lunedì 15 giugno 2020

I giorni del Coronavirus 31



Mercoledì, 6 maggio. La situazione. In Italia: casi totali 213.013 (+ 1.075), attuali positivi 98.467 (- 1513), guariti 85.231 (+ 2.352), deceduti 29.315 (+ 236). In Puglia: attuali positivi 2.939 (- 6), guariti 798 (+ 19), deceduti 433 (+ 4). Continua a scendere, ma gli esperti ci dicono che occorre aspettare fino al 18 per vedere gli effetti della riapertura.  

Stamattina ho visto R.O., mi ha salutato dalla macchina. Si è detto incredulo di quanto è accaduto e sta accadendo. Come se fosse un film, ha commentato. Quasi cercava in me conferma. E’ la sensazione di tutti. Non riusciamo ad elaborare appieno la condizione in cui ci troviamo. Un diffuso stato di nervosismo, sottotraccia, nascosto da stupore e incredulità, ci condiziona. Continuiamo a soffrire la situazione, siamo diventati tutti psicotici. Per un verso non crediamo alla pericolosità di questo virus, per un altro ci sentiamo assediati. Le banche non vogliono più toccare il denaro, ti obbligano a fare tutto col bancomat e aggiungono disagio a disagio. Vai a fare la coda pure davanti alla banca oltre che davanti all’ufficio postale, alla farmacia, ai negozi. Siamo diventati tutti codisti. Una situazione kafkiana che sta diventando normale. Dalla mattina alla sera non fai che aspettare in un qualche cazzo di posto, in fila, con la mascherina sulla faccia, ore ed ore. Come se esporsi in simile modo non fosse già una condizione di rischio. Il virus, ci dicono, può essere dappertutto. Di questo passo avremo paura di toccare perfino i vestiti che la mattina indossiamo, le scarpe che calziamo, la moka del caffè, il bicchiere dell’acqua, il fazzoletto del naso. Siamo nella situazione rovesciata in cui si trovò il mitico re Creso che tutto ciò che toccava si trasformava in oro, alla fine non poteva né mangiare né bere, né spogliarsi né vestirsi e non sappiamo se trasformava in oro perfino gli attributi personali! Noi tutto quello che tocchiamo temiamo che ci infetti. Il dubbio che autorità ed esperti esagerino per spaventarci allo scopo, pur nobile e importante, di sconfiggere il virus c’è. Ma intanto viviamo nell’incubo e nella psicosi. 

Giovedì, 7 maggio. La situazione. In Italia: casi totali 214.457 (+ 1.444), attualmente positivi 91.528 (- 6.939), guariti 93.245 (+ 8.014), deceduti 29.684 (+ 369). In Puglia: attualmente positivi 2.903 (- 36), guariti 855 (+ 57), deceduti 438 (+ 5). Situazione tutto sommato ondivaga. La Puglia, tra le regioni meridionali, ha il più alto numero di contagiati e attualmente positivi.

Ho l’impressione che nella posizione della destra politica sui provvedimenti anticoronavirus del governo ci sia un “non detto”, in specifico sulla chiusura del Paese, sul lockdown. Politici, ideologi e fiancheggiatori della stampa si fermano come sul ciglio di un burrone prima di pronunciare la fatidica frase, che lasciano come sospesa. Dicono: il governo ha sbagliato a non pensare agli effetti devastanti della chiusura, ma non vanno oltre nell’indicare cosa avrebbe dovuto fare. Viene da sé pensare ad una non chiusura di fabbriche, aziende e attività commerciali pur nel rispetto di precauzioni e quant’altro per non favorire l’epidemia. Ma questo avrebbe comportato inevitabilmente un numero di gran lunga maggiore di contagi, di ricoveri e di decessi. Che cosa non dicono, allora, quelli che criticano il governo da destra? Che bisognava mettere in conto i morti, dato che loro ritengono prioritario non solo la salute delle persone ma anche l’economia delle stesse e del paese. E’ il solito tocco cinico dell’uomo di destra, realistico fino alle estreme conseguenze. Mi bastano pochi morti – disse Mussolini per giustificare l’entrata in guerra – per poter sedere al tavolo dei vincitori. Può essere che a destra abbiano ragione nel pensarlo, ma intanto non lo dicono apertamente o lo fanno capire per deduzione. Ieri sera, a “Otto e mezzo” su “La 7”, Franco Bechis, direttore de “Il Tempo”, giornale di destra, disse testualmente e lo ripetette che il Paese “era stato chiuso non dal coronavirus ma dal governo”, come a ribadire che ora le conseguenze della chiusura e della crisi non sono del coronavirus ma del governo e che il governo avrebbe potuto decidere diversamente. Ma in Italia una linea di destra di questo genere – più morti e più sghei – non la farebbe propria neppure il più destro dei destri. Aho, in Italia stiamo!  

Stamattina nei pressi del “Caffè Italia” c’era la coda, chi per un caffè, chi per un cappuccino, chi per la colazione. Tutti rigorosamente con la mascherina. Non ho visto Mino per salutarlo. Mi sono appena fermato e…passato. Ma dico io, come si può fare la coda per un caffè? Mi viene di pensare che il nostro popolo si stia abituando anche a comportamenti incredibili. Un caffè o la colazione non sono cose da prendere alla svelta, in piedi, con la mascherina che devi sollevare o abbassare per lasciar libera la bocca. C’è anche un po’ di esibizionismo in questo. La gente vuole anche mostrare di essere ligia all’osservanza delle leggi. Il che sarebbe anche positivo se non fosse che come tutte le esibizioni anche questa nasconde qualcosa di non confessabile, in questo caso la vanità.

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