domenica 27 luglio 2014

Il disastro israelo-palestinese, Papa Francesco e l'Europa


Sì, bisogna spararle grosse a volte per far passare un minimo di verità, come si fa al mercato: chiedi dieci per avere uno. Così faccio, ma aggiungo che l’informazione italiana è una poltiglia di luoghi comuni, di obbedienze, di conformismi, di un politicamente corretto da vanificare qualsiasi attendibilità: è la tribù dei pesci nell’acquario. Non lo dico per giustificarmi, ma per completezza d’informazione: in un simile mercato mediale, se si vuole veramente dire qualcosa di serio, di diverso, per informare e provocare dibattito, occorre essere politicamente scorretti, scandalizzare. 
Dove voglio andare a parare? Elemento catalizzatore del riaccendersi del conflitto israelo-palestinese è stato Papa Francesco. Papa Francesco? Sì, sì, proprio lui. Per soddisfare la sua mania di protagonismo politico qualche tempo fa, in visita in Medio Oriente, invitò i presidenti di Israele e della Palestina, Peres e Abu Mazen, a pregare insieme con lui per la pace a Roma. Nella “mia casa”, disse. E quelli, fessi-fessi [locuzione avverbiale], l’8 giugno scorso andarono davvero. Il quadretto dei tre, mostrato urbi et orbi dai massmedia di tutto il mondo, commovente al massimo grado della resistenza emotiva, ce lo ricordiamo ancora. Una cartolina illustrata!
Non c’è dubbio che si trattò di una iniziativa motivata da buone intenzioni, anzi da ottime; ma, come accade spesso, con le buone intenzioni si arriva diritti-diritti all’inferno. E difatti, di lì a pochi giorni, fu effettuato il rapimento da parte di Hamas, il braccio armato dei palestinesi, di tre ragazzi israeliani, poi trovati uccisi, e qualche giorno dopo il rapimento di un ragazzo palestinese da parte di israeliani poi trovato, anche questo, regolarmente ucciso. Tanto è bastato per riaprire il conflitto, che senza preghiere e pie intenzioni sopiva da tempo, dalla tregua firmata nel novembre 2012.  Un’improvvida iniziativa mirata alla pace ha  così scatenato puntualmente la guerra.
E’ di tutta evidenza che l’idillio del Vaticano non è piaciuto ad Hamas, non solo perché avvenuto sotto l’egida della croce e non della mezza luna, ma perché si trattava di una pace fondata sulla sottomissione della Palestina ad Israele, come da anni avviene. Era necessario perciò vanificare il gesto, in sé e per sé buono, per ricordare che la Palestina non si piegherà mai alla situazione quale quella preghiera di pace voleva consacrare.
Papa Francesco ha dimostrato ancora una volta una sprovvedutezza politica da apprendista stregone. E’ necessario che d’ora in poi venga fermato prima che combini altri guai.  Non basta, infatti, essere animati da buone intenzioni, peraltro mai messe in discussione. Figurarsi, ormai è da quasi due secoli che i papi predicano la pace tra i popoli e prendono le distanze dai paesi belligeranti. Occorre anche sapersi muovere con accortezza politica, prevedendo ogni possibile conseguenza, con realismo. Che non è peccato mortale, anzi! Un gesto, una volta compiuto, non è più tuo. Tu l’hai fatto per il bene, ma la realtà degli altri e delle cose lo trasforma in male.
Ma è di ancor più accecante evidenza che i due leader, Peres e Abu Mazen, soprattutto quest’ultimo, non dovevano accettare l’invito del Papa. Sapevano benissimo che l’incontro e la preghiera non erano graditi ad Hamas, che altro non aspettava per riprendere le cieche ostilità contro Israele. Cieche perché Hamas non può illudersi di vincere contro Israele, il suo vero obiettivo è di far deflagrare l’intera area mediorientale. 
Ancora più grave in questo nuovo pericolo dagli sviluppi imprevedibili è la latitanza dell’Europa. Qui assistiamo ad una situazione paradossale. S’avvera il proverbio che quanti più sagrestani ci sono più la chiesa rimane incustodita. I singoli stati europei tacciono o quasi perché ormai hanno perso parte di sovranità e soprattutto di credibilità in favore di un’Europa, che però non ha una politica estera comune. Il solo – per quello che vale – a pronunciare qualche parola di allarme per le conseguenze del conflitto in Terrasanta è stato il Presidente Napolitano, qualche ora dopo il riaccendersi della miccia. Nessuno si meraviglia che sia stato proprio lui, l’unico ormai in Europa che dall’alto dei suoi quasi novant’anni gode di un’altezza politica tale che gli consente di vedere quello che gli altri non vedono, non possono o non sanno vedere.
Quanto al governo italiano, è silente. Come possa aspirare ad occupare il cosiddetto Pesc (Ministero degli Esteri Europeo) la nostra Mogherini non si capisce. Tace di fronte ai fatti dell’Ucraina, tace di fronte ai fatti di Terrasanta. Tace! Eppure, come accade per tutti i ministri femmine di questo governo di “mirabilia”, sembra essere un portento, a detta dei basso-medio-altoparlanti di Renzi.
Di fronte al rischio che l’ennesimo conflitto arabo-israeliano possa incendiare il Mediterraneo non si può non essere preoccupati e partecipi. Diciamo cose ovvie, ma vanno ripetute. Non c’è chi in Italia non abbia in simpatia la causa palestinese, memore del nostro Risorgimento; ma occorre anche essere concreti e se occorre anche cinici: Israele è un Paese che appartiene alla cultura occidentale, è un baluardo di democrazia in un’area in cui regna sovrana una cultura di inquieti fanatici che mettono a repentaglio continuamente la pace mondiale, non per bisogni concreti ma per fisime ideologiche.

Ecco perché la prospettiva più attendibile resta la nascita di uno Stato palestinese del tutto sovrano, come tanti altri ne esistono nella zona; uno Stato che riconosca gli altri senza coltivare mire antisemite. E’ necessario che la striscia di Gaza diventi lo Stato di Gaza. L’Europa in questa prospettiva potrebbe finalmente impegnarsi a fondo, senza doppi giochi e calcoli, che finora hanno solo dimostrato di essere dei palliativi di breve durata.

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