Ha ragione Walter Veltroni quando
dice che i grillini non sanno fare politica perché è contro il loro essere. Non
ci si inventa dall’oggi al domani. Come si possono Di Maio e compagni confrontare
con gli altri, trovare intese (brevi o lunghe), mediare sulle cose da fare, se
da quando sono nati non sanno far altro che porsi in rapporto esclusivo? Sono
come una squadra di calcio che, abituata a partitelle interne, improvvisamente
si trova di fronte ad altre squadre e non vuole riconoscere loro neppure il
diritto di avere un campo. Testa o croce? Dice l’arbitro. E loro: la moneta o
non si gioca!
Si sta profilando una prova di
incompetenza e di incapacità del Movimento senza precedenti ed una sonorissima
scoppola personale al Di Maio.
Tanto perché nessuno si
smentisse, è tornato il Grillo parlante, detto il garante, il quale ha
rispolverato il referendum sull’uscita dall’Euro. Ma come, Di Maio ha fatto
tanto per imbrogliare le carte e convincere del suo europeismo e mo’ viene lui
a rovesciare il banco? Euro sì o Euro no? Una storia…tesa, verrebbe di dire.
Nella sortita grillesca c’è chi
vede il siluramento di Di Maio, rivelatosi uno sfasciacarrozze. Infatti, mentre
il Movimento aumenta nei sondaggi – ha raggiunto il 33,7 % - Di Maio retrocede
nella graduatoria del gradimento dei leader, dietro Salvini e Gentiloni (Ipsos
– Corriere della Sera, 5 maggio 2018).
Lo scenario che si offre al
Presidente Mattarella è tra i più problematici della storia della Repubblica.
Tutti sottolineano l’inadeguatezza del sistema elettorale aggravato
dall’inadeguatezza dei protagonisti della scena politica. Ma, invece di
dolersene per averlo approvato, se ne compiacciono e addirittura dicono:
andiamo a votare di nuovo. A giugno! Hanno detto i grillini.
Rifiutarsi a qualsiasi
accordo sembra che lo facciano programmaticamente. E che senso ha se è solo con
l’accordo che si può fare un governo?
Se Di Maio dice: con la Lega e
senza Forza Italia e Salvini risponde: o tutto il centrodestra o niente; e se
Salvini dice: con tutti tranne che col Pd e il Pd risponde: né col centrodestra
né coi Cinquestelle, se Renzi si dice orgoglioso di aver impedito l’accordo del
Pd coi Cinquestelle e i suoi colleghi di partito continuano a guardare ai
Cinquestelle, non viene di prestarsi il repertorio di Grillo e mandarli tutti
affanculo?
Ma l’aspetto più inquietante
della situazione è che tutti i protagonisti della non esaltante vicenda
politica lanciano velati ricatti al Presidente Mattarella. Il più grave è
quello dei grillini, i quali hanno detto che ricorreranno alla piazza. Non
siamo più ai tempi di Almirante, che alla minaccia della piazza di sinistra
rispondeva con la piazza di destra. I grillini in versione black-block
sarebbero una novità assoluta; salvo che non intendano la piazza virtuale, che
non hanno mai abbandonato.
C’è chi teme che da nuove
elezioni venga fuori la possibilità per Cinquestelle e Lega di fare un governo
da soli, dando per scontato un loro aumento di consensi. Se tanto fosse
veramente nell’ordine delle cose, allora il disastro sarebbe completo perché la
situazione nazionale si riprodurrebbe in ogni parte d’Italia a livello locale, salterebbero tutte le
giunte regionali, cittadine e comunali dove il centrodestra da anni governa, e
bene! Sarebbe impensabile che Forza Italia e Fratelli d’Italia accettassero lo
strappo leghista senza far nulla.
In realtà chi paventa l’asse
Lega-M5S e farebbe il diavolo a quattro pur di evitarlo – nel Pd c’è una bella
componente – dimostra lo stesso radicalismo esclusivista degli altri.
L’unica strada percorribile è
quella di un governo istituzionale, breve e con poche cose da fare. Anzitutto
onorare gli impegni internazionali. In secondo luogo approvare una legge
elettorale che tenesse conto possibilmente della situazione contingente e di un
minimo di respiro oltre. E non farebbe male, nel frattempo, sottoporsi ad una
bella terapia contro l’esclusivite, autentica epidemia della politica italiana.
Ben si comprende che ancora una volta
l’elemento incompatibile, perfino in un governo di responsabilità condivisa,
sarebbe il M5S, che per sua stessa natura non vuole stare con altri se non per
capeggiare la
compagnia. Per loro sarebbe una presunta disfatta lo stare
con gli altri e una sfida reale il rifiutarsi. L’elettorato potrebbe premiarli
ancora di più ma potrebbe convincersi che nel dibattito politico democratico
non servono, sono incompatibili e costituiscono un danno per il Paese. Non
dimentichino i Cinquestelle che potrebbero fare la fine di quelle piante, le
stelle di Natale, che si vendono senza radici per la durata breve delle
festività. Non si lascino ingannare da quel che così rapidamente è apparso,
guardino che c’è sotto; potrebbe non esserci niente.
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