giovedì 11 giugno 2020

I giorni del Coronavirus 30



Lunedì, 4 maggio. La situazione. In Italia: casi totali 210.717 (+ 1.389), attuali positivi 100.179 (- 525), guariti 81.654 (+ 1740), deceduti 28.884 (+ 174). In Puglia: attuali positivi 2.955 (+ 1), guariti 765 (+ 8), deceduti 424 (+ 2). E’ visibile un accentuato miglioramento, forse si è sulla strada buona. 

Sconvolgente puntata di “Non è l’Arena” di Massimo Giletti su “La 7” ieri sera. Circa 400 mafiosi, fra cui tre in stato di detenzione del 41 bis, sono stati scarcerati perché nelle carceri non si assicuravano loro le difese dal Coronavirus. Inaudito e vergognoso. Questo è il paese mai troppo denigrato. E’ inutile lamentarci quando giornali di paesi stranieri ironizzano sulla nostra sciattezza. Ma come si può giungere a simili stronzate? Sono stati scarcerati dei mafiosi che è costato tanto allo Stato e ai suoi uomini delle Forze dell’Ordine catturare e processare; ora, senza sapere di chi è la colpa, sono stati messi agli arresti domiciliari, che per quella gente è la massima aspirazione. Se quei “signori” sono dei criminali, per questo sono stati catturati e condannati, allora altrettanto criminale è averli fatti “evadere” e criminali sono i responsabili di questo incredibile extra omnes. Lo Stato, se ha un minimo di dignità, dovrebbe fare un repulisti dei responsabili, a partire dal Ministro di Giustizia per finire a magistrati e a funzionari, che, coi loro ritardi ed errori, tutti molto ben calcolati, hanno consentito la scarcerazione.
Ho paura che presto strade e piazze si intaseranno, che nei bar tornerà il solito afflusso di gente, che tutti andranno alla seconda casa e, congiunti o da congiungere, ognuno avrà qualcuno da raggiungere. Quando il messaggio è rivolto a tutti, tutti si sentono in diritto di compiere o di non compiere un gesto. Nessuno penserà, siccome ci sono molti in giro, io me ne starò a casa. No, semmai penserà come se gli altri non esistessero: posso uscire ed esco; poi, appena messo il naso fuori, dovrà chiedere permesso per farsi largo tra la folla. La vedo brutta.  
  
Martedì, 5 maggio. La situazione. In Italia: casi totali 211.938 (+ 1.221), attuali positivi 99.980 (- 199), guariti 82.879 (+ 1.225), deceduti 29.079 (+ 195). In Puglia: attuali positivi 2.945 (- 10), guariti 779 (+ 14), deceduti 429 (+ 5). Situazione in discesa.
“Ei fu”. Inizia così il 5 maggio di Alessandro Manzoni per la morte di Napoleone Bonaparte. Per chi si è formato nella scuola di una volta era quasi una ricorrenza, una delle tante date del nostro calendario scolastico, un riferimento. Ne sapevano riferire tutti gli studenti, bravi, meno bravi e ciucci. Ovviamente non si festeggiava, che so, come l’11 febbraio, festa nazionale a tutti gli effetti, per i Patti Lateranensi e la conciliazione fra Stato e Chiesa in Italia. Una volta la scuola insegnava anche giocando, scherzando e festeggiando. Una data, infatti, è come un frutto all’interno del quale ci sono i semini, ognuno dei quali rimanda a qualcosa di importante. Si aspettava ogni anno il 4 ottobre, festa di San Francesco, patrono d’Italia, la prima festa nazionale dell’anno scolastico, la si attendeva con ansia specialmente se cadeva di sabato e si poteva fare vacanza doppia con la domenica. O i primi giorni di novembre, col succedersi dei Morti e dell’anniversario della Vittoria, il 4 Novembre, rigorosamente con la lettera maiuscola, oggi cancellata o mascherata d’altro. Quanti anni luce son passati! Oggi si insegna a distanza e, a quanto pare, non solo per l’emergenza dovuta al Coronavirus, ma anche per scelta didattica. Si è sentito dire in questi giorni: basta con le classi pollaio! I ragazzi di generazioni e generazioni paragonati a dei polli nella stia! C’è da inorridire di fronte a simili scempiaggini. I compagni di classe come compagni di stia, tanto valore umano ridotto a pollame! Nella mia classe alle scuole elementari eravamo in più di quaranta, me li ricordo tutti i miei compagni, uno per uno, e ogni tanto vedo, guardando i manifesti murali, che qualcuno purtroppo se n’è andato. Io ero il capoclasse e ogni mattina dovevo ispezionare gli orecchi e le mani di ognuno ben stese sul banco per vedere se erano pulite e scrivere alla lavagna i nomi di quelli in difetto. E, allora, mi ricordo di qualche episodio gustoso, di qualche bambino, specialmente di quelli che avevano un carattere un po’ particolare, di un piccolo aneddoto. E sorrido… 

Lo scrittore francese Michel Houellebecq ha ricordato una vecchia querelle sorta tra Gustave Flaubert e Friedrich Nietzsche (Corsera, 5 maggio). Flaubert sosteneva che non si pensa e non si scrive bene se non stando seduti. Nietzsche, invece, era del parere che quel che non è concepito camminando non ha valore alcuno. Non per simpatia per Nietzsche ma credo che il tedesco avesse ragione. E’ chiaro che la scrittura, nella sua fase materiale, va effettuata stando seduti; ma, nella sua fase ideativa, richiede movimento. Se lo scrittore non si muove, non osserva quello che lo circonda, non viene sollecitato dall’esterno, la sua scrittura è come spenta, lenta e involuta. Direi che uno deve pensare in piedi, camminando, e scrivere poi seduto. Fai presto ad accorgerti se una scrittura è stata fatta in piedi o seduti. Mi verrebbe di pensare che Nietzsche scrivesse sospeso. Nel corso di questa quarantena, ho fatto chissà quanti giri del mio giardino, che non è grandissimo ma mi consente di sgranchirmi le gambe. Ma questo non basta per avere idee in testa, bisogna sgranchirsi la mente. Girando nel mio giardino non faccio che vedere sempre le stesse cose e mi annoio. La mente è come se rimanesse imballata. Ma se esco di casa e, pur senza allontanarmi troppo, mi faccio un giro intorno all’Eurospin, che sta di fronte a casa mia, per arrivare ai semafori e leggere i manifesti, in questo periodo solo di morti, il moto mi tiene sveglia la mente, guardo le auto che passano, mi sforzo di riconoscere chi le guida, rispondo a chi mi saluta, osservo se qualcosa è cambiato intorno. La mente avverte lo spazio e riceve come continue sollecitazioni di vivacità e benessere. Ho molto lavorato in questi due mesi per portare a termine il mio progetto di “Storia te l’Italia in dialettu salentinu”, 100 sonetti, che parte da Albalonga e finisce all’arrivo del Coronavirus. Ebbene, ho faticato molto a volte a trovare la rima. Prima, di ogni parola me ne venivano a mente tante, oggi non più, l’età è l’età. Ma, finché ero seduto, mi sentivo come una cappa sulla memoria e la creatività; appena fuori, in giardino o per strada, ecco che balzava fuori la parola che mi serviva per chiudere un verso o una strofa. Non credo che questo cambi da persona a persona; del resto, il moto è vita per tutti. 

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