, che sono legate
alla sorte del governo Letta. Vengo dal Msi e ho vissuto il bipolarismo, che mi
ha costretto a stare con Berlusconi, con sofferenza. Realisticamente e
coerentemente non potevo non riconoscermi che nel polo di destra. Montanelli si
turava il naso e votava Democrazia Cristiana. Beato lui, che poteva poi
liberare il naso e poter respirare. Io non mi sono turato niente perché non
sono mai stato un campione di apnea e la puzza diffusa era tale che non trovavo
un luogo dove poter respirare senza ammorbarmi. Non pochi ex del Msi si sono
rivelati più carogne dei berlusconiani. Stare sull’altra sponda, la rive gauche, per carità, mi avrebbe
fatto sentire un sopravvissuto in territorio nemico più di quanto non lo fossi
già.
Con Berlusconi tuttavia ce l’ho
in maniera particolare per quell’essere ignobile che è stato, avendo trascinato
nel ridicolo e nel vergognoso tutto un popolo, che nella sua parte politica si
è riconosciuto per vent’anni, pur con dei distinguo. Sicché ero e sono convinto
che le accuse che gli sono state mosse e per le quali è stato condannato sono
vere. E’ politicamente e moralmente condannabile perché, quand’anche risultasse
innocente o addirittura fosse innocente, si è tuttavia messo nelle condizioni
di essere accusato. Da questo punto di vista non si è mai sufficientemente
talebani.
Come suo detrattore di destra non
posso perciò che gioire, pregustando anche la sua definitiva uscita di scena,
che consentirebbe una rinascita della destra su altre basi politiche ed etiche.
Si spera sempre che ogni sconfitta sia l’inizio di una vittoria. Sono così
contento della sua condanna che la vivo come una vendetta, direi giusta
vendetta.
Ma, ecco, il dubbio che come
vendetta possa essere nata anche nella mente dei giudici che hanno emesso la
sentenza di condanna mi indigna come cittadino di un paese che ormai deve fare
i conti con una magistratura che è parte tra le parti politiche. Ma se ho detto
di essere convinto della colpevolezza di Berlusconi, perché ora non riconosco
la stessa convinzione nei giudici che lo hanno condannato? Sono forse
incoerente, contraddittorio? Non riconosco agli altri ciò che riconosco a me?
Nient’affatto. Un cittadino può convincersi della colpevolezza di un imputato
ed emettere una sentenza di condanna nei suoi confronti senza avere prove. Il
cittadino non istruisce processi, non sente testimoni, non valuta documenti. La
sua convinzione di colpevolezza gli deriva da quel che legge, da quel che
sente, dal suo senso critico; la sua verità non ha bisogno di prove. Diceva
Pasolini: io so perché sono un intellettuale. Ma i giudici devono condannare o
assolvere, a prescindere dalle loro convinzioni personali, sulla base di prove.
La verità giudiziaria è una verità basata sugli atti processuali. E’ lo Stato
di diritto, è lo spirito della giustizia. Se il giudice assolve o condanna
senza prove sufficienti, sulla base di convinzioni diffuse o peggio ancora
sotto le pressioni di un’opinione pubblica avversa all’imputato, viene meno al
più elementare dei suoi doveri. Il giudice ideale è quello che, pur convinto
della colpevolezza, assolve perché non ha le prove per condannare.
Il dubbio che Berlusconi sia
riuscito anche questa volta a costruire un castello di prove a suo discarico è
legittimo che lo abbiano il cittadino e il giudice, ma cittadino e giudice
hanno doveri diversi. Il giudice non può dire: non ci sono le prove perché
Berlusconi ha tanti soldi da pagare i migliori avvocati e da corrompere decine
di testimoni, ma io sono il giudice e lo condanno lo stesso.
Se questo è avvenuto nella
sentenza di condanna ad personam, per
colpire un “impunito” o peggio ancora per colpire la parte politica che
rappresenta, è un fatto estremamente grave che non potrà non avere conseguenze
altrettanto gravi.
quello che è grave è quello che Berlusconi ha fatto, grave è corrompere i testimoni, grave è essere al di sopra della legge perché ricco.. compito di un giudice è far sì che davvero la legge sia uguale per tutti, ma proprio per tutti.. certo, con prove. Quale uomo si costruisce un castello di prove a suo discarico? mah
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