Credo che nessuno in Italia, a
meno che non sia un pazzo fanatico, possa aver gioito per il fallimento
dell’incarico di formare un governo conferito dal Presidente della Repubblica
Sergio Mattarella al Prof. Giuseppe Conte. Non solo e non tanto per la ricaduta
d’immagine negativa, peraltro abbondantemente nota, del M5S e della Lega,
quanto e soprattutto per la pessima figura che ha fatto l’intero Paese,
trascinato da due sconsiderati capetti politici, espressione entrambi della degenerazione
politica italiana, intesa nel suo insieme. Che questi due soggetti assommino il
cinquanta per cento dei voti non significa affatto che abbiano ragione. Solo
chi parla per propaganda politica dà sempre ragione al cosiddetto popolo. Chi,
invece, cerca di ragionare sulle cose, fa sempre della guicciardiniana discrezione.
L’uno, Matteo Salvini, è un furbetto
venditore di ravanelli, che gioca col Presidente della Repubblica, facendo
finta di volere e nello stesso tempo ponendo l’ostacolo per impedire. L’altro,
Luigi Di Maio, svolazza senza rotta come il passero di Del Piero, fa finta di
volare oltre per poi ritornare sulla spalla del promoter dell’acqua Uliveto.
Dall’indomani del voto del 4
marzo ad oggi, 30 maggio, i due, indegnamente chiamati Dioscuri, hanno cambiato
atteggiamento un’infinità di volte, passando dalla rinuncia a fare un governo
al ripensamento e alla resa, alternando aggressioni all’arma bianca a
indecorosi ritorni pecorini. Mentre una sterminata platea, composta anche da
menti illuminate, si trastulla in oziose discettazioni sulla Costituzione della
Repubblica. Questa, sarà pure ambigua in taluni snodi, ma un conto è
chiacchierare su di essa, senza responsabilità alcuna, come fa ognuno nel suo
salotto o al bar, un altro applicarla nel rispetto del dettato e nella
preoccupazione degli esiti che ne potrebbero conseguire.
I Soloni della politica italiana
discettano mischiando il merito con la forma, il metodo con il fine. E questo è
già grave per un piccolo artigiano. Che senso ha dire che la posizione di Paolo
Savona è di tutto rispetto e condivisa da sette Premi Nobel per l’economia se
il problema è se in questo momento la sua nomina a ministro è opportuna o meno?
Si diventa ministri come le medaglie d’oro alle Olimpiadi o per una proposta
politica che deve risolvere i problemi del Paese hic et nunc, qui ed ora? E se il Presidente della Repubblica, che è
il garante della Nazione, ritiene che è più opportuno nominare un ministro
dell’economia più consono alla situazione del momento, dove sta l’alto
tradimento, sparato da questi cachielli, senza istruzione e senza educazione?
Dice: si sono pentiti e hanno
fatto marcia indietro. Ma se è da quando sono alla ribalta che fanno marcia
avanti e marcia indietro! Non è ora di finirla? I Soloni che li osservano e li
applaudono, siamo sicuri che stanno bene di testa?
La verità è che spesso si parli
per turbamenti interiori. Chi giudica male Mattarella lo fa anche perché
invidioso del suo stato. L’Italia è piena di Cassii che odiano Cesare perché
Cesare è Cesare e loro non sono un cazzo. Come il Marchese del Grillo, di
sordiana memoria.
Chi dice bene di questi
sconsiderati capetti non lo fa convinto della loro bontà ma sempre nell’ottica
dell’invidia nei confronti del Presidente della Repubblica, a cui, quando si
può, si dà volentieri un colpo.
Quanto hanno fatto in questi tre
mesi di dopoelezioni i Salvini e i Di Maio coi loro contratti, coi loro programmi,
fatti rifatti disfatti, con provvedimenti campati in aria, assolutamente
irrealizzabili, è di una gravità da invocare mazzate. Ce ne asteniamo non solo
perché evocare mazzate significa evocare fascismo, ma perché poi dalle mazzate
non si sa che potrebbe derivare, probabile pure qualcosa di peggio.
Ma rendiamoci conto che in questo
momento una classe politica improvvisata, figlia dei vaffanculo di un comico,
risentito come il rigoletto del Duca di Mantova, sta veramente prendendo in
giro il Paese, esponendolo al ludibrio europeo e mondiale e al danno economico
e finanziario derivante dai soliti speculatori nostrani ed esteri. Non si
invocano le mazzate, ma si fa appello al senso di responsabilità delle persone,
che, per condizione e cultura, potrebbero esercitare sul Paese una sorta di moral suasion. Se queste persone non
riescono ad uscire dai loro turbamenti e incoraggiano la deriva verso cui siamo
avviati siamo davvero messi male.
Ora torniamo a Bomba. Per
l’ennesima volta, appena il Presidente della Repubblica ha cercato di trovare
una soluzione alla crisi, ecco che gli stessi capetti che ieri erano irati ai
patri numi e minacciavano sfracelli, si dicono disposti a ricominciare daccapo.
E lo fanno giusto per impedire l’iniziativa presidenziale.
Ma fino a quando deve durare
questo giochetto? Si badi, se pure si dovesse finalmente raggiungere un
traguardo politico con un governo Lega-M5S, potremmo correre il rischio, per le
note condizioni di incertezza politica e di contraddizioni esistenti tra i due
partiti, di ritrovarci in uno stato peggiore di quello lasciato col governo
Gentiloni. Che, coi tempi che corrono, in alcuni settori non ha
affatto demeritato. La sindrome romana del Sindaco Raggi è il fantasma che
aleggia sui grillini al potere. Doveva irradiare la città eterna, risolvere
tutti i suoi problemi e invece impedisce addirittura di farsi una passeggiata
in bicicletta tra i fori imperiali.
Crediamo che ormai il tempo della pazienza stia per finire e che quelli
che solo per un riferimento importante chiamiamo Catilina debbano fare sacco e
cappuccio e lasciare che governi il Paese chi veramente ne è capace.
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