domenica 19 maggio 2013

Il governo muove i primi passi tra dispetti e minacce



Il Presidente Napolitano ha detto qualche giorno fa che l’Italia a fine maggio ha un esame importante dal quale dipende la sua non meglio definita sopravvivenza: “Siamo sul filo del rasoio”. Che ci dobbiamo aspettare? Quale nuovo o vecchio disastro di ritorno? Il debito pubblico ha abbondantemente superato i duemila miliardi di euro. Già questo non basta?
Il 30 maggio la Commissione Europea valuterà se chiudere la procedura di infrazione in cui l’Italia si trova. E la potrà chiudere se il governo garantirà di tenere il deficit sotto la soglia del 3 % del Prodotto interno lordo, come vogliono le regole comunitarie. In questo caso il governo potrà iniziare una politica di maggiore flessibilità per tentare la ripresa economica. Ma come? E’ il cane che si morde la coda. Lo sforzo di tenerci al di sotto del 3 % ci impedirà di ridurre il carico fiscale; e senza riduzione del carico fiscale la macchina economica non si rimetterà in moto, non potrà aumentare il Pil. Finché le imprese pagano un fottìo di soldi allo Stato non possono crescere.  Ancora una volta la massima autorità dello Stato ci ricorda che siamo sotto esame e che dipendiamo dalla valutazione di Bruxelles. Dipendenza, non indipendenza, dunque: questo è il problema!
A preoccupare di più è la situazione politica delle due grandi componenti della maggioranza governativa. Basta la salute! Si diceva una volta, con ottimismo. Ma è proprio questa che manca. Pd e Pdl non stanno bene…di testa.
Il Pdl minaccia rappresaglie se: 1) Berlusconi dovesse essere condannato, 2) se non sarà abolita l’Imu dalla prima casa, 3) se sarà aumentata l’Iva. Sorte di Berlusconi a parte, sulla quale il Paese si sta voltando e rivoltando nella mota con una goduria che ricorda i maiali di una volta nel grattarsi la schiena nel lordume, si tratta di spese che lo Stato fatica a coprire dal punto di vista finanziario.
Il Pd stenta a trovare un’indicazione per uscire da una situazione nella quale il numero delle posizioni supera quello degli esponenti delle stesse, come a dire che in ognuno ci sono più punti di vista. Gli attacchi a Berlusconi estemporanei e personali sono manifestazioni defatiganti, come ad allontanare le questioni interne, che tengono il partito sospeso.
Le due componenti del governo – ma che fine ha fatto la terza, che dovrebbe essere di equilibrio? – giocano una pericolosa partita, come se fossero due squadre di calcio che cercano il goal per la gioia dei tifosi o del pubblico più in generale. Dal campo di Brescia Berlusconi è uscito con una sconfitta. Lo ha ben capito Zanda, che è tornato sulla sua ineleggibilità. Prove di rissa, che hanno un unico obiettivo: far cadere il governo per reciprocarsi la responsabilità. Perfino sui pochi successi ottenuti le due parti si fanno dispetti incrociati. La sospensione dell’Imu e il decreto per la Cassa integrazione in deroga hanno fatto esultare Berlusconi. Il successo è nostro, ha detto. E in risposta dall’altra parte: il successo è del governo. Insomma, anche un po’ infantili.
Il rischio che il governo cada c’è e preoccupa più di quello paventato da Napolitano sulla procedura d’infrazione. Significherebbe, infatti, in assenza di un’alternativa, dover andare a votare senza una nuova legge elettorale, mentre su quella esistente, a parte ogni altra riserva, grava una molto probabile sentenza di incostituzionalità da parte della Consulta, dopo la bocciatura di ieri della Cassazione.
Quanto si sta delineando lascia ben poche speranze. I processi di Berlusconi procedono verso esiti nefasti per lui e per il governo. Intorno una scena-oscena, grottesca. Lo spettacolo offerto da Brunetta, Formigoni e Santanché a Brescia, che, protetti da nugoli di carabinieri e poliziotti, rispondevano ai contestatori con atteggiamenti di sfida, è tipico di chi ormai non ha nulla a cui appigliarsi se non ad una sorta di spavalderia per nascondere la consapevolezza di una fine imminente.
La situazione del centrodestra berlusconiano è la rappresentazione plastica della dissoluzione di una grande montatura politica. Quella del centrosinistra, al contrario, offre lo spettacolo di chi si affatica a montarne una in una situazione di massima confusione.   
Purtroppo – lo diciamo con la preoccupazione di cittadini che avvertono gravi le conseguenze di tanta impotenza politica – la Costituzione non prevede passaggi ulteriori sulla strada di un’assunzione diretta di responsabilità da parte del Capo dello Stato. Mai, come in questo periodo, si è sentita la necessità di avere un timoniere abile e deciso al comando della nave.

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