sabato 5 maggio 2018

Governo: nessuno vuole accordarsi




Ha ragione Walter Veltroni quando dice che i grillini non sanno fare politica perché è contro il loro essere. Non ci si inventa dall’oggi al domani. Come si possono Di Maio e compagni confrontare con gli altri, trovare intese (brevi o lunghe), mediare sulle cose da fare, se da quando sono nati non sanno far altro che porsi in rapporto esclusivo? Sono come una squadra di calcio che, abituata a partitelle interne, improvvisamente si trova di fronte ad altre squadre e non vuole riconoscere loro neppure il diritto di avere un campo. Testa o croce? Dice l’arbitro. E loro: la moneta o non si gioca!
Si sta profilando una prova di incompetenza e di incapacità del Movimento senza precedenti ed una sonorissima scoppola personale al Di Maio.
Tanto perché nessuno si smentisse, è tornato il Grillo parlante, detto il garante, il quale ha rispolverato il referendum sull’uscita dall’Euro. Ma come, Di Maio ha fatto tanto per imbrogliare le carte e convincere del suo europeismo e mo’ viene lui a rovesciare il banco? Euro sì o Euro no? Una storia…tesa, verrebbe di dire.
Nella sortita grillesca c’è chi vede il siluramento di Di Maio, rivelatosi uno sfasciacarrozze. Infatti, mentre il Movimento aumenta nei sondaggi – ha raggiunto il 33,7 % - Di Maio retrocede nella graduatoria del gradimento dei leader, dietro Salvini e Gentiloni (Ipsos – Corriere della Sera, 5 maggio 2018).
Lo scenario che si offre al Presidente Mattarella è tra i più problematici della storia della Repubblica. Tutti sottolineano l’inadeguatezza del sistema elettorale aggravato dall’inadeguatezza dei protagonisti della scena politica. Ma, invece di dolersene per averlo approvato, se ne compiacciono e addirittura dicono: andiamo a votare di nuovo. A giugno! Hanno detto i grillini.
Rifiutarsi a qualsiasi accordo sembra che lo facciano programmaticamente. E che senso ha se è solo con l’accordo che si può fare un governo?
Se Di Maio dice: con la Lega e senza Forza Italia e Salvini risponde: o tutto il centrodestra o niente; e se Salvini dice: con tutti tranne che col Pd e il Pd risponde: né col centrodestra né coi Cinquestelle, se Renzi si dice orgoglioso di aver impedito l’accordo del Pd coi Cinquestelle e i suoi colleghi di partito continuano a guardare ai Cinquestelle, non viene di prestarsi il repertorio di Grillo e mandarli tutti affanculo?
Ma l’aspetto più inquietante della situazione è che tutti i protagonisti della non esaltante vicenda politica lanciano velati ricatti al Presidente Mattarella. Il più grave è quello dei grillini, i quali hanno detto che ricorreranno alla piazza. Non siamo più ai tempi di Almirante, che alla minaccia della piazza di sinistra rispondeva con la piazza di destra. I grillini in versione black-block sarebbero una novità assoluta; salvo che non intendano la piazza virtuale, che non hanno mai abbandonato.
C’è chi teme che da nuove elezioni venga fuori la possibilità per Cinquestelle e Lega di fare un governo da soli, dando per scontato un loro aumento di consensi. Se tanto fosse veramente nell’ordine delle cose, allora il disastro sarebbe completo perché la situazione nazionale si riprodurrebbe in ogni parte d’Italia  a livello locale, salterebbero tutte le giunte regionali, cittadine e comunali dove il centrodestra da anni governa, e bene! Sarebbe impensabile che Forza Italia e Fratelli d’Italia accettassero lo strappo leghista senza far nulla.
In realtà chi paventa l’asse Lega-M5S e farebbe il diavolo a quattro pur di evitarlo – nel Pd c’è una bella componente – dimostra lo stesso radicalismo esclusivista degli altri.  
L’unica strada percorribile è quella di un governo istituzionale, breve e con poche cose da fare. Anzitutto onorare gli impegni internazionali. In secondo luogo approvare una legge elettorale che tenesse conto possibilmente della situazione contingente e di un minimo di respiro oltre. E non farebbe male, nel frattempo, sottoporsi ad una bella terapia contro l’esclusivite, autentica epidemia della politica italiana.
Ben si comprende che ancora una volta l’elemento incompatibile, perfino in un governo di responsabilità condivisa, sarebbe il M5S, che per sua stessa natura non vuole stare con altri se non per capeggiare la compagnia. Per loro sarebbe una presunta disfatta lo stare con gli altri e una sfida reale il rifiutarsi. L’elettorato potrebbe premiarli ancora di più ma potrebbe convincersi che nel dibattito politico democratico non servono, sono incompatibili e costituiscono un danno per il Paese. Non dimentichino i Cinquestelle che potrebbero fare la fine di quelle piante, le stelle di Natale, che si vendono senza radici per la durata breve delle festività. Non si lascino ingannare da quel che così rapidamente è apparso, guardino che c’è sotto; potrebbe non esserci niente.

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