domenica 31 luglio 2011

Il Cardinal Martini e la questione etica

Il Cardinale Carlo Maria Martini, che era, alla morte di Giovanni Paolo II, uno dei papabili a succedergli, è intervenuto sul “Corriere della Sera” (31 luglio 2011) sulla questione dell’etica pubblica. Ha detto, come al solito, delle cose per certi versi scontate e per altre rivelatrici di un approccio alla vita pubblica piuttosto ambiguo. Ha detto, per esempio, che “Se tutti i politici si attenessero ai grandi principi etici, come quello del primato del bene comune insieme con il rispetto dovuto ad ogni persona, molte cose non succederebbero né sarebbero successe” (ovvio e scontato). Ha poi aggiunto: “…la Chiesa non ha come suo primo dovere quello di sostenere il comportamento morale degli uomini. Essa deve soprattutto proclamare il Vangelo, che ci dice che Dio accoglie tutti gli uomini, nessuno escluso. Essa deve proclamare il Vangelo della misericordia senza badare a chi ne approfitta per i suoi comodi. Essa fornisce quel tanto di più che ci vuole per fare dell’uomo onesto uno che si ispiri alla povertà di Gesù. Se uno non lascia (almeno interiormente) tutto ciò che possiede non può essere discepolo di Gesù” (ambiguo).
Lasciamo stare l’ovvio. Ci chiediamo, primo, perché la Chiesa non deve “sostenere il comportamento morale degli uomini…come suo primo dovere”? Secondo, perché si dice in premessa terrena che Dio, nella sua misericordia, accoglie tutti, cattivi e buoni, ladri ed onesti, assassini ed assassinati? Terzo, che significa lasciare, almeno interiormente, tutto ciò che si possiede per vivere da buon cristiano? E perché poi solo interiormente?
Con tutta l’umiltà e con tutto il rispetto, che si deve ad una personalità tra le più autorevoli di questa nostra poco esaltante contemporaneità, non possiamo dirci d’accordo.
Primo punto. La Chiesa è istituzione che opera sulla terra, è fatta di uomini e per gli uomini, dunque i comportamenti umani sono o dovrebbero essere il punto più importante della sua funzione. Non è il suo primo dovere, ma sarà il secondo, il terzo, il quarto o no? Se la Chiesa non si preoccupa di rendere gli uomini più buoni e più onesti, se non stabilisce un collegamento di premio o di pena coi comportamenti, incominciando proprio dalla terra, senza attese celesti, vuol dire che il suo compito è davvero svuotato. Non si può dire: buoni e cattivi saranno ugualmente accolti da Dio. O diciamolo pure, ma noi sulla terra non siamo Dio e abbiamo il compito di premiare i buoni e di punire i cattivi. Se a tanto la Chiesa non vuol provvedere vuol dire che è inadeguata a guidare gli uomini, che ha rinunciato a farlo in nome di generiche visioni, a causa di antistorici pentimenti, di una reductio dell’universalità, propria della Chiesa, ad una dimensione individuale, come se la Chiesa non fosse una grande istituzione, la civitas Dei sulla terra, ma una singola persona, che prega, si pente e si contrista. Ma la Chiesa non può pentirsi, pena la sua delegittimazione.
L’ambiguità più patente del ragionamento del Cardinal Martini è quell’invito al buon cristiano a rinunciare a tutto ciò che possiede, almeno interiormente. E che significa? Francesco d’Assisi non lo fece “almeno interiormente”. La rinuncia deve essere totale o non è. Sulla terra contano i comportamenti, le azioni. Non contano le intenzioni nascoste nel proprio animo. Non si può pensare una cosa e farne un’altra. Vorrei vedere un imprenditore, che ha a carico centinaia o migliaia di famiglie, che contribuisce alla vita economica del Paese, rinunciare interiormente a tutto ciò che ha. Tutto ciò che ha è frutto di intenzioni, di pensieri, di ambizioni. Non si può rinunciare al mondo mentre si è sul mondo. Ci sono paesi europei, dove politici e imprenditori sono di gran lunga più cristiani degli italiani, perché nel loro credo, spesso protestante, puritano o calvinista, legano le proprie azioni al successo del loro essere uomini pubblici e questo successo lo legano alla loro destinazione finale. La galera, tanto per capirci, o il fallimento sono già prove di insuccesso e dunque di perdizione. La gratificazione sociale, l’ingrandimento e l’arricchimento dell’azienda, costituiscono il successo, che è prova terrena di salvazione. E' su questa dicotomia, perdizione-salvazione, che si pone Dio.
Poco conta se queste credenze siano vere o false, frutto di timori o di speranze; quello che conta è che c’è gente che ci crede e coerentemente agisce ed opera. Sapere che alle proprie azioni, qualunque esse siano, non segue un premio o una pena è sul piano politico e sociale devastante.
Il Cardinal Martini insiste sul Vangelo, ma il Vangelo, inteso come lui lo intende, non è una guida verso Dio, dato che a Dio giungono tutti, con o senza Vangelo. Il Vangelo va osservato per come e per quel che serve sulla terra. Gli uomini, come diceva Kant la legge la devono avere dentro per osservarla; ma se dentro non ce l’hanno, allora è necessario che lo stato gliela fornisca dall’esterno, con tutti gli annessi e i connessi.

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