domenica 24 febbraio 2013

Votiam, votiamo nella confusione in cui ci troviamo!


Andiamo a votare. Chi e per che cosa? E’ difficile dirlo, perfino nelle intenzioni; figurarsi nelle motivazioni! Impossibile pensarlo negli esiti. Una legge elettorale da tutti bistrattata e da tutti voluta esprime l’ambiguità del momento. Non è tanto la mancanza del voto di preferenza ciò che rende questa legge un “monumento al porco” quanto la contraddittorietà di una pretesa soglia di sbarramento, dalle percentuali varie a seconda dei livelli, che di fatto si traduce nel consentire a cani e porci di avere una rappresentanza parlamentare.
La soglia del 2 % per le liste che fanno parte di una coalizione, che a sua volta deve raggiungere il 10 %, è una sorta di autostop per raggiungere la località voluta e poi scendere e ognuno per i fatti suoi. La soglia del 4 % doveva valere per tutti, anche come premio all’onestà e per un senso di giustizia.
Se poi non si interviene sulla Costituzione per abolire l’art. 67 o modificarlo – “Ogni membro del Parlamento  rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato” – noi avremo sempre fenomeni di nomadismo, ascarismo e trasformismo, che rendono ingovernabile il paese e danno al mondo l’idea di gente adusa più a frequentare mercati e fiere che luoghi per fare leggi e riforme. Dovremmo entrare in un’ottica diversa. E’ necessario che si privilegi il soggetto politico rispetto alla persona che lo rappresenta. Se un eletto in una lista o in un partito non condivide più quanto democraticamente quella lista o quel partito decide e se ne vuole andare, per prima cosa dovrebbe lasciare il seggio. Che non è suo. Il vincolo dovrebbe essere legato al partito e per esso agli elettori. I quali non possono e non devono essere traditi. E soprattutto non deve essere tradito il partito, che di fatto ne ha reso possibile la nomina o elezione che dir si voglia. Il parlamentare nominato-eletto deve servire il soggetto dal quale ha ricevuto la nomina-elezione. Egli ha ricevuto un mandato non per andarsene a passeggio a suo piacimento, non per provocare ribaltoni e fare tradimenti anche personali ma per servire una causa, svolgere un compito “con vincolo di mandato”. I casi come quello di Fini ieri, di Bossi l’altro ieri, di Bertinotti e via elencando defezioni e cambiamenti, non dovrebbero più far parte delle nostre dinamiche politiche.  Centro del motore politico deve essere il popolo con le sue scelte. Guida del popolo la classe dirigente. Se non si va in questa direzione si continuerà a vivere nella precarietà politica e nella confusione.
Per tornare a Bomba, il quadro che offre la scheda elettorale dà già l’impressione di una improbabile governabilità. Ben tredici formazioni nel centrodestra, sei nel centrosinistra, tre nella Scelta civica, dicono che già alla base di queste formazioni ci sono grosse difficoltà d’intesa sul dopo. Nel centrodestra addirittura non si sa se a guidare un improbabile governo sarà Berlusconi o Tremonti o Alfano. Il tanto desiderato, invocato e in qualche modo realizzato bipartitismo è saltato. Così come è saltata la possibilità di far sapere all’elettorato per quale candidato premier e per quale maggioranza vota. Torniamo indietro, come se avessimo preso il treno sbagliato.
La campagna elettorale non ha detto nulla sulla futura formazione governativa. Si metteranno insieme Bersani e Monti? Si farà una grande coalizione? Ingroia si metterà con Grillo? E i grillini che faranno, così inutili e così numerosi? E a destra, che faranno le tante liste aggregate? Si disgregheranno? La Lega si staccherà definitivamente dal centrodestra? Il Grande Sud subirà le decisioni del forte Nord? Tutto ciò che si può ipotizzare è una situazione di tipo epicureo, con parlamentari come particelle che s’incontrano, si scontrano, si aggregano, si disgregano formando soggetti diversi e impensabili alla vigilia del voto. Questo è lo stato d’animo di chi va a votare fra oggi e domani, 24 e 25 febbraio di questo anno di Cristo 2013.
Mai, come in questa circostanza elettorale, ci si è posti tanti interrogativi; mai si è stati così incerti e sfiduciati. Una situazione generalizzata, perché anche nel centrosinistra, che sembrava dover semplicemente raccogliere il frutto di una semina, anche lì non si capisce bene che cosa potrà accadere tra Bersani e Vendola nell’ipotesi di un accordo con Monti.
Come sempre accade in simili circostanze, l’elettore per non perdersi finisce per rivolgersi alla bandiera nella quale si è sempre riconosciuto. A sinistra al Pd, ex Pci, o alla Rivoluzione di Ingroia. Al centro a quanto resta di una Dc dorotea. A destra a quanto resta dell’ex Msi-Dn.
Già, ma anche qui non è facile individuare chi ha in pugno la bandiera. A sinistra ci sono formazioni fuori dal Pd, il quale peraltro ha al suo interno elementi dell’ex Dc morotea. A destra il gruppo più forte del vecchio Msi sembra quello della Meloni e di La Russa “Fratelli d’Italia”, la lista che ha possibilità concrete di superare la soglia “truffaldina” di sbarramento ed entrare in Parlamento.
Io credo che ognuno per votare dovrebbe orientarsi guardando l’album di famiglia e cercare di riconoscersi; e soprattutto sperare che Dio gliela mandi buona.

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