Ho già avuto modo di dire perché
a mio parere l’Università degli Studi del Salento vada intitolata a Giuseppe
Codacci-Pisanelli. La motivazione è tanto banale quanto diretta: fu voluta e
realizzata, per quello che si può intendere in casi simili volere e realizzare,
da lui; ne fu il primo Rettore e docente. Lo ha ben ricordato il Sen. Giorgio
De Giuseppe sul “Nuovo Quotidiano di Puglia” (12 aprile). Per molti anni si
prodigò a far venire a Lecce il meglio dei docenti universitari dell’epoca.
Lungo sarebbe l’elenco e i salentini di oggi, dai cinquant’anni in giù,
avrebbero difficoltà a riconoscerli nella loro giusta importanza. Ma, a volte,
la storia rivendica i suoi diritti. Basta leggere un “Bollettino d’Informazioni”
qualsiasi degli anni Cinquanta della non ancora riconosciuta Università di
Lecce per imbattersi in docenti del calibro di Mario Marti e Aldo Vallone
(Letteratura Italiana), Ettore Paratore e Vincenzo Ussani (Letteratura Latina),
Alberto Mori (Geografia), Pier Fausto Palumbo (Storia), Giuseppe Flores
D’Arcais (Filosofia), Gino Corallo (Pedagogia), Maria Romano Colangeli
(Letteratura Spagnola), Giacinto Spagnoletti (Letteratura Italiana Moderna e
Contemporanea), Carlo Prato (Grammatica Latina), e poi Fausto Fonzi (Storia
contemporanea), Paolo Barocchi (Storia dell’Arte), Dario Bellezza (Psicologia),
Tullio Gregory (Filosofia), Maria Corti (Letteratura Italiana), Ovidio Capitani
(Storia Medievale), Antimo Negri (Storia della Filosofia e Filosofia
Teoretica), Pietro Scoppola (Storia del Risorgimento), Giuseppe Roggerone
(Storia della Filosofia). Erano tutti delle autorità nel loro campo. Per la
giovane e non ancora riconosciuta Università costituivano una vera “armata”
nella lunga attraversata del deserto del riconoscimento, che giunse nel 1967,
alla vigilia della contestazione studentesca.
Il ruolo avuto da Codacci
Pisanelli nella storia dell’Università non ha paragoni. E si consideri anche
che l’Università di Bari, coi suoi pezzi forti della politica e della cultura –
Aldo Moro, tanto per fare il primo nome che viene – facevano di tutto per
impedire che la nostra Università nascesse e prendesse piede. Né mancavano
docenti universitari salentini che facevano il tifo – mettiamola così – contro
l’istituzione dell’Università a Lecce, a difesa di quelle dove già insegnavano.
Codacci Pisanelli è stato, a
partire dall’immediato dopoguerra e fino agli anni Settanta, l’uomo politico
salentino più illustre e potente. Fama e potere portati ed esercitati con
l’eleganza e la sobrietà di un uomo consapevole della sua ascendenza e del
ruolo che aveva nella terra che lo aveva espresso e che da lui s’aspettava
valori positivi dei quali fregiarsi.
Membro della Costituente e poi
parlamentare democristiano per diverse legislature, fu più volte ministro e presidente
di commissioni, senza mai offrire motivi o pretesti agli avversari e ai media
di accusarlo di qualcosa di illecito. Si avvalse certamente del concorso di
molti altri degni rappresentanti politici del tempo e delle stesse
amministrazioni comunali che si autotassarono per creare il Consorzio Provinciale
Universitario Salentino, organismo dal quale presero tutte le successive mosse,
amministrative e culturali, per giungere all’Università degli Studi
riconosciuta dallo Stato.
Non sarebbe elegante spiegare
perché no all’intitolazione a Giulio Cesare Vanini o a Carmelo Bene, ad Antonio
De Ferrariis o a Scipione Ammirato, e si potrebbe continuare con altri nomi di
personaggi tutti meritevoli di dare il proprio nome all’Università salentina.
E’ proprio la motivazione in sé che disturba. Ogni proposta, che non abbia ab origine un dato esclusivo e perciò imparagonabile,
finirebbe per ridurre la questione ad una elencazione di meriti, da pesare col
bilancino delle once e dei sottomultipli delle once, per sostenere l’una o
l’altra delle candidature. Tuttavia, perché la mia non sembri un uscirmene per
il rotto della cuffia, qualche parola la devo pur dire.
Vanini o Bene, il Galateo o l’Ammirato
o qualunque altro del bel mondo della cultura e dell’arte, finirebbe per dare
una connotazione al territorio, una sorta di impronta, che, quale che fosse,
sarebbe sempre riduttiva e parziale. L’eretico Vanini, l’umanista Galateo, il
letterato Ammirato, l’attore e scrittore Carmelo Bene, ognuno preso per sé è
motivo di vanto per il Salento, ma non rappresenta il Salento nella sua
pluralità di aspetti.
Si può obiettare che neppure il
nome di Codacci Pisanelli soddisfa questa esigenza, ma ciò vale se di lui si
considera l’aspetto culturale – egli fu un giurista – ma se si assume quello
storico, di fondatore dell’Università, ecco che cadono le perplessità. L’altra
obiezione è che, pur nello specifico politico, egli non rappresenta l’intero
panorama, assai più ricco della pur maggioritaria Democrazia cristiana. E’
vero, ma nessun rappresentante di altri partiti era così noto in campo
nazionale e internazionale come lui e nessun altro ebbe i meriti suoi nel
dotare il territorio salentino di una così importante istituzione culturale e
professionale qual è l’Università. Intitolarla oggi al suo nome è il più
scontato ma anche il più importante degli obblighi.
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