sabato 1 aprile 2023

Cui prodest, La Russa?

L’ennesima gaffe dell’ennesimo La Russa. Parlando dell’attentato di via Rasella, di cui si è celebrato il ricordo qualche giorno fa, il 23 marzo, il Presidente del Senato nonché alto esponente di Fratelli d’Italia, se n’è uscito con una incredibile dichiarazione. Ha detto che quello fu un atto indegno perché quei poveri soldati tedeschi del “Bozen” morti nell’attentato, in gran parte anziani, erano dei suonatori della banda del reggimento, volendo dire che si trattava di persone innocue. Queste parole non potevano che essere il detonatore di una polemica che difatti è esplosa senza risparmio di tritolo parolaio. Si sono levati subito alti lai di disapprovazione e di sdegno da parte dei detentori ufficiali dei valori della resistenza e dell’antifascismo, piddini, grillini e sinistrini vari, moltiplicati dai media e dai social. Chi conosce l’ambiente – e La Russa lo conosce fin troppo bene – sa che una dichiarazione del genere avrebbe riaperto la questione sul fascismo e l’antifascismo della nuova classe di governo, attesa in ogni occasione per vedere che dice e come si comporta. Che Fratelli d’Italia sia la discendenza storica del Msi è cosa acclarata e non negabile. Ma si eccepisce sulla disponibilità dei suoi rappresentanti a riconoscere i valori dell’antifascismo, dato che la Repubblica Italiana è nata dalla Resistenza e la Costituzione è antifascista. Qualche giorno prima che La Russa desse fuoco alla paglia con le sue parole su via Rasella, era toccato a Giorgia Meloni dover dare spiegazioni su una sua dichiarazione “monca” sulle Fosse Ardeatine quando, piuttosto che dire che furono massacrati degli italiani perché antifascisti, disse che erano stati massacrati degli italiani per il solo fatto che erano italiani. E via per giorni, con cavilli e distinguo, un continua alla prossima puntata, giacché è improbabile che gli esponenti politici di destra, che sono al governo, ammettano pubblicamente di essersi convertiti al verbo antifascista. Qualunque cosa dicano per farsi “legittimare” – pretesa veramente obbrobriosa e ridicola allo stesso tempo – per gli incontentabili censori antifascisti non basta mai. Ci voleva altro – dicono – e poi altro ancora. La Russa ha sbagliato sia perché se n’è uscito, ancora una volta, con parole inappropriate, sia perché, essendo Presidente del Senato, dovrebbe parlare e comportarsi di conseguenza, ovvero dimostrare che anche un politico di destra, diversamente convinto di questioni fasciste e antifasciste, sa comportarsi come il ruolo gli impone, anteponendo le istituzioni a qualunque altra cosa e rispettando tutti i cittadini, anche quelli di parte avversa. Pertanto dovrebbe evitare di toccare argomenti sensibili. Ne guadagnerebbe anche la destra, come partito e come popolo che in essa si riconosce. Non dovrebbe essere difficile. A La Russa le parole non sono mai mancate. Sull’attentato di via Rasella e sul conseguente eccidio delle Fosse Ardeatine si sono pronunciati anche i tribunali: fu un atto di guerra, cui seguì un altro atto di guerra. Punto e basta. Se quelli di sinistra ne vogliono fare una questione infinita per lucrare consensi nel Paese, lo facciano pure, ma non devono trovare l’involontaria sponda proprio nella destra, che ha altra visione delle cose. Allora perché La Russa sparla di cose fasciste e antifasciste anche quando non c’è nessuna congiuntura che lo obblighi, forse a voler ricordare a tutti che l’essere giunto al potere non gli ha fatto cambiare idea? Veramente dobbiamo credere che lui rivendica di interpretare il ruolo diversamente da come richiede l’etichetta, che non vuole ridursi a fare il semaforo? È probabile. Tempo fa liquidò la faccenda del busto del Duce dicendo di averlo regalato alla sorella. Ha ridotto la condizione di avere un figlio gay a come avere un figlio tifoso di una squadra diversa dalla propria. Non pronuncia più il nome di Almirante come se il celebre segretario nazionale del Msi non fosse mai esistito. Tutto questo, probabilmente, per non “offendere” i soliti censori democratici e antifascisti. Ma, così facendo, non solo “offende” gli avversari ma anche irrita il suo ambiente politico, a cui non va giù lo svilimento della propria identità e della propria storia. A questo punto che gli costa fare il Presidente del Senato e lasciare da parte ogni altra ubbia? Se proprio non dovesse farcela, allora si porrebbe davvero l’ipotesi di dimissioni, perché non si può andare avanti trascurando le cose serie da farsi per chiacchiere di nessun costrutto e buone e utili solo agli avversari politici. I quali fingono di sdegnarsi e intanto gongolano nel mettere in difficoltà il governo.

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