lunedì 11 febbraio 2013

Benedetto XVI lascia come Celestino V



Se qualche volta anche lo Spirito Santo si sbaglia! Qualche segno premonitore c’era stato. La deposizione del pallio pontificio sulla reliquia di Celestino V nel 2009, per esempio! Un gesto simbolico. Ma nessuno poteva pensare ad un epilogo così improvviso. Dalle ore 20 del 28 febbraio 2013 Papa Benedetto XVI non sarà più il Vescovo di Roma, il Sommo Pontefice della Chiesa di Cristo! E’ stato comunicato così, come si comunica un provvedimento qualsiasi poco prima di mezzogiorno dell’11 febbraio nel corso di un concistoro che non annunciava nulla di straordinario. 11 febbraio, data storica per la Chiesa: 1929, conciliazione con lo Stato italiano. Pura coincidenza, e direi insignificante, a fronte dell’enorme importanza della declaratio pontificale.
Che, però, Benedetto XVI non fosse all’altezza del grave compito lo si era capito da tempo, si potrebbe dire dall’inizio. Da quando dovette rendersi conto che parlare da professore teologo è cosa ben diversa dal parlare da Papa. Ora, quel libro di Marco Politi, “Joseph Ratzinger crisi di un Papato” (Laterza 2011), che ripercorre tutti i momenti e gli aspetti dell’inadeguatezza di Benedetto XVI, è il riferimento più autorevole e documentato; per certi aspetti profetico. Politi era stato impietoso: grande rispetto per l’uomo, ammirazione per il teologo, ma perplessità sul pontefice, incapace di dominare l’ambiente nel quale per volontà dello Spirito Santo si trovava.  Si trattava di saper leggere in ciò che accadeva o di avere il coraggio di dirlo. Virtù rara nel mondo del pubblicismo italiano. Evidentemente qualcosa di assai più profondo agitava il Vaticano, la figura del Papa, il potere politico ed economico che ruota attorno a lui, fatto di uomini di ben altra tempra che quella di un mite teologo, “rotto dagli anni e dal cammino stanco”. Mi viene di usare le parole del Petrarca, il poeta e l’intellettuale che, dopo Celestino V, è da associare di più al Papa tedesco. Un Papa medievale, ma anche moderno, a questo punto, quanto altri mai.
L’epilogo dimostra soprattutto che Benedetto XVI non si è dimesso per ragioni di salute, in quanto non più in grado di garantire in pensieri, parole ed opere, il verbo cristiano, al cospetto dei fedeli sparsi in tutto il mondo, ma perché ha avvertito intorno a sé un ambiente ostile, di problematica gestibilità, soggetti gli uni contro gli altri armati, come hanno dimostrato i tanti scandali e i tanti  incidenti che hanno riguardato le alte gerarchie della Chiesa in questi otto anni di pontificato.        
Parliamo a caldo, colpiti anche emotivamente. Ma, già dai primi commenti dei politici, è possibile farsi un’idea delle conseguenze del gesto “celestiniano” di Benedetto XVI. Un gesto – hanno subito commentato da sinistra – onesto, da apprezzare, qualcosa che non potrà non avere conseguenze anche sui papi a venire, come a voler applaudire ad una sorta di indicazione laicizzante che il Papa avrebbe voluto dare, di immensa portata rivoluzionaria proprio perché fatta da colui che incarna e rappresenta il massimo dell’antilaicismo. Se così fosse davvero, Benedetto XVI avrebbe dato ragione ai critici della Chiesa, per non dire ai nemici, a coloro i quali la vorrebbero una semplice istituzione fra istituzioni; avrebbe inferto alla Chiesa uno dei colpi più duri; alla pari forse con quello del suo conterraneo Martin Lutero.
E’ presto per trarre conseguenze dal gesto papale. Ma non si può non considerare che molta parte dell’edificio della chiesa cattolica se ne cade, come per una scossa di terremoto, con le sue dimissioni. Quando mai nella storia ci sono stati due papi, come accadrà con l’elezione del nuovo pontefice, a parte il periodo della cattività avignonese e degli antipapi? Come si può pensare o dire che lo Spirito Santo si è sbagliato eleggendo un Papa inadeguato, che potrebbe perciò ancora sbagliarsi? E se lo Spirito Santo si sbaglia, si aggiorna, si ammoderna, come una qualsiasi istituzione secolare, che Spirito Santo è più? Sono semplici domande, che sembrano battute superficiali e poco intelligenti, ma vengono spontanee. Qualcosa si è certamente rotto nella Chiesa.
Celestino V fu vittima di uomini più scaltri di lui, di quel cardinal Caetani che divenne poi papa col nome di Bonifacio VIII. Ma Benedetto XVI è vittima di chi? Veramente si è dimesso per motivi di salute? Certo, quelli ci sono, sono innegabili. Ma se intorno avesse avuto uomini dei quali fidarsi, avrebbe potuto continuare come hanno fatto tanti prima di lui. Valga per tutti l’esempio di Giovanni Paolo II! No, Benedetto XVI si è dimesso perché non in grado di gestire una chiesa riottosa e sconcertata all’interno, aggredita all’esterno da una modernità imprevedibile e inarrestabile. 

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