domenica 20 maggio 2018

M5S-Lega: peggio per loro o peggio per noi?




Ha detto Massimo Giannini di Repubblica che se i diarchi Salvini-Di Maio non faranno quanto promesso sarà peggio per loro, ma se lo faranno sarà peggio per tutti. Condivido, ma aggiungo che tra un’ipotesi e l’altra c’è che si può impedire che facciano o che non facciano, semplicemente mandandoli affanculo prima. Perché qui non si tratta, come qualche belloccia famosa, scambiando il Movimento 5 stelle con “Ballando sotto le stelle”, dice dalla Gruber lasciamoli fare tanto poi possiamo sempre recuperare; no, i danni che potrebbero fare a loro o a tutti potrebbero essere molto seri.
Il Presidente Mattarella fino ad ora ha dimostrato qualche incertezza e se è presto per dire che la situazione gli è sfuggita di mano si può dire che forse non era proprio questa la direzione che avrebbe voluto che prendesse. Lo dico col rispetto che ritengo si debba avere per il simbolo e l’istituzione che rappresenta. Ha alternato lentezza e pazienza ad una sospetta precipitosa fretta, per tornare alla lentezza e pazienza iniziali.
Agli inizi poteva dare l’incarico a Salvini, in quanto leader della coalizione vincente. Non ha voluto. Avrà avuto delle pressioni. Comunque era nelle sue facoltà. Ha incominciato a fare giri di consultazioni, dimostrando un eccessivo zelo per la liturgia costituzionale. Uno…due…tre giri, fino a quando – come volevasi dimostrare – non ha constatato che le tre forze politiche in gioco non riuscivano a mettersi d’accordo, essendo tra di loro vetative. I Cinquestelle no a Forza Italia, la Lega no al Pd, il Pd no ai Cinquestelle e al centrodestra. Un gran casino! Un gioco a perdere, dato che di vincere non se ne parlava proprio.
Era quanto Mattarella si aspettava. Di qui la fretta di dire: adesso il governo lo faccio io perché ci sono alcuni ineludibili adempimenti; poi si andrà al voto, non prima del 31 dicembre, ovviamente ragionandoci sopra. Ma i Cinquestelle e i Leghisti, che del tutto fessi non sono, si sono subito ricreduti sulla possibilità di fare il governo e gli hanno chiesto del tempo per gli opportuni accordi. A questo punto Mattarella non poteva negarglielo.
Di qui la ripresa, favorita, se non proprio determinata, dal via libera di Berlusconi. Il quale, dopo aver consultato i suoi - famiglia, azienda, politica – ha ritenuto che gli conveniva “cedere”, perché aveva tutto da guadagnare. Ma doveva saper assumere anche una posizione plausibile. E quale migliore in Italia di quella ossimorica di essere allo stesso tempo pro e contro? Ecco fatto: mantenere salda la coalizione con la Lega di Salvini (pro) e fare l’opposizione al suo governo con Di Maio dei Cinquestelle (contro). Qualcosa che ricorda il gioco del passa-passa, quando il padrone concede al sottopadrone di fare a modo suo ma fino ad un certo punto.  
Si può mai capire una cosa del genere? Si può mai accettare l’idea di essere a favore e contro allo stesso tempo? E gli elettori che hanno votato Forza Italia e Fratelli d’Italia e che potrebbero ritrovarsi coi Cinquestelle al potere, che avrebbero da dire, da guadagnare? Sono stati strafottuti. Ergo, vale la pena votare più in questo cazzo di Paese? Domanda retorica.
Intanto abbiamo assistito per un’altra settimana ad un indecoroso avanti-indietro di cose da fare o da non fare nel contratto di governo tra le due forze amiche-nemiche. Mentre nulla si è detto sulla cosa più importante di tutte. Chi sarà il nuovo Presidente del Consiglio, il soggetto più importante, riconosciuto dalla Costituzione?
L’art. 92 dice: “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri”. E’ chiaro: la proposta è limitata ai nomi dei ministri, non al Presidente del Consiglio, la cui nomina spetta al Presidente della Repubblica. Qui, invece, pare che il Presidente del Consiglio non conti un cazzo e che a sceglierlo siano “quei due” che giuridicamente sono fuori dalla Presidenza della Repubblica. Un dettaglio, come se si trattasse di arredare una piazza con la statua di Garibaldi o con quella di Mazzini.
L’art. 95 dice cose molto importanti, altro che statua d’arredo urbano. “Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile”. Invece, a quanto pare, è l’ultima ruota del carro.
Non ci nascondiamo l’elemento politico della situazione. E’ di tutta evidenza che il Presidente della Repubblica finisca per nominare il Presidente del Consiglio solo dopo aver ascoltato i leader delle forze politiche e valutato le loro prospettive. Ha, tuttavia, tra le sue prerogative la facoltà di essere decisivo sulla nomina del Presidente del Consiglio e sulle proposte dei singoli ministri. In passato è accaduto, con maggiore frequenza nel corso della cosiddetta Seconda Repubblica.
Si spera, a questo punto, che il Presidente Mattarella abbia capito con chi e con che cosa ha a che fare e che sappia mettersi nel solco di alcuni suoi predecessori, tipo Scalfaro e Napolitano. Dai quali si può dissentire per una diversa posizione politico-ideologica, ma non si può non riconoscere che essi hanno saputo intervenire in situazioni difficili per trovare vie d’uscita tutto sommato positive per il Paese.
La situazione, questa volta, è ancora più complicata, perché il quadro politico ha ben poco delle forze tradizionali e delle loro regole di comportamento. Non è gratuita estensione dell’esterofilia, vizio italico, riferirsi a quanto ha fatto la Germania per avvalorare quanto si vuol fare in Italia, è che il divario tra Italia e Germania non è solo economico, a quanto pare, ma anche culturale. E l’uno francamente ci deprime più dell’altro. Troppi riferimenti ai sette mesi della Merkel per fare il governo e al contratto alla tedesca! Qui siamo in Italia e almeno nel campo delle idee per risolvere i nostri problemi dovremmo essere più originali.

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