venerdì 24 maggio 2013

Gino Pisanò "Apollo d'Argento" 2013. In memoriam


Quest’anno l’ “Apollo d’Argento”, Premio ideato un po’ di anni fa da “Il Laboratorio” di Aldo D’Antico, va a Gino Pisanò, in memoriam, come vuole lo statuto del premio. E’ il primo che Gino riceve post mortem; molti ne ha ricevuti in vita.
Oggi, egli manca; ma questo riconoscimento ha per tutti un valore aggiunto, che è quello dei suoi tanti amici ed estimatori che un po’ rinnovano il mito di Orfeo richiamandolo in vita. 
L’illusione è vita. Era anche questo uno dei tanti temi che Gino mutuava dalla cultura classica, da quell’immensa miniera di miti vivificanti che è l’universo della Grecia antica. “Celeste dote è negli umani; e spesso / Per lei si vive con l’amico estinto / E l’estinto con noi” canta il Foscolo nei Sepolcri. Ogni volta che a Gino si dedica qualcosa, un premio, un libro, un convegno di studi, è come richiamarlo in vita, è come farlo stare con noi.
Di premi Gino ne ha ricevuti davvero tanti, quasi a scandire tappe di una carriera progressivamente sempre più articolata e importante. Io lo seguivo nei suoi successi culturali ed editoriali. Sapevo di fargli piacere.
Leggo sul mio “Brogliaccio Salentino”, l’inserto cultura sul quale Gino dal giugno del 1989 al dicembre del 2012, dunque quasi fino all’ultimo, ha pubblicato ben 38 testi, tra articoli, saggi brevi, recensioni critiche:
nel 1997 ebbe a Gallipoli la Targa d’Argento “L’uomo e il Mare” assegnatagli dall’omonima Associazione Culturale “per la sua intensa e altamente qualificata attività culturale”;
nel 2007 a Cracovia ebbe il “Premio Europeo” assegnatogli dalla Federazione Europea della Stampa Turistica come presidente dell’Istituto di Culture Mediterranee “per l’attività svolta a beneficio della cooperazione culturale e per aver favorito il dialogo e la conoscenza reciproca tra i diversi Paesi e le differenti culture mediterranee”;
nel 2008 a Calimera ebbe il Premio Tekné “Città di Calimera Processi di contestualizzazione dell’arte urbana”, assegnatogli dal Comune di quella città e dall’Osservatorio “Tekné”.
Egli stesso fu organizzatore di premi. Il più importante dei quali certamente fu il “Premio Casaranello”, ideato da lui e da Giovanni Pino nel 2006 col patrocinio del Comune di Casarano.
Ora giunge questo importante riconoscimento degli amici parabitani. Con Parabita Gino aveva un rapporto splendido, testimoniato dal dono dei suoi libri alla Biblioteca Comunale “Ennio Bonea”, che li ha sistemati in un fondo a lui intitolato.
Ringrazio perciò l’amico Aldo D’Antico che mi ha voluto questa sera qui per la cerimonia della consegna del Premio e del ricordo di Gino.
***
Gino era una personalità ricca e poliedrica, ma i suoi tanti aspetti confluivano in un unico profilo. Credo di non esagerare se dico che egli ha rinverdito negli ultimi trent’anni, a livelli profondi ed estesi, il tipico intellettuale salentino di tradizione poligrafica, avendo attraversato come studioso e scrittore le più importanti discipline dell’universo umanistico.
Dei tanti suoi aspetti, mi piace qui ricordare brevemente l’uomo, il docente, lo studioso, l’operatore culturale.
L’uomo era di una correttezza straordinaria. Non riesco proprio ad immaginare Gino che abbia mai mancato di rispetto a nessuno. Scrupoloso oltre ogni comprensibile prudenza era attentissimo a non urtare la suscettibilità di persona alcuna. Cito un episodio. Qualche tempo prima che ci lasciasse mi chiese di pubblicargli una sua vecchia lettera di ringraziamento a Oreste Macrì, che gli aveva mandato un suo libro, ma voleva che chiedessi l’autorizzazione di pubblicarla ad Albarosa Macrì, che era ed è la custode delle cose dello zio. Gli dissi che mi sembrava un’esagerazione chiedere permesso ad altra persona di pubblicare un proprio scritto; ma lui insistette; ed io con lui ad oppormi, fino a dirgli: no, io non chiedo a nessuno di fare qualcosa che dipende solo da me. Allora – disse lui – gliela chiedo io personalmente l’autorizzazione; e gliela chiese e fu felicissimo di darmi la notizia che avrei potuto pubblicare tranquillamente quella lettera. Credo che i tanti riconoscimenti che ha ricevuto nella sua non lunghissima carriera abbiano avuto sì una motivazione culturale, ma anche e soprattutto umana. Gino era una persona squisita.
Il docente. Al Liceo prima e all’Università dopo, ha dato a tante generazioni di giovani insegnamenti di vita e di cultura, facendo loro amare la terra, le radici, gli uomini e le opere della loro appartenenza regionale e nazionale; offrendo le sue competenze a tante giovani colleghe, che con lui si sono preparate per affrontare il concorso a cattedre, vinto anche per gli insegnamenti, teorici e pragmatici, da lui ricevuti. Mi ha detto qualche tempo fa un suo alunno, oggi brillante professionista, che le sue lezioni erano particolarmente belle ed esclusive, non si esaurivano mai alle parole del libro di testo. Non è, questo, un dato di poco conto. Gli studenti prima ancora di studiare la disciplina studiano il professore, cercano di saggiarne la preparazione, di carpirne i dati caratteriali, di capire il metodo dell’esercizio pedagogico. Un professore che si limita a riferire le parole del manuale è un professore mediocre, scrupoloso forse ma di preparazione superficiale e povera di contenuti critici. Gli studenti non tardano ad accorgersene. Gino si faceva apprezzare subito per l’eleganza dell’esposizione, per la profondità del sapere, per la spazialità dei contenuti.  
Lo studioso meriterebbe un convegno di studi. Partito da giovanili esperienze poetiche, nel solco della poesia classica, è passato attraverso la storia, la filosofia, l’arte, l’italianistica, producendo saggi importanti che hanno colmato spazi vuoti e arricchito il panorama culturale. Cito, tra i tanti da lui pubblicati, quello su Ignazio Falconieri, la cura degli inediti di Luigi Corvaglia su Vanini e la filosofia del Rinascimento, lo studio degli affreschi e dei mosaici di Casaranello, i numerosi saggi sulla letteratura italiana dal Settecento al Novecento, la cura di un’antologia della rivista comiana “L’Albero”. I suoi saggi sono usciti sulle più prestigiose riviste locali e nazionali. Ha goduto dell’amicizia e della stima di studiosi e di accademici illustri, da Mario Marti a Oreste Macrì, di cui nel 1995 curò “Le prose del malumore di Simeone”, da Gaetano Chiappini a Maria Corti, da Francesco Politi ad Anna Dolfi, da Mario Spedicato a Luigi Scorrano, da Andrè Jacob a Predrag Matvejevic. Una volta gli feci osservare che forse sarebbe stato meglio per lui scegliere un solo percorso di studio per divenirne uno specialista. Mi rispose che avevo ragione ma aggiunse che un intellettuale deve dare ciò che l’ambiente fisico ed umano chiede e che spaziare per diverse discipline era qualcosa che lo faceva sentire sempre motivato. Ogni argomento che lui affrontava, in verità, lo trattava da autentico specialista. Anche come studioso egli cercava sempre di aprire sentieri nuovi, di andare oltre il già detto, di vedere in un’opera o in un autore se per caso ci fosse un aspetto non indagato, fino a spingersi ad ipotesi critiche ed ermeneutiche di assoluta originalità. Ricordo la sua lettura dei mosaici di Casaranello. Di recente egli vide nel Trionfo della Libertà del Manzoni, lettura critica fatta in occasione del Convegno di Copertino per i 150 anni dell’Unità d’Italia, l’ipotesi suggestiva nel giovane Manzoni degli scenari apocalittici della fine della Rivoluzione napoletana del 1799.
Infine l’operatore culturale, che era fra tutte forse la sua vocazione più avvertita, perché ne favoriva la mondanità, la socialità, lo stare con gli amici, coi collaboratori. La sua partecipazione a convegni di studio in tutta Italia e fuori, le sue conferenze, i suoi articoli e saggi su giornali e riviste, le sue lezioni alle Università popolari e della terza età, le sue presentazioni di mostre d’arte, le sue prefazioni a libri di poesie, di narrativa, di memorie, le sue collaborazioni con uomini di spettacolo come il regista teatrale e attore  Francesco Piccolo e il coreografo Fredy Franzutti, fanno di lui un uomo di cultura straordinariamente versatile e disponibile. Proprio quella sera, in cui avvertì per la prima volta il male, era reduce di un pomeriggio freddissimo nel Castello di Copertino per il convegno già ricordato sui 150 anni dell’Unità d’Italia.
I suoi amici, i suoi alunni, i suoi colleghi e collaboratori non lo dimenticheranno e il “Premio” di questa sera è solo l’avvio stimolante in costanza di memoria e di presenza.

Gigi Montonato


Parabita, 23 maggio 2013  

1 commento:

  1. ho avuto la fortuna di assistere ad una sua lezione quando ero alle scuole medie

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