Nel Pd volano insulti. Renzi ha,
come si dice, scazzicato la paglia; e tutti a scazzarsi. Mettiamola sul serio.
Il momento non consente cazzeggi.
Bersani prima o poi doveva fare i
conti con chi nel partito, pur pensandola come lui, ritiene che l’emergenza
imponga percorsi diversi. Franceschini è stato chiaro. Basta con questo
complesso di superiorità nei confronti degli altri. Berlusconi mi sta
antipatico quanto lo sta a Bersani, ma in questo momento, se si vuole fare un
governo, è necessario incontrarlo, parlargli, negoziare alcune cose essenziali.
Il muro è caduto. Qualche giorno fa sarebbe apparso uno scherzo da pesce
d’aprile.
Perché non dire bravo,
Franceschini? Invece nel Pd gli gridano traditore, danno a lui e a Letta, suo
sodale nella circostanza, del Bruto e Cassio. E da parte loro, di rimando:
comunisti!
Si teme la scissione. Si
prospettano scenari fantasiosi, ma nient’affatto utopici. La politica in Italia
ha risorse alchemiche. Si parla, per esempio, della nascita di un nuovo partito
di sinistra, che comprenderebbe la componente di sinistra del Pd, più la Sel e più le tante sigle
comuniste o pseudo tali. Per altro verso si parla dell’ingresso della Sel di
Vendola nel Pd, per rafforzare una linea politica più di sinistra. Qualcosa comunque nel centrosinistra accadrà.
Barca, l’altro “tecnico” del governo Monti, si è autoproposto a capo di un
nuovo Pd. I tecnici più che riparare la politica si lasciano ingoiare.
Ma lasciamo stare le baruffe, che
fanno la gioia dei comici. L’apertura del Pd a Berlusconi è nell’immediato la
strada più giusta. Se porterà a qualche arrivo importante si vedrà.
Intanto Grillo gioca a fare il
duce, il Führer, il caudillo, il conducator, una cosa del genere. A lui la
scelta. Salvo che non ha proprio le physique
du rôle. All’inciucio – così lo chiamerebbe un eventuale governo
Pd-Pdl-Lista Civica – gli italiani prenderebbero i bastoni. Non sa quello che
dice. E’ del tutto fuori dalla grazia di Dio. Spero proprio che quegli
italiani, riconducibili alla testa più che alla pancia del Paese, che lo hanno
votato, si ricredano e alle prossime elezioni lo confinino ai termini più
congeniali ad un fenomeno da baraccone, a cui appartiene per indole
connaturata. Se ciò avvenisse, il Paese tornerebbe al bipartitismo, che,
emendato come si deve, è la sola strada della normalità democratica.
L’incontro Pd-Pdl non è
evidentemente senza problemi. Le ferite dello scontro elettorale sono ancora
sanguinanti, ma i due partiti hanno un comune nemico e uno scopo immediato da
raggiungere. Il comune nemico è l’antipolitica. Fare un governo e giungere
all’elezione del Presidente della Repubblica senza lasciare strascichi e
risentimenti è lo scopo immediato. E’ l’intesa dei due Palazzi: Chigi e
Quirinale.
Sette anni fa Napolitano, pur
proveniente dal partito comunista, fu ben accolto da entrambi gli schieramenti.
Una bella impresa di Berlusconi e D’Alema. Sono stati sette anni di formale e
sostanziale rispetto, anche quando alcune decisioni presidenziali non sono state
affatto digerite bene. Penso al conflitto con la Procura di Palermo per la
cosiddetta trattativa Stato-mafia. Penso alla nomina dei saggi, che è apparsa a
tutti non solo una perdita di tempo ma anche un affronto alle Camere e ai
partiti. Ma anche qui ci sarebbe da dire che tutti i torti Napolitano non li ha
avuti, stante una rigidità dei soggetti in campo, ognuno arroccato sulle sue
posizioni.
Certo, i presidenti della
repubblica non si fanno in serie o su ordinazione. Un altro Presidente della
Repubblica come Napolitano non è possibile. Non esistono i cloni in politica.
Ma un signore, proveniente dalla politica, e non da settori esterni, come
qualcuno vorrebbe, dalla letteratura o dalla musica, dall’arte o dalla scienza,
si può individuare. Un uomo che più che prova di imparzialità data nel passato
si ponga come un elemento di equilibrio e di saggezza – quella vera – per il
futuro in modo da far ritenere le sue decisioni, anche le meno digeribili, come
dettate da un superiore interesse per la nazione. La grazia concessa da
Napolitano all’ex capo della Base Nato in Italia, il colonnello americano
Joseph Romano, condannato dalla Cassazione a sette anni per il sequestro di Abu
Omar, è un esempio di ciò che può fare la politica quando a gestirla è un
politico di razza, poiché il gesto va inserito nella più vasta e complessa
questione che riguarda i nostri due marò in India. Solo un politico è in grado
di pensare plurale, di prevedere, di fare le opportune connessioni.
Vedremo nei prossimi giorni se le
rose che si stanno piantando fioriranno. Ma che ci sia qualcosa che fa sperare
è già tanto.
Nessun commento:
Posta un commento