Andiamo a votare. Chi e per che
cosa? E’ difficile dirlo, perfino nelle intenzioni; figurarsi nelle
motivazioni! Impossibile pensarlo negli esiti. Una legge elettorale da tutti
bistrattata e da tutti voluta esprime l’ambiguità del momento. Non è tanto la
mancanza del voto di preferenza ciò che rende questa legge un “monumento al
porco” quanto la contraddittorietà di una pretesa soglia di sbarramento, dalle
percentuali varie a seconda dei livelli, che di fatto si traduce nel consentire
a cani e porci di avere una rappresentanza parlamentare.
La soglia del 2 % per le liste
che fanno parte di una coalizione, che a sua volta deve raggiungere il 10 %, è
una sorta di autostop per raggiungere la località voluta e poi scendere e
ognuno per i fatti suoi. La soglia del 4 % doveva valere per tutti, anche come
premio all’onestà e per un senso di giustizia.
Se poi non si interviene sulla
Costituzione per abolire l’art. 67 o modificarlo – “Ogni membro del
Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue
funzioni senza vincolo di mandato” – noi avremo sempre fenomeni di nomadismo,
ascarismo e trasformismo, che rendono ingovernabile il paese e danno al mondo
l’idea di gente adusa più a frequentare mercati e fiere che luoghi per fare
leggi e riforme. Dovremmo entrare in un’ottica diversa. E’ necessario che si
privilegi il soggetto politico rispetto alla persona che lo rappresenta. Se un
eletto in una lista o in un partito non condivide più quanto democraticamente
quella lista o quel partito decide e se ne vuole andare, per prima cosa dovrebbe
lasciare il seggio. Che non è suo. Il vincolo dovrebbe essere legato al partito
e per esso agli elettori. I quali non possono e non devono essere traditi. E
soprattutto non deve essere tradito il partito, che di fatto ne ha reso
possibile la nomina o elezione che dir si voglia. Il parlamentare
nominato-eletto deve servire il soggetto dal quale ha ricevuto la
nomina-elezione. Egli ha ricevuto un mandato non per andarsene a passeggio a
suo piacimento, non per provocare ribaltoni e fare tradimenti anche personali
ma per servire una causa, svolgere un compito “con vincolo di mandato”. I casi
come quello di Fini ieri, di Bossi l’altro ieri, di Bertinotti e via elencando
defezioni e cambiamenti, non dovrebbero più far parte delle nostre dinamiche
politiche. Centro del motore politico
deve essere il popolo con le sue scelte. Guida del popolo la classe dirigente.
Se non si va in questa direzione si continuerà a vivere nella precarietà politica
e nella confusione.
Per tornare a Bomba, il quadro
che offre la scheda elettorale dà già l’impressione di una improbabile
governabilità. Ben tredici formazioni nel centrodestra, sei nel centrosinistra,
tre nella Scelta civica, dicono che già alla base di queste formazioni ci sono
grosse difficoltà d’intesa sul dopo. Nel centrodestra addirittura non si sa se
a guidare un improbabile governo sarà Berlusconi o Tremonti o Alfano. Il tanto
desiderato, invocato e in qualche modo realizzato bipartitismo è saltato. Così
come è saltata la possibilità di far sapere all’elettorato per quale candidato
premier e per quale maggioranza vota. Torniamo indietro, come se avessimo preso
il treno sbagliato.
La campagna elettorale non ha
detto nulla sulla futura formazione governativa. Si metteranno insieme Bersani
e Monti? Si farà una grande coalizione? Ingroia si metterà con Grillo? E i
grillini che faranno, così inutili e così numerosi? E a destra, che faranno le
tante liste aggregate? Si disgregheranno? La Lega si staccherà definitivamente dal
centrodestra? Il Grande Sud subirà le decisioni del forte Nord? Tutto ciò che
si può ipotizzare è una situazione di tipo epicureo, con parlamentari come
particelle che s’incontrano, si scontrano, si aggregano, si disgregano formando
soggetti diversi e impensabili alla vigilia del voto. Questo è lo stato d’animo
di chi va a votare fra oggi e domani, 24 e 25 febbraio di questo anno di Cristo
2013.
Mai, come in questa circostanza
elettorale, ci si è posti tanti interrogativi; mai si è stati così incerti e
sfiduciati. Una situazione generalizzata, perché anche nel centrosinistra, che
sembrava dover semplicemente raccogliere il frutto di una semina, anche lì non
si capisce bene che cosa potrà accadere tra Bersani e Vendola nell’ipotesi di un
accordo con Monti.
Come sempre accade in simili
circostanze, l’elettore per non perdersi finisce per rivolgersi alla bandiera
nella quale si è sempre riconosciuto. A sinistra al Pd, ex Pci, o alla
Rivoluzione di Ingroia. Al centro a quanto resta di una Dc dorotea. A destra a
quanto resta dell’ex Msi-Dn.
Già, ma anche qui non è facile
individuare chi ha in pugno la bandiera. A sinistra ci sono formazioni fuori
dal Pd, il quale peraltro ha al suo interno elementi dell’ex Dc morotea. A
destra il gruppo più forte del vecchio Msi sembra quello della Meloni e di La Russa “Fratelli d’Italia”,
la lista che ha possibilità concrete di superare la soglia “truffaldina” di
sbarramento ed entrare in Parlamento.
Io credo che ognuno per votare
dovrebbe orientarsi guardando l’album di famiglia e cercare di riconoscersi; e
soprattutto sperare che Dio gliela mandi buona.
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