Il Presidente Napolitano ha detto
qualche giorno fa che l’Italia a fine maggio ha un esame importante dal quale
dipende la sua non meglio definita sopravvivenza: “Siamo sul filo del rasoio”. Che
ci dobbiamo aspettare? Quale nuovo o vecchio disastro di ritorno? Il debito
pubblico ha abbondantemente superato i duemila miliardi di euro. Già questo non
basta?
Il 30 maggio la Commissione Europea
valuterà se chiudere la procedura di infrazione in cui l’Italia si trova. E la
potrà chiudere se il governo garantirà di tenere il deficit sotto la soglia del
3 % del Prodotto interno lordo, come vogliono le regole comunitarie. In questo
caso il governo potrà iniziare una politica di maggiore flessibilità per
tentare la ripresa economica. Ma come? E’ il cane che si morde la coda. Lo
sforzo di tenerci al di sotto del 3 % ci impedirà di ridurre il carico fiscale;
e senza riduzione del carico fiscale la macchina economica non si rimetterà in
moto, non potrà aumentare il Pil. Finché le imprese pagano un fottìo di soldi allo Stato non possono
crescere. Ancora una volta la massima
autorità dello Stato ci ricorda che siamo sotto esame e che dipendiamo dalla
valutazione di Bruxelles. Dipendenza, non indipendenza, dunque: questo è il
problema!
A preoccupare di più è la
situazione politica delle due grandi componenti della maggioranza governativa. Basta
la salute! Si diceva una volta, con ottimismo. Ma è proprio questa che manca.
Pd e Pdl non stanno bene…di testa.
Il Pdl minaccia rappresaglie se:
1) Berlusconi dovesse essere condannato, 2) se non sarà abolita l’Imu dalla
prima casa, 3) se sarà aumentata l’Iva. Sorte di Berlusconi a parte, sulla
quale il Paese si sta voltando e rivoltando nella mota con una goduria che
ricorda i maiali di una volta nel grattarsi la schiena nel lordume, si tratta
di spese che lo Stato fatica a coprire dal punto di vista finanziario.
Il Pd stenta a trovare
un’indicazione per uscire da una situazione nella quale il numero delle
posizioni supera quello degli esponenti delle stesse, come a dire che in ognuno
ci sono più punti di vista. Gli attacchi a Berlusconi estemporanei e personali
sono manifestazioni defatiganti, come ad allontanare le questioni interne, che
tengono il partito sospeso.
Le due componenti del governo –
ma che fine ha fatto la terza, che dovrebbe essere di equilibrio? – giocano una
pericolosa partita, come se fossero due squadre di calcio che cercano il goal
per la gioia dei tifosi o del pubblico più in generale. Dal campo di Brescia Berlusconi
è uscito con una sconfitta. Lo ha ben capito Zanda, che è tornato sulla sua
ineleggibilità. Prove di rissa, che hanno un unico obiettivo: far cadere il
governo per reciprocarsi la responsabilità. Perfino sui pochi successi ottenuti
le due parti si fanno dispetti incrociati. La sospensione dell’Imu e il decreto
per la Cassa
integrazione in deroga hanno fatto esultare Berlusconi. Il successo è nostro,
ha detto. E in risposta dall’altra parte: il successo è del governo. Insomma,
anche un po’ infantili.
Il rischio che il governo cada c’è
e preoccupa più di quello paventato da Napolitano sulla procedura d’infrazione.
Significherebbe, infatti, in assenza di un’alternativa, dover andare a votare
senza una nuova legge elettorale, mentre su quella esistente, a parte ogni
altra riserva, grava una molto probabile sentenza di incostituzionalità da
parte della Consulta, dopo la bocciatura di ieri della Cassazione.
Quanto si sta delineando lascia
ben poche speranze. I processi di Berlusconi procedono verso esiti nefasti per
lui e per il governo. Intorno una scena-oscena, grottesca. Lo spettacolo
offerto da Brunetta, Formigoni e Santanché a Brescia, che, protetti da nugoli
di carabinieri e poliziotti, rispondevano ai contestatori con atteggiamenti di
sfida, è tipico di chi ormai non ha nulla a cui appigliarsi se non ad una sorta
di spavalderia per nascondere la consapevolezza di una fine imminente.
La situazione del centrodestra
berlusconiano è la rappresentazione plastica della dissoluzione di una grande montatura
politica. Quella del centrosinistra, al contrario, offre lo spettacolo di chi
si affatica a montarne una in una situazione di massima confusione.
Purtroppo – lo diciamo con la
preoccupazione di cittadini che avvertono gravi le conseguenze di tanta impotenza
politica – la
Costituzione non prevede passaggi ulteriori sulla strada di
un’assunzione diretta di responsabilità da parte del Capo dello Stato. Mai,
come in questo periodo, si è sentita la necessità di avere un timoniere abile e
deciso al comando della nave.
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