sabato 25 maggio 2024
Brescia 1974: terroristi, fascisti e missini
Lunedì, 20 maggio, al Liceo Giulietta Banzi Bazoli di Lecce c’è stata una cerimonia di ricordo della strage di Brescia del 28 maggio 1974, a cinquant’anni dall’accaduto. Ero lì, invitato, ad ascoltare i vari interventi in un’Aula Magna, dove mancavano solo bandiere e sciarpe rosse, per connotarla politicamente. C’era il figlio dell’intitolataria Alfredo Bazoli, Senatore del Pd, il Sen. Giovanni Pellegrino del Pd, Benedetta Tobagi figlia di Walter vittima del terrorismo rosso, il direttore di “Quotidiano” Rosario Tornesello. Di questi ultimi due non so il colore politico, ma non credo di sbagliarmi se lo riconduco a qualche varietà di rosso, acceso o spento. Comunque sia, andiamo avanti. Giulietta Banzi Bazoli era un’insegnante di francese, morta nell’esplosione della bomba. Era chiamata “la rossa” perché salutava col pugno chiuso entrando in classe. Meriti pubblici? Nessuno di rilievo, all’infuori dell’essere morta in un attentato terroristico fatto da fascisti. “Giusta di glorie dispensiera è morte” diceva il Foscolo. Fate voi.
Mentre ascoltavo i vari interventi mi veniva di pensare all’egemonia culturale, di cui per anni si sono vantati i comunisti e di cui oggi i postmissini al governo vorrebbero vantarsi se mai giungessero a conseguirla. Con tutto il rispetto e il dispiacere personale non credo che ci riescano. Non sono i calepini di Giubilei e Giuli, che insieme non fanno un libro, a cambiare il vento della cultura. Intitolare un istituto così grande come il liceo scientifico di Lecce ad un personaggio che riporta immediatamente ad una parte è un investimento politico di eccezionale valore, che solamente chi dominava il mondo della cultura politica poteva ottenere. Tanto per capirci: c’era il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini del Pd, candidato alla riconferma alle imminenti elezioni, non c’era la sua antagonista Adriana Poli Bortone che raccoglie tutte le destre leccesi. Era una festa del Pd organizzata da un liceo pubblico, una struttura dello Stato. Tutto questo per loro, i di sinistra, è normale; l’anormalità per loro inizia dopo di loro. Chiedo scusa per l’abuso di loro, di lorsignori.
La mente mi riportò a quegli anni, terribili. Noi giovani missini eravamo sconcertati, arrabbiati. Lo sconcerto nasceva dal fatto che alcuni accusati di strage erano di Ordine Nuovo e di Avanguardia Nazionale, che con noi missini legalitari non c’entravano per nulla. Ci sentivamo accusati ingiustamente, anche perché delle bombe e di chi veramente le ideava e le faceva scoppiare nulla si sapeva, nulla di quel che poi si sarebbe saputo. Che cosa? Che a pianificarle erano personaggi dei poteri occulti, che ad eseguirle erano pezzi dello Stato che si servivano di giovani di destra fanatici che poi gli stessi proteggevano depistando. Nulla si sapeva della “guerra” che una parte della nazione faceva contro un’altra per far sì che l’Italia non scivolasse nell’orbita comunista, come Moro e compagni perseguivano. Certi attentati, come quello di Peteano, dove morirono tre carabinieri, fu opera dei terroristi di destra. Ma come? Ci chiedevamo. Com’era possibile che dei giovani di destra se la prendessero coi carabinieri e perché? Ci erano del tutto inimmagginabili i rapporti che c’erano tra alcuni terroristi di destra e rappresentanti dei servizi segreti e dei carabinieri, ora di collaborazione ora di scontro.
Le stragi che si susseguirono dal 1969 (Banca dell’Agricoltura a Milano) al 1980 (Stazione di Bologna) venivano attribuite senza dubbio alcuno ai fascisti, senza meglio specificarli. Ma gli unici fascisti che si potevano riconoscere pubblicamente erano i missini, che con le stragi non c’entravano. I dirigenti del partito proibivano perfino di usare il linguaggio della violenza, di pronunziare le parole bombe e stragi. Una sera a Lecce l’On. Sponziello si arrabbiò come lui non era abituato, per il suo noto aplomb, perché si discuteva sulla Federazione tra noi giovani di questi episodi. Si è andati avanti così finché non è venuta fuori, poco per volta, la verità. E cioè che a compiere le stragi allo scopo di destabilizzare il paese e creare le condizioni di un governo autoritario per frenare la deriva di sinistra era lo stesso Stato, almeno una parte di esso, quella più legata all’Occidente e alla Nato.
Mi ha colpito tra i tanti l’intervento di Benedetta Tobagi, la quale a momenti dava l’impressione che avrebbe preferito che ad ucciderle il padre fossero stati i neri e non i rossi, il cui ruolo nel terrorismo globale sembrava voler ridimensionare, affermando che il terrorismo rosso fu secondo a quello nero, dimenticando o non sapendo che quello rosso non era mai finito dalla Resistenza in poi.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento