domenica 22 giugno 2014

Renzi, perché tutti lo cercano, perché tutti lo vogliono


Non v’è dubbio alcuno che la crisi delle ideologie, la fine dei partiti e la perdita dei profili culturali di destra e di sinistra, nella confusione politica che ne è seguita hanno disorientato tutti, politici e analisti, anche quelli più attrezzati, i quali non hanno più punti di riferimento e si regolano come quegli artigiani che sprovvisti di metro valutano all’incirca. A volte, però, qualcuno pretende di essere preciso.
Angelo Panebianco sul “Corriere della Sera” di domenica, 15 giugno, è riuscito a ripetere due volte, in un breve editoriale, “Ma decidere non è una colpa”, che Matteo Renzi è «indiscutibilmente uomo di sinistra», «indubbiamente uomo di sinistra»; e lo ha dimostrato – dice Panebianco – con la redistribuzione dalla classe media ai ceti meno abbienti (gli ottanta euro) e con l’immigrazione.
Ma proprio su questi due temi c’è da discutere circa l’orientamento di Renzi. A mio avviso non è né di destra né di sinistra, è un qualunquista, anzi un neoqualunquista, dice e fa quello che all’istante gli torna comodo e utile. O Franza o Spagna finché si guadagna, correggendo un vecchio detto popolare.
Conferma questa mia opinione l’economista italo-americana Mariana Mazzucato, docente all’Università inglese di Sussex, autrice del recentissimo saggio “Lo Stato innovatore”, la quale, in un confronto col collega italiano Francesco Giavazzi, a “Otto e Mezzo” di Lilly Gruber, alla domanda se Renzi è un liberista o un socialdemocratico ha risposto che è un po’ dell’uno e un po’ dell’altro (16 giugno 2014).
Dispiace che un analista politico come Panebianco non abbia capito – o si sta convertendo? – che Matteo Renzi è solo un pragmatico furbacchione. Con gli ottanta euro, che non sono andati proprio ai morti di fame, a quelli cioè che percepiscono poco più di 500 euro di pensione al mese, ma a chi ha un reddito mensile sotto i 1.500 euro, Renzi ha compiuto il miracolo di avere il 40,8 % dei votanti, che lo stesso Panebianco su “Sette”, il settimanale del “Corriere della Sera” del 13 giugno, suggeriva di leggerlo con maggiore correttezza politica (“L’Italia impari a dare i numeri. Giusti”). Renzi si è comportato come l’ultimo discepolo di Achille Lauro, pur senza averlo mai avuto per maestro. Quanto all’immigrazione, Renzi è sulla scia di Prodi, Monti e Letta: vuole farsi “bello” agli occhi dell’Europa. Per carità, tutto legittimo, ma dedurre che da questi provvedimenti si vede che è un uomo «indiscutibilmente di sinistra» ne passa. 
Lo stesso Renzi, qualche tempo fa, nella prefazione al riedito libretto di Norberto Bobbio sull’essere di destra o di sinistra, ha scritto che oggi non ha alcun senso porsi simili differenziazioni, l’unica essendo oggi tra essere veloci o lenti.
Gli analisti sono costretti a prendere atto che oggi la realtà politica è avvolta da una cortina di fumo che impedisce qualsiasi distinzione e obbliga di navigare a vista. Al buio, che le vacche siano tante o sia una, non fa differenza alcuna, come non fa differenza il colore. Renzi oggi è di fatto il dominus della politica italiana proprio perché è stata azzerata la rosa dei venti. La vera meraviglia – starei per dire scandalo – è proprio questa: pur senza “occhi” vede benissimo al buio. Inutile ripetere tutte le ragioni di questo strano fenomeno: ne basta una: è espressione di un’operazione che con la democrazia tradizionale non ha niente a che fare. Nessuno ha un motivo, che sia uno, per avversarlo. Lo stesso Berlusconi ha fatto la campagna elettorale in suo favore, ostentando una paura esagerata che potesse vincere Grillo; e  lo stesso Grillo oggi bussa alla porta di Renzi, insieme alla Lega. Renzi, da quel “bombardino” che è (a Firenze chiamano così chi le spara grosse), mena vanto e dice: alcune settimane fa tutti mi trattavano come se avessi la peste, oggi tutti mi cercano e tutti mi vogliono.
Ma è lecito chiedersi: lo cercano e lo vogliono convinti della sua bontà o è solo un cambiamento di tattica? Come dire: visto e considerato che a fronteggiarlo non si busca niente, tanto vale farselo amico. O è vera la terza: hanno trovato il “fesso” da mettere alle stanghe.
I conti, evidentemente, se li sono fatti tutti male. Renzi vuole fare le riforme, ma come le vuole lui. Tanto di guadagnato se sono condivise dagli altri. In caso contrario, li mette alla porta tra insulti e sberleffi.
Sarà pure vero quello che gli ha detto Corradino Mineo, che si comporta come un autistico – e chissà che una qualche percentuale di autismo non ci sia davvero in lui – ma ciò non significa che non sia in grado di infliggere a tutti mortificazioni su mortificazioni. Finora gli è riuscito bene.  Mozart, secondo una certa tradizione, ripresa dal celebre film di Milos Forman, sembrava un mezzo idiota; ma quello che produsse nella sua breve esistenza è quanto di più geniale potesse creare un musicista. I politici italiani sono come Salieri: odiano il loro Mozart-Renzi, ma non possono non stargli dietro. Sperano di poter avere una parte nella scrittura della riforma elettorale, che potrebbe essere per il sistema e per alcuni dei suoi protagonisti una vera e propria messa da requiem.

In simile incerta situazione risulta davvero difficile per osservatori e analisti orientarsi nelle valutazioni e vedere in che direzione possano andare le nuove forme di organizzazione della competizione politica, legate evidentemente alla mamma di tutte le riforme. Appunto, quella elettorale.   

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