domenica 7 aprile 2013

Pd-Pdl: verso l'intesa dei due Palazzi



Nel Pd volano insulti. Renzi ha, come si dice, scazzicato la paglia; e tutti a scazzarsi. Mettiamola sul serio. Il momento non consente cazzeggi.
Bersani prima o poi doveva fare i conti con chi nel partito, pur pensandola come lui, ritiene che l’emergenza imponga percorsi diversi. Franceschini è stato chiaro. Basta con questo complesso di superiorità nei confronti degli altri. Berlusconi mi sta antipatico quanto lo sta a Bersani, ma in questo momento, se si vuole fare un governo, è necessario incontrarlo, parlargli, negoziare alcune cose essenziali. Il muro è caduto. Qualche giorno fa sarebbe apparso uno scherzo da pesce d’aprile.
Perché non dire bravo, Franceschini? Invece nel Pd gli gridano traditore, danno a lui e a Letta, suo sodale nella circostanza, del Bruto e Cassio. E da parte loro, di rimando: comunisti!
Si teme la scissione. Si prospettano scenari fantasiosi, ma nient’affatto utopici. La politica in Italia ha risorse alchemiche. Si parla, per esempio, della nascita di un nuovo partito di sinistra, che comprenderebbe la componente di sinistra del Pd, più la Sel e più le tante sigle comuniste o pseudo tali. Per altro verso si parla dell’ingresso della Sel di Vendola nel Pd, per rafforzare una linea politica più di sinistra.  Qualcosa comunque nel centrosinistra accadrà. Barca, l’altro “tecnico” del governo Monti, si è autoproposto a capo di un nuovo Pd. I tecnici più che riparare la politica si lasciano ingoiare.
Ma lasciamo stare le baruffe, che fanno la gioia dei comici. L’apertura del Pd a Berlusconi è nell’immediato la strada più giusta. Se porterà a qualche arrivo importante si vedrà.
Intanto Grillo gioca a fare il duce, il Führer, il caudillo, il conducator, una cosa del genere. A lui la scelta. Salvo che non ha proprio le physique du rôle. All’inciucio – così lo chiamerebbe un eventuale governo Pd-Pdl-Lista Civica – gli italiani prenderebbero i bastoni. Non sa quello che dice. E’ del tutto fuori dalla grazia di Dio. Spero proprio che quegli italiani, riconducibili alla testa più che alla pancia del Paese, che lo hanno votato, si ricredano e alle prossime elezioni lo confinino ai termini più congeniali ad un fenomeno da baraccone, a cui appartiene per indole connaturata. Se ciò avvenisse, il Paese tornerebbe al bipartitismo, che, emendato come si deve, è la sola strada della normalità democratica.
L’incontro Pd-Pdl non è evidentemente senza problemi. Le ferite dello scontro elettorale sono ancora sanguinanti, ma i due partiti hanno un comune nemico e uno scopo immediato da raggiungere. Il comune nemico è l’antipolitica. Fare un governo e giungere all’elezione del Presidente della Repubblica senza lasciare strascichi e risentimenti è lo scopo immediato. E’ l’intesa dei due Palazzi: Chigi e Quirinale.
Sette anni fa Napolitano, pur proveniente dal partito comunista, fu ben accolto da entrambi gli schieramenti. Una bella impresa di Berlusconi e D’Alema. Sono stati sette anni di formale e sostanziale rispetto, anche quando alcune decisioni presidenziali non sono state affatto digerite bene. Penso al conflitto con la Procura di Palermo per la cosiddetta trattativa Stato-mafia. Penso alla nomina dei saggi, che è apparsa a tutti non solo una perdita di tempo ma anche un affronto alle Camere e ai partiti. Ma anche qui ci sarebbe da dire che tutti i torti Napolitano non li ha avuti, stante una rigidità dei soggetti in campo, ognuno arroccato sulle sue posizioni.
Certo, i presidenti della repubblica non si fanno in serie o su ordinazione. Un altro Presidente della Repubblica come Napolitano non è possibile. Non esistono i cloni in politica. Ma un signore, proveniente dalla politica, e non da settori esterni, come qualcuno vorrebbe, dalla letteratura o dalla musica, dall’arte o dalla scienza, si può individuare. Un uomo che più che prova di imparzialità data nel passato si ponga come un elemento di equilibrio e di saggezza – quella vera – per il futuro in modo da far ritenere le sue decisioni, anche le meno digeribili, come dettate da un superiore interesse per la nazione. La grazia concessa da Napolitano all’ex capo della Base Nato in Italia, il colonnello americano Joseph Romano, condannato dalla Cassazione a sette anni per il sequestro di Abu Omar, è un esempio di ciò che può fare la politica quando a gestirla è un politico di razza, poiché il gesto va inserito nella più vasta e complessa questione che riguarda i nostri due marò in India. Solo un politico è in grado di pensare plurale, di prevedere, di fare le opportune connessioni.
Vedremo nei prossimi giorni se le rose che si stanno piantando fioriranno. Ma che ci sia qualcosa che fa sperare è già tanto.

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