martedì 26 luglio 2011

Fini, il suicida parlante, si reincarna nel marchese del grillo

A nome del Terzo Polo – ha detto – propongo che si faccia un governo con tutte le opposizioni più la Lega, con la presidenza del consiglio da affidare a Maroni. Così parlò Fini. Sissignori, proprio lui: il suicida. Penosa sorte quella dei morti che vagano tra i vivi perché non hanno ancora trovato sepoltura. Retaggio classico. Con quanta pietas ne parla Virgilio! Con quanta pietas ne parliamo!
In nome di antiche pietose consuetudini quel Fini va seppellito.
Ma fuori da immagini evocative c’è che Fini sbava di rientrare in gioco. Nella sua fregoliana genialità spera di poterlo fare indifferentemente a sinistra come a destra; l’importante che non ci sia Berlusconi di mezzo. Al “che fai, me ne cacci?” ora vorrebbe aggiungere: vedi? son ritornato! Sarebbe il sogno della sua vita, il trionfo.
Ma la sua sortita, che una volta avrebbe avuto il sapore della balneazione, è caduta come una pietra in uno stagno, dove non ci sono neppure rane a gracidare. Neppure i suoi sodali, in nome dei quali dice di parlare, ci credono più di tanto. Spallucce a destra, a sinistra e al centro.
Certo, per uno abituato a cambiare idee come si cambiano i calzini, non fa specie sfregiarsi la faccia un’altra volta. Ormai il suo volto è solcato da tanti tagli che sembrano bocche spalancate. Ma come, non era lui che rimproverava a Berlusconi di essere succube della Lega? Non era lui che fino alla vigilia del suo fli-fli asseriva che lui era di destra, ma di una destra moderna ed europea? Ed ora, fa come l’eroe di Guido Gozzano, che sognava attrici e principesse e finiva nottetempo a farsi la servetta di casa.
E’ penoso che la politica italiana sia in mano a gentucola di nessun peso politico, arrampicatori ed arruffoni, a cui è andata fin troppo bene per fin troppi anni, tanto che si sono convinti che il popolo italiano è un popolo di coglioni, che seguono i loro pifferai a prescindere, come diceva il buon Totò. Certo, avere un partito, e poi un altro per ritrovarsi con un pugno di mosche, che peraltro volano via ad una ad una, dopo avergli solleticato la mano, non dev’essere una gran bella condizione. Essere stato un leader, un vice presidente del consiglio e ministro degli esteri e presidente della camera e non avere più prospettive è da suicidio. Già, ma Fini si è già suicidato.
E allora? Niente-niente medita di fare il grande salto, si agita, si confonde tra i suoi vecchi competitors, con la speranza che nella confusione nessuno lo noti e che si ritrovi con loro dall’altra parte. Sarebbe la sua reincarnazione; poi sa Dio a chi dare i guai!
Ma il problema della politica italiana sono proprio i frègoli e i trasformisti, come lui, che sono tanti, che sono i più, che si cambiano d’abito per continuare ad esser se stessi. Dopo Berlusconi – quando ci sarà un dopo – ci deve essere un governo che nulla ha a che fare con l’attuale. Questo significa alternanza. Il resto, quello immaginato da Fini, è continuanza, becera e truffaldina, vergognosa convinzione che il popolo si governa ingannandolo. Perché il popolo, per i tanti marchesi del grillo di questo Paese, deve continuare a non essere un cazzo.

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