domenica 17 febbraio 2013

Napolitano tra disegni e scenari del dopo voto



La sortita di Giorgio Napolitano che deplora “qualche partito” che liquida Monti dopo averlo sostenuto per più di un anno non può piacere, è propaganda pura. Napolitano più di altri sa perfettamente che sia il PdL che il Pd hanno approvato i tanti decreti-legge di Monti solo per tenere in piedi un governo senza entrare nel merito dei provvedimenti. Hanno cercato di farlo qualche volta e timidamente per potersi giustificare coi propri elettori. Ma dire che abbiano sostenuto Monti con la consapevolezza della bontà della sua politica è come cambiare le carte in tavola. C’è una bella differenza tra un matrimonio riparatore e un matrimonio d’amore. Né Napolitano né Monti stanno dimostrando un minimo di eleganza in certe loro affermazioni, adeguandosi, l’uno e l’altro, al clima della rissa elettorale.
E’ forse appena il caso di ricordare che sia Monti che Napolitano hanno più volte detto che Monti sarebbe rimasto fuori dalla competizione elettorale. Non è cosa di poco conto. Su questa garanzia i due partiti hanno accettato la tregua, che peraltro offriva loro una pausa di riflessione. Un patto non scritto, ma pacta sunt servanda comunque. Al senso di responsabilità di Berlusconi e Bersani, Napolitano e Monti hanno risposto con una furbata. Se questa è la tanto conclamata correttezza dei diversi!
Non è mancanza di rispetto al Presidente della Repubblica, cosa che il mio buon maestro in giornalismo Ernesto Alvino mi metteva in guardia dal fare, ma semplicemente per ricordare quanto è stato detto e fatto tra il novembre del 2011 e il dicembre del 2012. Non vorremmo che di qui a qualche anno i nostri figli e nipoti pensassero che noi eravamo un gregge di pecore smemorate.
Ma se Napolitano ha detto quel che ha detto, mancando ad uno stile cui pure ci aveva abituati fin da quando era comunista, vuol dire che ha in mente un disegno per il dopo elezioni, che non è tanto difficile ipotizzare. I disegni – si sa – non si costruiscono sul nulla, ed è normale che nel momento di idearli si ha anche una qualche idea sul come e con che cosa realizzarli. Di qui l’attacco neppure tanto velato al PdL. Giustamente Berlusconi si è risentito. Si può essere d’accordo o meno con un concorrente in campo, ma sui suoi diritti di gara non si può che concordare appieno. E’ una questione di correttezza e di maturità.
Certo, l’attacco di Napolitano non è stato gratuito. Nessuno fa niente per niente, tanto più se l’azione compiuta è in sé discutibile. Nel qual caso la contropartita deve essere consistente. Napolitano vorrebbe tanto poter confermare Monti al governo. Al momento, però, sembra remota l’ipotesi che il Professore, a cui faceva schifo la politica ma che ora ama fino ad impidocchiarsi, possa prendere tanti voti per giustificare la scelta del suo mentore. Stando agli ultimi sondaggi il suo partito sarebbe quarto dopo Bersani, Berlusconi e Grillo. Vero che, a prescindere dai voti, Costituzione alla mano, è il Presidente della Repubblica che dà l’incarico, ma è anche vero che più di un tentativo altro non può fare. Allora le cose potrebbero avere un altro svolgimento. Napolitano potrebbe convincere Bersani, probabilissimo vincitore delle elezioni, a rinunciare all’incarico di formare il governo a favore di Monti e in cambio avrebbe il Quirinale, ossia D’Alema Presidente della Repubblica. In subordine, se proprio Bersani s’incaponisse a rivendicare quel che gli spetta, sarebbe Monti a finire al Quirinale. Per questo dovrebbe avere dal voto del 24-25 febbraio una bella conferma popolare. Se la sua Scelta Civica dovesse avere un risultato modesto, addirittura al di sotto di una certa soglia, beh sarebbe davvero problematico volere a capo del governo o proporre alla presidenza della repubblica uno che ha avuto appena un risultato poco oltre il 10 %. Che presidente di tutti gli italiani sarebbe?
Autorevoli commentatori politici e alcuni fra gli stessi rappresentanti politici sono convinti che si tornerà a votare di qui a qualche mese. Dall’imminente consultazione elettorale difficilmente uscirà una maggioranza così forte e coesa da reggere gli attacchi delle opposizioni. Michele Ainis sul “Corriere della Sera” di sabato, 16 febbraio, ipotizza scenari di forti contrapposizioni, che potrebbero immobilizzare l’attività di governo (L’incubo delle Camere bloccate. Il regno di Amleto).
Potrebbe, infatti, configurarsi una situazione come quella dell’ultimo governo Prodi, quando la maggioranza si reggeva – facendo voti al Signore per tenere in salute gli ottuagenari e nonagenari senatori a vita – su uno o due voti. Ma con simili maggioranze non si può deliberare neppure l’intitolazione di una via, figurarsi governare uno dei più difficili paesi al mondo, come l’Italia. Nel nostro paese le opposizioni hanno come obiettivo, qualche volta perfino dichiarato, di far cadere il governo, impedendogli di governare con tutta una serie di comportamenti, anche leciti sotto il profilo parlamentare, e tentativi di sconcertazione e disgregazione dei gruppi costituiti col fenomeno del nomadismo, versione moderna del trasformismo. Quando lo scarto tra maggioranza e opposizioni è minimo diventano protagonisti i responsabili alla Scilipoti, che hanno salvato per qualche tempo Berlusconi, così come gli irresponsabili alla Turigliatto  avevano affossato Prodi.
Mia personale opinione è che le prossime elezioni probabilmente non daranno un esito da garantire una lunga legislatura ma costituiranno comunque una svolta. Il centrodestra dovrà fare i conti con una macchina – se vale la metafora automobilistica – che non è più riparabile, dovrà costruirne una nuova, con nuovi ingegneri e meccanici e soprattutto piloti. Il centrosinistra si dovrà ridefinire nei “suoi riguardi”, per come li intendeva Dante. E il populismo, da Grillo ad Ingroia, dovrà cercare di darsi la dimensione e le regole di un movimento meno liquido e improvvisato. Forse dal 24-25 febbraio non uscirà un governo, ma è più che probabile che uscirà la politica

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