Per il secondo anno consecutivo
il Festival di San Remo è stato contestato nello stesso spazio, quello
riservato al “predicatore” di turno. L’anno scorso fischi e inviti a finirla
furono rivolti a Celentano, quest’anno a Crozza. Fazio e gli organizzatori
minimizzano, dicono che si è trattato dei due soliti contestatori che
approfittano di San Remo per farsi protagonisti di qualcosa.
Non è così. Non erano due, erano
assai di più e la platea tutta non era affatto entusiasta della performance di Maurizio Crozza, il
quale, peraltro, ripeteva le stesse caricature esibite in una precedente
puntata di “Ballarò”.
Il ragionamento dei contestatori
è di una semplicità disarmante. Dicono: non si può accendere il televisore che
sei subito aggredito o annoiato dai politici, dai temi della politica, dalle
dichiarazioni incrociate, dalle promesse elettorali, dalle notizie di scandali,
di arresti, di condanne. E ciò per 24 ore su 24. Perché non lasciare che almeno
il Festival di San Remo faccia vivere agli italiani un momento di pausa, di
aria diversa, di svago senza la contaminazione politica?
“Non è propaganda” si affannava a
dire Fazio agli spettatori seccati dalle prediche di Crozza, dimostrando di non
aver capito che i cittadini non rifiutavano quell’esibizione perché considerata
propaganda, ma rifiutavano il mondo a cui faceva riferimento. Se consideriamo
che la satira è diventata con Beppe Grillo politica, assumendo la dimensione di
vero e proprio tsounami, si capisce
perché i cittadini e non solo quelli che erano nel Teatro Ariston chiedevano e
chiedono un po’ di respiro. Che uno come Fazio non capisca certi umori è
davvero grave.
Se l’ignoranza non fosse
diventata davvero sovrana fra i giovani (tra i venti e i cinquant’anni) che
ormai, pur uscendo dai licei, non sanno distinguere un verso di Cecco
Angiolieri da uno di Dante Alighieri o di Guido Guinizzelli, si potrebbe citare
l’episodio di Erminia tra i pastori
della Gerusalemme liberata di
Torquato Tasso, per far capire e far godere l’importanza di un rifugio
nell’infuriare di un fenomeno che ha raggiunto la saturazione e il disgusto.
Ecco, gli italiani oggi vorrebbero avere uno spazio per così dire arcadico
nell’inevitabile infuriare del morbo politico.
Queste sono forse le ragioni più
immediate della contestazione sanremese, ma evidentemente ce ne sono altre. Una
su tutte è il rifiuto di sentir sempre qualcuno pontificare in una società
devastata dai guasti più gravi e più diffusi. E’ un continuo sentir fare
denunce, in tutte le salse, da quelle più nobili altoistituzionali a quelle più
basse e becere. Si denuncia il malfunzionamento delle carceri, delle scuole,
dei trasporti, degli ospedali, dei tribunali, delle poste, delle banche. Ma neppure
le aziende, private e a partecipazione pubblica, funzionano bene, sempre borderline, dentro e fuori la legalità,
un entrare ed uscire dalle leggi. In un solo giorno, oggi, mercoledì 13
febbraio dell’anno di Cristo 2013, si sa della condanna di Raffaele Fitto in
Puglia e delle accuse di corruzione a Roberto Formigoni in Lombardia, come a
comprendere tutta l’Italia tra l’alfa e l’omega del suo territorio. E ieri non
è stato diverso e l’altro ieri neppure. Ormai la corruzione, con i tutti i suoi
fenomeni collaterali, compresi i mediatici, non ha più tempo, ha infranto le
barriere di contenimento.
A che servono, allora, tanti
profeti, che ci ricordano ciò che noi vorremmo anche dimenticare, almeno il
tempo per farci passare il mal di testa scatenato o per digerire un piatto di
legumi? Non vediamo noi forse tutti i santi giorni lo sfascio di questo paese?
Non vediamo che politici e imprenditori ridono se c’è un terremoto pregustando
i lauti guadagni che ne derivano? Non vediamo carceri sovraffollate e carceri
vuote, costruite e mai attivate? Non vediamo ospedali e palazzi dello sport,
costati miliardi, mai entrati in funzione, mentre politici e costruttori si
sono arricchiti? Beh, che anche in uno spazio di svago, appunto per non
pensare, si presenta il profeta di turno a prenderci per il culo e per
accusarci di essere idioti, è qualcosa di assai poco sopportabile.
Si torni a San Remo con la
musica, con le canzoni, con un po’ di satira diversa, con un po’ di cultura e
di informazione. Sarebbe tanto più gradito
uno spettacolo che contenesse poca speculazione politica, pochi insulti, pochi
turpiloqui. San Remo non deve essere la cloaca di ciò che l’esterno gli sversa
dentro, ma dovrebbe tornare ad essere un suggeritore all’esterno di qualcosa di
più gradevole e di più positivo.
Nessun commento:
Posta un commento