Il filosofo che studiava gli autori senza farsi contagiare dal loro
pensiero
Giovanni Papuli aveva 81 anni. E’
morto inaspettatamente nel corso della notte tra sabato 27 e domenica 28
ottobre. Da qualche anno si era ritirato dalla mondanità dei convegni, delle
conferenze, delle pubblicazioni.
Rarissime le comparse in
pubblico. Per gli ottant’anni di Raffaele Colapietra, suo vecchio amico, un
anno fa nella cerimonia promossa agli Olivetani dalla sezione leccese della
Società di Storia Patria per la
Puglia , di cui era socio. Non seppe dire di no all’amico
aquilano che aveva chiesto espressamente a Mario Spedicato di fargli avere
accanto per la circostanza Giovanni Papuli e Mario Marti. Per ricordare l’amico
polacco Andrzej Nowicki, scomparso il 1° dicembre dell’anno scorso, con una
plaquette “in memoria” pubblicata nel gennaio di quest’anno nei Quaderni del Brogliaccio di “Presenza
Taurisanese”; occasione per fare il punto sugli studi vaniniani, da lui per
anni intensamente coltivati.
Da qualche tempo indagava alcuni
aspetti della filosofia del Cinquecento; sulla sua scrivania un libro lasciato
aperto su Cardano. Lo scrupolo dello studioso non lo sollecitava più di tanto
all’approdo editoriale, procedeva col suo solito metodo, interamente
concentrato sul presente dell’indagine scientifica e dell’elaborazione
critica.
Oggi il suo lascito più prezioso
è l’Istituto di Filosofia, sono le tante opere storiografiche, le
collaborazioni con gli amministratori comunali che hanno avuto l’onore di
averlo nelle tante iniziative culturali. Rosario Coluccia, preside di facoltà –
nel suo breve necrologio ai funerali – lo ha contestualizzato nella storia
dell’Ateneo salentino. Lo ha ricordato evidenziando il ruolo di tramite che ha
avuto nella vita dell’Università tra la fase iniziale, dei grandi nomi della
cultura universitaria nazionale, di qui fatti transitare per conferire
prestigio, e la fase più recente, di costruzione delle istituzioni interne, la
più importante delle quali e da lui la più amata l’Istituto di Filosofia. Mimmo
Fazio, l’allievo a lui più vicino, ha ricordato che il traguardo più ambito del
suo magistero era di creare una “scuola”. E’ senz’altro riuscito, non solo nel
senso più proprio del termine, ma anche come comunità umana. Teneva ad essere
il riferimento costante degli allievi. Barone in senso nobile e buono, li
promuoveva con sé, facendoli crescere negli studi e nel prestigio sociale.
Alcuni da lui proposti e fatti soci dell’Accademia Pugliese delle Scienze,
perché la componente leccese non sfigurasse nell’importante istituzione barese.
Giovanni Papuli era il professore
universitario vecchio stampo. Era passato attraverso tutti i gradi di
insegnamento, dalla scuola media inferiore ai licei, all’università, assistente
a Bari di Antonio Corsano, poi dal 1975 ordinario di Storia della Filosofia a
Lecce, infine Professore Emerito nel 2007, a coronamento di una prestigiosa
carriera. Accanto all’insegnamento – i suoi corsi monografici costituiscono un
patrimonio di studi tra i più significativi della filosofia moderna – va
ricordato il lavoro di promotore e organizzatore di convegni di studio.
Notevoli le sue iniziative editoriali, fra cui la collana “Testi e saggi” del
Dipartimento della Facoltà di Lettere e Filosofia, di cui Papuli era Direttore,
che dal 1979 ha
accompagnato l’esercizio accademico di discepoli e collaboratori con numerose
pubblicazioni. Imponente l’impresa di ripubblicare, in collaborazione con
l’Amministrazione Comunale di Taurisano, le opere più importanti di Antonio
Corsano, le cui edizioni originali incominciavano a diventare rare. Sei volumi
tra il 1999 e il 2002 sulla storia della filosofia del tardo Rinascimento,
Bruno, Campanella, Grozio, Leibniz, Vico, riletti e curati dai suoi allievi e
collaboratori migliori: De Bellis, Spedicati, Fazio, Longo, Sava, Raimondi.
Il suo “Bollettino di Storia
della Filosofia dell’Università degli Studi di Lecce”, uscito in volumi annuali
dal 1973 al 2002, dodici in circa trent’anni, con una tiratura di oltre 1.300
copie, diffuse ogni volta in tutta Europa, è stato un autentico convivio
mediatico tra gli studiosi di filosofia salentini, italiani ed europei. Il
Bollettino ha fatto crescere l’interesse per Vanini ed ha arricchito il suo
pensiero di nuove ipotesi di ricerca e di interpretazione; ha fatto conoscere
molti altri autori; ha seguito la vita universitaria dell’Istituto di
Filosofia, dai corsi alle tesi, ai convegni, ai seminari, ad ogni iniziativa
volta all’interno e all’esterno dell’Università. Papuli era anche presidente
della Sfi salentina (Società Filosofica Italiana), oltre che membro della
Consulta per lo studio della tradizione dell’aristotelismo veneto
dell’Università di Padova, socio dell’Accademia delle Scienze di Bari, membro
del Comitato scientifico del Centro Studi Salentini e Cavaliere Ufficiale “Al
merito” della Repubblica.
Aperto alla comprensione delle
posizioni ermeneutiche anche le più ardite, delle quali aveva rispetto
nonostante le riserve, egli era convinto e rigoroso sostenitore del metodo
storicistico, vichiano, del verum factum,
l’anello che lo teneva ancorato al suo Maestro Antonio Corsano.
Tra le sue opere più importanti
quelle su Girolamo Balduino, sui platonici salentini del tardo Rinascimento, su
Fichte, Kant, Corsano, Namer, Giordano Bruno, Bernardino Telesio, Paolo Mattia
Doria, Cartesio e ovviamente Vanini, i cui studi furono raccolti in volume nel
2006. Tredici densi saggi con l’introduzione di Loris Sturlese. Cui si è
aggiunto il ricordato saggio del 2012 “Studi vaniniani: riflessioni e
prospettive”, dedicato in memoria di Andrzej Nowicki.
In seguito al suo pensionamento
nel 2008 ben 110 studiosi gli dedicarono altrettanti saggi “In onore”, ben
quattro ponderosi volumi, che attestano l’affetto e la stima che il suo
universo di conoscenze, di colleganze, di amicizie aveva nei suoi confronti.
L’esempio più notevole, pur tra i
tanti che ha dato nel corso della sua vita di studioso, è quel suo indagare gli
autori e gli indirizzi con approccio scientifico, quell’indagarli munito di una
sorta di corazza intellettuale che lo ha preservato da affezioni e contagi
ideologici. Il caso più rilevante è proprio il Vanini, da lui percorso in tutte
le dimensioni, ma sempre con assoluta aderenza al testo e alla storia, senza
mai cedere ad assunzioni di pensiero o a facili e suggestive formulazioni di
precorrimenti.
E’ la sua lezione che ci piace di
più.
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