sabato 29 aprile 2023

Il fascismo degli antifascisti e l'antifascismo dei fascisti

In un paese serio, ma forse sarebbe meglio dire utopico, non si parlerebbe più di fascismo e di antifascismo, diventati ormai da anni argomenti pretestuosi, da una parte per escludere, dall’altra per inserirsi. Fin dall’immediato dopoguerra apparve chiaro che l’antifascismo dominante non era solo quello di non avviare mai più provvedimenti che in qualche modo o misura aprissero al fascismo, ma anche quello di non concedere a quanti non si dichiaravano antifascisti la possibilità di accedere pienamente alla vita pubblica. Le due cose andavano di pari passo. La Costituzione è chiara, tutta improntata al liberalismo e alla democrazia, con un riferimento finale alle disposizioni transitorie contro qualsiasi tentativo di rifondare il già disciolto partito fascista. L’antifascismo come parola non figura nella Costituzione è vero, come dice il Presidente del Senato Ignazio La Russa, ma solo perché non c’era alcun bisogno di esplicitarlo. Chi finiva per restare fuori dalla legittimazione democratica e antifascista? Quanti avevano fatto parte dell’ultimo fascismo, quello della repubblica sociale, che fin dal 1946 si erano organizzati in partito, il Msi, e quelli che esprimevano giudizi positivi sul Ventennio. La condanna del fascismo doveva essere totale assoluta: il fascismo era stato male, punto e basta. Quelli che non stavano in questa regola erano dei paria, liberi è vero di esistere fisicamente ma impediti di fatto dal poter vivere pienamente la vita politica; erano come dei sopravvissuti in territorio nemico. Contro di essi una parte del variegato mondo antifascista, quella comunista in particolare, invocava addirittura lo scioglimento del loro partito e l’incarcerazione dei suoi iscritti. Nella vita quotidiana si traduceva in una sistematica esclusione da tutto. Per riprendere un abusato luogo comune del Ventennio, chi non aveva la tessera del partito fascista non aveva diritto neppure ad un posto di lavoro, ora chi non si professava antifascista non era degno neppure di partecipare ad una festa di partito in un piccolo comune della provincia italiana. Certe esperienze devi averle subite per capirle, altrimenti sembrano fandonie. Ma gli esclusi, i così considerati fascisti, erano perfino orgogliosi dell’esclusione e di rinunciare a dirsi “fascisti” non ci pensavano affatto, anzi non esitavano a bollare come traditore e voltagabbana chi, avendo capito bene l’antifona, si era piegato come un giunco sotto la piena e non aveva avuto problemi a dichiararsi antifascista. A ben riflettere la pretesa dell’abiura e della confessione dell’altro, seguita da ricatto, in democrazia o in dittatura, è fascismo, è quanto accade nei regimi dittatoriali dove si arriva all’assurdo di pretendere che un individuo si autoaccusi di crimini mai fatti. Dunque tra fascisti e antifascisti i più fascisti erano proprio gli antifascisti, non fosse altro perché essi detenevano il potere coercitorio e potevano usarlo. Da parte loro i fascisti, non i duri e puri ma gli accomodanti, consideravano l’antifascismo una specie di lasciapassare. Che cosa può essere mai? Enrico IV non esitò a dire che Parigi valeva bene una messa, salvo che poi fu ammazzato, ma questo non rientra nel nostro discorso. Successi e prebende, cariche pubbliche e favori valevano bene una professione di antifascismo. Ci furono casi ad ogni livello di soggetti che dal nulla che erano mentre si dicevano fascisti e stavano nel Msi divennero ministri e sottosegretari, presidenti e direttori dopo che si erano detti antifascisti e iscritti ad uno dei partiti di potere. Del resto i partiti del cosiddetto arco costituzionale avevano tutto l’interesse ad avere uomini loro ai posti di direzione e favorivano nei concorsi o nelle assunzioni dirette quei candidati che spiccavano soprattutto per antifascismo. Al centro non c’era la bella faccia di Tizio o di Caio ma la raccolta dei voti. In democrazia i voti hanno l’importanza che hanno i soldi nell’economia. L’ultima ondata di richiesta di abiura degli antifascisti ai fascisti, in ricorrenza del 25 aprile, pone al centro i voti. Nessuno lo dice, ma tutti lo sanno. Gli antifascisti vogliono che i fascisti abiurino per un duplice intento: far perdere loro quei pochi o tanti voti degli estremisti, i quali sdegnati priverebbero FdI di qualche centinaio di migliaia di voti, che in talune circostanze servirebbero a vincere, e mettere in crisi la loro identità, che in questo momento di incertezze e confusioni è un valore di notevole importanza. A questo safari sono interessati anche la Lega e Forza Italia, nella speranza che chi lasciasse FdI andasse poi in quei partiti, rimanendo nel centrodestra. Ecco perché in questi due partiti si sono precipati a far confessione di antifascismo. Potendola fare, peraltro, non essendo loro provenienti dal Msi.

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