Tanto tuonò che piovve? Hanno
tanto sollecitato il Pd a sedersi a parlare coi Cinquestelle che presto lo
faranno? Sì, ma se piove e nessuno si bagna; se Pd e Cinquestelle s’incontrano
e non succede nulla, che piove a fare, che s’incontrano a fare?
Ora si fa strada una nuova
strategia. Parliamo! Parliamo! Perché nessuno ci possa dire che non volevamo
parlare. Tanto, parlare non costa nulla. E intanto il tempo passa. E – chissà !
– può essere che la base dei vari partiti incominci a stancarsi. Soprattutto
che si stanchi la base dei Cinquestelle, che aspetta redditi di cittadinanza e
profende varie, che vuole vedere i vecchi privilegiati dei vitalizi all’angolo
di strada col cappello rovesciato a chiedere l’elemosina.
Ma intanto aumentano i soliti
scettici, che hanno sempre ragione. Te lo dicevo io, che questi non sono
diversi da tutti gli altri! Finora si sono lasciati guidare da un comico e da
un neobottegaio. Ora non sanno dove andare. Figurarsi se sanno cosa andranno a
fare!
Il presidente del Pd, Matteo
Orfini, ospite della Gruber, venerdì sera, 27 aprile, ha escluso nella maniera
più assoluta qualsiasi ipotesi di accordo coi Cinquestelle. Invano Travaglio lo
incalzava con sorriso beffardo e parola tagliente. Aho – ha sbottato ad un certo punto Orfini – ci siamo incontrati tante volte, che ce dobbiamo di’ ancora noi due?
Semmai stupisce l’insistenza con
cui Cinquestelle e seguitanti cercano di trovare il modo per portare Di Maio a
Palazzo Chigi, come non ha importanza, dovesse addirittura arrivare a pezzi per
un improbabile rimontaggio in loco.
E’ l’ennesima farsa italiana. I
Cinquestelle dovevano rivoluzionare la politica, non dovevano fare maggioranze
con nessuno, dovevano governare da soli. Duri e puri. Dovevano! Oggi sono
disposti a mettersi con chiunque accetti di far loro da seguito, come se si
trattasse di una processione. Oggi non riescono neppure a correggere l’interlocutore
che continua a chiamarli onorevoli, quando per statuto devono farsi chiamare
cittadini. I cachielli dello struscio!
Ora tutti se la prendono con la
legge che ha favorito il proporzionale. E perché? Non potevano i Cinquestelle
raggiungere il 40 % come sostenevano? A quel punto avrebbero fatto da soli o
quasi il governo, senza piatire compagnie, che una volta consideravano
lebbrose. Se l’elettorato, che pure li ha premiati, li ha inchiodati ad un
inutile 32 % vuol dire che perfino un popolo, che in quanto soggetto plurale è
irresponsabile, mette un limite alla fessagginità.
Di Maio ora è nervoso. Minaccia
Berlusconi dopo averlo insultato e ingiuriato per anni. Continua a preoccupare
i probabili partner, non per paura ma per incapacità di stare in politica da
cristiano. Per quello che questa parola significa nella comunicazione popolare,
di persona seria e assennata!
La settimana prossima ci sarà la Direzione Nazionale
del Pd. Per decidere cosa? Vedere le carte dei Cinquestelle? Andiamo, qui si
prende per il culo la gente e sé stessi.
La politica non dovrebbe mai
rinunciare alla sua funzione pedagogica. I Cinquestelle vanno puniti per quello
che stanno dicendo e facendo da dieci anni a questa parte. Bisogna finirla di
considerarli come dei ragazzi discoli. Hanno sbagliato e quel che è peggio i
loro sbagli gli hanno fruttato caterve di consensi. E’ giunto il momento di far
perdere loro il mal credito che in questi anni si sono procurato.
Se i Cinquestelle non sono
disposti a fare un governo col centrodestra, come risultato elettorale comanda,
non c’è altra soluzione. Allora è giusto che si vada in direzione di un governo
d’emergenza nazionale, che onori le scadenze italiane in Europa e nel mondo e
intanto approvi una legge elettorale maggioritaria, in modo che la notte stessa
dello spoglio si sappia chi ha vinto e chi ha responsabilità di fare il
governo.
Il Paese, a questo punto, deve sapere di chi è la colpa. Deve provvedere
ad emendarsi da ogni fumisia e torni a votare per processi politici fattibili,
per camminare coi piedi per terra, magari tra mille difficoltà. Ormai è chiaro
a tutti che i Cinquestelle hanno fallito. Non perché non siano riusciti a fare
quanto hanno promesso; ma perché non sono riusciti neppure ad essere quello che
dicevano di essere. Sono impreparati, ben al di là dell’essere senza arte né
parte. Non sanno come stare in politica, come comportarsi. A questo punto
insistere con loro significa mettere a repentaglio il Paese, significa creare
un clima di scontro che non porta nulla di buono.
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