domenica 13 maggio 2018

Berlusconi, il riabilitato




E mo’, verrebbe di dire, sono cazzi amari. Berlusconi è stato riabilitato dal Tribunale di Sorveglianza di Milano, con effetto immediato. In soldoni, ipso facto è candidabile. Se si dovesse votare per un seggio vacante alla Camera o al Senato, lui potrebbe concorrervi. Anche domani. Così è risorto un’altra volta, se mai fosse veramente morto!
Di qua a cento anni, quando morirà davvero, forse è bene che si assistesse alla sua tumulazione per essere certi di non rivederlo più in circolazione.
Non è senza conseguenza questo ennesimo ritorno. E graverà non poco sulle trattative per la formazione del governo. I suoi nemici continueranno a chiamarlo pregiudicato, mafioso, evasore fiscale, corruttore di persone e di costumi, ma ormai con rabbia più che con scherno come hanno fatto prima della sua riabilitazione.
Il suo essere in campo, però, non deve illudere nessuno. La giustizia continuerà a fare il suo corso per quanto lo riguarda. Se Berlusconi dovesse ideare un suo stemma con quattro quarti da riempire, uno dovrebbe riempirlo con i segni proprio della giustizia. Gli altri tre: con una bella gnocca, con un’antenna, con la facciata di Palazzo Chigi: penare, godere, vedere, potere. Da distribuire a piacimento. Ma l’azione penale nei suoi confronti lo accompagnerà per tutta la vita. Come lo accompagnerà per tutta la vita ed oltre quell’immagine che si vuole dare di lui: il potente che costringe gli altri a mortificarsi nel corpo e nello spirito.
Il film di Sorrentino è l’ennesima cinemata italiana, la distorsione della realtà in chiave psico-estetica. Maledetto Fellini! Per sostenere che cosa? Che Berlusconi è un malvagio, un Erode moderno che fa stragi di innocenti fanciulle, immolate come i giovani ateniesi al Minotauro? Via, ci sono alti prelati pedofili conclamati, omosessuali confessi, ladroni e profittatori di denari, di femmine e di fanciulli! In fondo Berlusconi non si presenta come un francescano, né primario, né secondario, né terziario. Si presenta per quello che è e costringe gli altri a presentarsi per quello che sono. 
Se si guarda attorno, non vede più nemici. Dove sono Occhetto, Prodi, Veltroni, Rutelli, Bertinotti, D’Alema e compagnia cantando? Dove le nevi dell’altro anno? Se ne sono andati con gli anni della sua florida grinta. Lui è sempre lì, come l’eroe omerico, “a dritta e a manca a rigirar lo scudo e a pie’ fermo danzar nel sanguinoso ballo di Marte”.
Di Maio, da buon napoletano, è superstizioso. Non credo che si arrischierà più a chiedere la sua testa. E qualche ravvedimento c’è già stato. E’ vero che il potere val bene delle scuse, come Parigi per Enrico IV una messa; ma la diversità dei tempi dovrebbe impedire emulazioni del genere. Forse per Di Maio è giunto il tempo di conoscere la vita e i suoi signori.
Quando venticinque anni fa Berlusconi si affacciava alla politica in prima persona c’erano tanti partiti e ognuno – noi medesimi – aveva ragione di esprimersi contro, sollecitato dalla propria formazione politica. Ma oggi che i partiti non ci sono più e si inneggia alla deideologizzazione, cosa resta ad ognuno di noi per attaccare Berlusconi se non l’antipatia personale o magari l’invidia, non più per i suoi soldi e per i suoi piaceri, in parte vanificati dall’età, ma per la sua storia, per quello che ha rappresentato per l’Italia, per la politica, per quello che ha fatto dovunque si sia impegnato?
Non condividerlo sul piano politico e ideologico, morale o sociale, non significa disconoscere la sua grandezza e la sua importanza. La figlia Marina, giustamente ha detto al grillino Di Battista che suo padre ha fatto la storia, mentre lui ancora deve imparare a leggerla. Non ha detto proprio così, ma così mi sarebbe piaciuto che gli avesse detto.
Il suo ritorno alla grande nell’agone politico contribuirà a bilanciare lo spostamento all’estrema di una politica italiana che incomincia a preoccupare tanto noi italiani quanto gli osservatori interessati stranieri. Forse, l’arrivo improvviso di questa sua riabilitazione all’indomani di un governo che si preannuncia carico di incognite e di rischi, ha anche un significato politico voluto “là dove si pote ciò che si vuole”.  E se così fosse, sarebbe un’altra medaglia per lui; un’altra piaga per chi ormai non spera che nella sua morte fisica.
In attesa che arrivi uno migliore di lui, noi intanto gli auguriamo di continuare a esistere e di resistere. Amen.

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