La sortita di Giorgio Napolitano che
deplora “qualche partito” che liquida Monti dopo averlo sostenuto per più di un
anno non può piacere, è propaganda pura. Napolitano più di altri sa
perfettamente che sia il PdL che il Pd hanno approvato i tanti decreti-legge di
Monti solo per tenere in piedi un governo senza entrare nel merito dei
provvedimenti. Hanno cercato di farlo qualche volta e timidamente per potersi
giustificare coi propri elettori. Ma dire che abbiano sostenuto Monti con la
consapevolezza della bontà della sua politica è come cambiare le carte in
tavola. C’è una bella differenza tra un matrimonio riparatore e un matrimonio
d’amore. Né Napolitano né Monti stanno dimostrando un minimo di eleganza in
certe loro affermazioni, adeguandosi, l’uno e l’altro, al clima della rissa
elettorale.
E’ forse appena il caso di
ricordare che sia Monti che Napolitano hanno più volte detto che Monti sarebbe
rimasto fuori dalla competizione elettorale. Non è cosa di poco conto. Su
questa garanzia i due partiti hanno accettato la tregua, che peraltro offriva
loro una pausa di riflessione. Un patto non scritto, ma pacta sunt servanda comunque. Al senso di responsabilità di
Berlusconi e Bersani, Napolitano e Monti hanno risposto con una furbata. Se questa
è la tanto conclamata correttezza dei diversi!
Non è mancanza di rispetto al
Presidente della Repubblica, cosa che il mio buon maestro in giornalismo
Ernesto Alvino mi metteva in guardia dal fare, ma semplicemente per ricordare
quanto è stato detto e fatto tra il novembre del 2011 e il dicembre del 2012. Non
vorremmo che di qui a qualche anno i nostri figli e nipoti pensassero che noi
eravamo un gregge di pecore smemorate.
Ma se Napolitano ha detto quel
che ha detto, mancando ad uno stile cui pure ci aveva abituati fin da quando
era comunista, vuol dire che ha in mente un disegno per il dopo elezioni, che
non è tanto difficile ipotizzare. I disegni – si sa – non si costruiscono sul
nulla, ed è normale che nel momento di idearli si ha anche una qualche idea sul
come e con che cosa realizzarli. Di qui l’attacco neppure tanto velato al PdL.
Giustamente Berlusconi si è risentito. Si può essere d’accordo o meno con un
concorrente in campo, ma sui suoi diritti di gara non si può che concordare
appieno. E’ una questione di correttezza e di maturità.
Certo, l’attacco di Napolitano
non è stato gratuito. Nessuno fa niente per niente, tanto più se l’azione
compiuta è in sé discutibile. Nel qual caso la contropartita deve essere
consistente. Napolitano vorrebbe tanto poter confermare Monti al governo. Al
momento, però, sembra remota l’ipotesi che il Professore, a cui faceva schifo
la politica ma che ora ama fino ad impidocchiarsi, possa prendere tanti voti
per giustificare la scelta del suo mentore. Stando agli ultimi sondaggi il suo
partito sarebbe quarto dopo Bersani, Berlusconi e Grillo. Vero che, a
prescindere dai voti, Costituzione alla mano, è il Presidente della Repubblica
che dà l’incarico, ma è anche vero che più di un tentativo altro non può fare.
Allora le cose potrebbero avere un altro svolgimento. Napolitano potrebbe
convincere Bersani, probabilissimo vincitore delle elezioni, a rinunciare
all’incarico di formare il governo a favore di Monti e in cambio avrebbe il Quirinale,
ossia D’Alema Presidente della Repubblica. In subordine, se proprio Bersani
s’incaponisse a rivendicare quel che gli spetta, sarebbe Monti a finire al
Quirinale. Per questo dovrebbe avere dal voto del 24-25 febbraio una bella conferma
popolare. Se la sua Scelta Civica dovesse avere un risultato modesto,
addirittura al di sotto di una certa soglia, beh sarebbe davvero problematico volere
a capo del governo o proporre alla presidenza della repubblica uno che ha avuto
appena un risultato poco oltre il 10 %. Che presidente di tutti gli italiani
sarebbe?
Autorevoli commentatori politici
e alcuni fra gli stessi rappresentanti politici sono convinti che si tornerà a
votare di qui a qualche mese. Dall’imminente consultazione elettorale
difficilmente uscirà una maggioranza così forte e coesa da reggere gli attacchi
delle opposizioni. Michele Ainis sul “Corriere della Sera” di sabato, 16
febbraio, ipotizza scenari di forti contrapposizioni, che potrebbero
immobilizzare l’attività di governo (L’incubo
delle Camere bloccate. Il regno di Amleto).
Potrebbe, infatti, configurarsi
una situazione come quella dell’ultimo governo Prodi, quando la maggioranza si
reggeva – facendo voti al Signore per tenere in salute gli ottuagenari e
nonagenari senatori a vita – su uno o due voti. Ma con simili maggioranze non
si può deliberare neppure l’intitolazione di una via, figurarsi governare uno
dei più difficili paesi al mondo, come l’Italia. Nel nostro paese le
opposizioni hanno come obiettivo, qualche volta perfino dichiarato, di far
cadere il governo, impedendogli di governare con tutta una serie di
comportamenti, anche leciti sotto il profilo parlamentare, e tentativi di
sconcertazione e disgregazione dei gruppi costituiti col fenomeno del
nomadismo, versione moderna del trasformismo. Quando lo scarto tra maggioranza
e opposizioni è minimo diventano protagonisti i responsabili alla Scilipoti, che hanno salvato per qualche tempo
Berlusconi, così come gli irresponsabili alla Turigliatto avevano affossato Prodi.
Mia personale opinione è che le
prossime elezioni probabilmente non daranno un esito da garantire una lunga legislatura
ma costituiranno comunque una svolta. Il centrodestra dovrà fare i conti con
una macchina – se vale la metafora automobilistica – che non è più riparabile,
dovrà costruirne una nuova, con nuovi ingegneri e meccanici e soprattutto
piloti. Il centrosinistra si dovrà ridefinire nei “suoi riguardi”, per come li
intendeva Dante. E il populismo, da Grillo ad Ingroia, dovrà cercare di darsi
la dimensione e le regole di un movimento meno liquido e improvvisato. Forse
dal 24-25 febbraio non uscirà un governo, ma è più che probabile che uscirà la
politica.
Nessun commento:
Posta un commento