domenica 10 febbraio 2013

Voto 2013: un dramma coi caratteri della farsa



Mancano due settimane al voto e la faccenda è sempre più ingarbugliata. Se questa è democrazia! verrebbe di dire, parafrasando Primo Levi. Quello che sembrava un tranquillo cambio di cavalli ad una stazione di posta, per proseguire il viaggio, è diventato un ritrovarsi in una fattoria degli animali, dove non si distinguono più i cavalli dagli asini, i muli dai buoi, le pecore dalle papere e così via nell’arca prediluviana di Noè, dove tutti sono impegnati in esercizi danzanti e acrobatici, come presi da furore dionisiaco. Tutti si fa per dire, in verità sono appena una decina, i cosiddetti leader.
Da sinistra Bersani invita i concorrenti Monti per un verso e Ingroia dall’altro a non impedire che la sua coalizione vinca le elezioni a vantaggio dell’odiata destra o che comunque non la mettano nelle condizioni di non poter governare nell’ipotesi di una vittoria striminzita. Si discetta e si minaccia sul voto utile.
E’ la riscoperta degli utili idioti, che andavano di moda in Italia negli anni della cosiddetta prima repubblica, mai diventata veramente seconda. Ingroia, stai facendo di tutto per far vincere la destra sottraendo voti alla coalizione di centrosinistra! Sei un utile idiota berlusconiano! Monti, stai facendo di tutto per far vincere Maroni in Lombardia sottraendo voti al candidato del centrosinistra Ambrosoli! Sei un utile idiota leghista! Bersani, ora coadiuvato dall’amicus-hostis Renzi, non fa che offrire forbici per autocastrazioni elettorali pubbliche a quelli che dovrebbero essere, peraltro, suoi possibili alleati dopo. Una nuova coppia si profila nel paesaggio politico italiano, quella dei castrati di fatto.
Ma si può invitare un concorrente politico, chiunque esso sia, quale che sia la sua consistenza elettorale, a non chiedere i voti o a non votare per se stesso? A dirgli che i suoi voti non servono a niente, anzi servono a far vincere l’avversario comune? Dopo aver espropriato gli elettori della possibilità di scegliere il proprio candidato, ora si vorrebbe addirittura privarli della possibilità di scegliere la propria lista. Vorrei capire. Che dovrebbero fare a questo punto Monti e Ingroia, rivolgersi con un pubblico appello ai loro elettori e dire: signori, ci siamo sbagliati, abbiamo scherzato, insomma abbiamo fatto una minchiata, non votate le nostre liste; per favore, votate quelle dello schieramento capeggiato da Bersani. Questo dovrebbero fare? Nel calcio questo sarebbe illecito sportivo.
Idem a destra. Anche Berlusconi parla di voto utile e di utili idioti. Lo fanno i suoi giornali, però, con uno stile diverso, mentre lui rilancia con le promesse. Col condono tombale il delirio è vicino. Qualcuno, che non sa che cos’è, a sentirlo si tocca, fa scongiuri, non si sa mai. Sallusti ha dispensato diverse randellate sul capo lucido di fuori e opaco di dentro di Oscar Giannino. Il quale deve essere assai megalomane se pensa davvero di poter ottenere con la sua lista successi per sé o determinare insuccessi per gli altri à cause de lui meme.
E Monti? Ormai insegue gli altri sulle promesse improbabili. Fa l’apprendista stregone. Per certi aspetti è umiliante per il Professorone risultare alla fine la quarta forza politica del Paese, addirittura dopo Beppe Grillo: un comico! Un comico che ha il consenso del 18 % dell’elettorato. Neppure il miglior partito socialista di Craxi giunse a tanto. Se pure Grillo dovesse fare come Mosè davanti al Mar Rosso, questa gente lo seguirebbe. Niente niente qualche risata la rimedierebbe tra i flutti. In fondo, non è male morire ridendo. Ebbene, Monti viene dopo questo sberleffo democratico!
Sul fronte della cosiddetta società civile – magistrati, giornalisti, imprenditori – la situazione è ancora peggio. Aveva ragione D’Alema che l’ingresso in politica della società civile aveva peggiorato tutto. Persone che, pur a volte non condividendole, godevano della fiducia e della stima della gente, si sono ridotte a cortigiani della peggiore specie. E’ incredibile come gli uomini siano così volubili, girellici, per dirla col Giusti. Giornalisti, che fino a qualche mese fa difendevano il centrodestra berlusconiano, ora sono candidati contro e lo attaccano con una disinvoltura da sospettare rovinosi traumi cerebrali. Quel Sechi ride perfino, come una jena. Aveva ragione Aristotile: la natura non fa mai niente a caso.

Bisogni a parte, la gente non sembra accorgersi della gravissima crisi in cui siamo precipitati, che non è solo economica e finanziaria, ma etica, politica, istituzionale. In genere per accorgersene è necessario avere distanza, prospettiva. Occorre avere la mentalità dello storico, riuscire ad interpretare i segni premonitori, contestualizzare i fatti, saperli confrontare con altri, per rendersene conto. Il successo di Grillo è eponimo, è la plastica dimostrazione del collasso della democrazia in Italia. No, non si capisce il grillismo fuori da una prospettiva politica. Il grillismo è l’affossamento della politica, il trionfo del becerume motivato da una disperata voglia di vendetta contro chi si ritiene responsabile dello sfascio diffuso, un’ode al panciaficismo. Una sorta di jacquerie tutta introitata e vissuta dentro. Si potrà anche dire: meglio Grillo di qualcosa di più serio e di più grave, appunto di una jacquerie vera. Non lo so se, a questo punto, è davvero meglio. So che quanto sta accadendo in Italia è un dramma che ha sempre più i caratteri della farsa. Chi segue Grillo è un terremotato politico, una vittima a cui si può promettere tutto, che è sempre meglio del nulla che le è rimasto.
E infine, ultimo ma non ultimo, lo sfortunato Napolitano che ha chiuso male un settennato, che per altri aspetti gli aveva riservato gioie e soddisfazioni. Lo “schiaffo” di Monti, da lui nominato senatore a vita in rappresentanza universale degli italiani in difficoltà, trasformatosi in uomo di parte per costruire le proprie fortune politiche con le difficoltà degli italiani, è uno sfregio incancellabile. In compenso Napolitano ha chiuso la sua carriera politica da comunista, quale è sempre stato. Solo un comunista, infatti, poteva avere cinismo e spregiudicatezza per ideare e realizzare l’operazione Monti, fermare i giudici di Palermo e sfilare la Banca d’Italia dallo scandalo del Monte dei Paschi di Siena. Una fine alla grande, degna di quei garibaldini che chiedevano ai congiunti di essere seppelliti con la loro camicia rossa indosso, per presentarsi a Caronte o a Domineddio per quello che erano sempre e solo stati.

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