sabato 11 maggio 2024
Colpevoli? No, sereni
C’è da trasecolare. Un cittadino perbene, rappresentante delle più alte istituzioni e di enti pubblici, viene dall’oggi al domani arrestato con accuse pesantissime, corroborate da intercettazioni inequivocabili, e come se ne esce? Sono sereno, confido nella magistratura. Come se a farlo arrestare non fosse stata la magistratura ma una banda di sequestratori.
Ma come si fa? Se un tale è davvero innocente ma viene arrestato, come minimo si dispera, si macera dentro, invoca il Padreterno e tutti i santi del paradiso, minaccia di uccidersi, se gli riesce lo fa. Come può essere sereno? Non si chiede perché? Non cerca di fare un esame del suo passato per vedere se ha commesso qualcosa di illecito, magari non volendo? No, la prima cosa che dice è che lui è sereno. Ormai è un ritornello. Salvo poi ad avvalersi della facoltà di non rispondere alle domande del giudice.
Nel corso di Tangentopoli ci furono suicidi. Alcuni eccellenti. Non so se erano colpevoli o innocenti. Bruciava il fatto che se avevano preso soldi lo avevano fatto per il partito e si sentivano fottere che a pagare fossero soltanto loro, mentre altri, non meno colpevoli, continuavano ad essere insospettabili. Il cruccio di Craxi e compagni fu proprio quello. E il senso del suo storico discorso alla Camera sulla correità resta il testo più importante di tutta la vicenda di Tangentopoli. Alcuni si suicidarono perché avevano ancora il senso della vergogna.
Io non dico che ogni arrestato per malversazione sia, ipso facto, colpevole, ma non capisco neppure perché si sente sereno. Forse perché ha saputo fare le “cose” così bene da sentirsi in una botte di ferro. Sa che non risulta da nessuna parte che è colpevole. Non ci sono prove. Come se dei ladri avessero rubato senza lasciare impronte digitali perché avevano indossato prima dei guanti di lattice. E i soldi che se li ritrovano sui loro conti come sono arrivati e perché? E che significa: mi devi dare una mano, c’è la campagna elettorale; dobbiamo ritrovarci per festeggiare l’avvenuto favore? Questi, a differenza dei mafiosi, che hanno tutto un loro modo di comunicare e hanno un lessico colorito, chiamano le cose col loro nome, non hanno la fantasia dei ladri del popolo. Ormai si rivendica perfino la tracotanza come forma di resistenza alla giustizia. A Genova come a Bari, in Piemonte come in Campania. Qui l’autonomia differenziata non attacca, qui sono tutti uguali come chiodi.
A Genova, al netto di ogni speculazione politica, sono state arrestate figure pubbliche importanti. I loro amici di partito o di coalizione fanno il tifo per loro: tenete duro. Non si può dimettere ogni indagato. Così si ferma il Paese. C’è da non credere. Una posizione del genere significa che coi tempi della giustizia italiana gli arrestati possono fare sonni tranquilli. Chissà quando arriveranno le sentenze! Nel frattempo i “sereni” tornano a fare le cose che hanno sempre fatto; al limite saranno i loro stessi amici politici a farli fuori prima ancora delle sentenze.
Il capo della Lega Salvini, che dirige un partito nato contro “Roma ladrona” e contro tutte le ruberie, oggi è contrario a che un indagato si dimetta. E che dire di Gasparri, che viene dal partito di Almirante, anche se trasbordato in Forza Italia, e che oggi è sulla linea di Salvini? Sono diventati tutti garantisti, impiccatori pentiti. Hanno dimenticato di aver agitato il cappio in Parlamento, di aver fatto grandinare monetine sulla testa di un Craxi incredulo e spaventato. E lasciamo stare quelli di Forza Italia, che si dicono garantisti da sempre: nascono dal Serenissimo.
Il popolo, chiamato a breve a votare, è sconcertato, non sa più che fare, non sa più a chi rivolgersi, è tentato di non votare. Ma che risolve? Tanto gli eletti, o hanno avuto mille voti o diecimila, sempre eletti sono e continuano a comportarsi allo stesso modo. Si dovrebbe fare una rivoluzione. Ma non si può, non ci sono le condizioni, non c’è la volontà. Le rivoluzioni non si fanno, sorgono quando è il momento. Allora non resta che votare, insistere a votare sempre per le persone che in quel momento ti sembrano più credibili, anche se sai, per esperienze pregresse, che posti nelle condizioni di poter rubare anche questi rubano come tutti gli altri, come sempre. L’appello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, fatto insieme agli omologhi Frank-Walter Steinmeier (Germania) e Alexander Van der Bellen (Austria), è importante. La democrazia è un sistema politico che si basa sul voto. Disattenderlo è darla vinta a tutti i “sereni”, siano o meno colpevoli.
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