Non v’è dubbio alcuno che la
crisi delle ideologie, la fine dei partiti e la perdita dei profili culturali
di destra e di sinistra, nella confusione politica che ne è seguita hanno
disorientato tutti, politici e analisti, anche quelli più attrezzati, i quali
non hanno più punti di riferimento e si regolano come quegli artigiani che
sprovvisti di metro valutano all’incirca. A volte, però, qualcuno pretende di
essere preciso.
Angelo Panebianco sul “Corriere
della Sera” di domenica, 15 giugno, è riuscito a ripetere due volte, in un
breve editoriale, “Ma decidere non è una colpa”, che Matteo Renzi è
«indiscutibilmente uomo di sinistra», «indubbiamente uomo di sinistra»; e lo ha
dimostrato – dice Panebianco – con la redistribuzione dalla classe media ai
ceti meno abbienti (gli ottanta euro) e con l’immigrazione.
Ma proprio su questi due temi c’è
da discutere circa l’orientamento di Renzi. A mio avviso non è né di destra né
di sinistra, è un qualunquista, anzi un neoqualunquista, dice e fa quello che
all’istante gli torna comodo e utile. O Franza o Spagna finché si guadagna,
correggendo un vecchio detto popolare.
Conferma questa mia opinione
l’economista italo-americana Mariana Mazzucato, docente all’Università inglese
di Sussex, autrice del recentissimo saggio “Lo Stato innovatore”, la quale, in
un confronto col collega italiano Francesco Giavazzi, a “Otto e Mezzo” di Lilly
Gruber, alla domanda se Renzi è un liberista o un socialdemocratico ha risposto
che è un po’ dell’uno e un po’ dell’altro (16 giugno 2014).
Dispiace che un analista politico
come Panebianco non abbia capito – o si sta convertendo? – che Matteo Renzi è
solo un pragmatico furbacchione. Con gli ottanta euro, che non sono andati
proprio ai morti di fame, a quelli cioè che percepiscono poco più di 500 euro
di pensione al mese, ma a chi ha un reddito mensile sotto i 1.500 euro, Renzi
ha compiuto il miracolo di avere il 40,8 % dei votanti, che lo stesso
Panebianco su “Sette”, il settimanale del “Corriere della Sera” del 13 giugno,
suggeriva di leggerlo con maggiore correttezza politica (“L’Italia impari a
dare i numeri. Giusti”). Renzi si è comportato come l’ultimo discepolo di
Achille Lauro, pur senza averlo mai avuto per maestro. Quanto all’immigrazione,
Renzi è sulla scia di Prodi, Monti e Letta: vuole farsi “bello” agli occhi
dell’Europa. Per carità, tutto legittimo, ma dedurre che da questi
provvedimenti si vede che è un uomo «indiscutibilmente di sinistra» ne passa.
Lo stesso Renzi, qualche tempo
fa, nella prefazione al riedito libretto di Norberto Bobbio sull’essere di
destra o di sinistra, ha scritto che oggi non ha alcun senso porsi simili
differenziazioni, l’unica essendo oggi tra essere veloci o lenti.
Gli analisti sono costretti a
prendere atto che oggi la realtà politica è avvolta da una cortina di fumo che
impedisce qualsiasi distinzione e obbliga di navigare a vista. Al buio, che le
vacche siano tante o sia una, non fa differenza alcuna, come non fa differenza
il colore. Renzi oggi è di fatto il dominus
della politica italiana proprio perché è stata azzerata la rosa dei venti. La
vera meraviglia – starei per dire scandalo – è proprio questa: pur senza
“occhi” vede benissimo al buio. Inutile ripetere tutte le ragioni di questo
strano fenomeno: ne basta una: è espressione di un’operazione che con la
democrazia tradizionale non ha niente a che fare. Nessuno ha un motivo, che sia
uno, per avversarlo. Lo stesso Berlusconi ha fatto la campagna elettorale in
suo favore, ostentando una paura esagerata che potesse vincere Grillo; e lo stesso Grillo oggi bussa alla porta di
Renzi, insieme alla Lega. Renzi, da quel “bombardino” che è (a Firenze chiamano
così chi le spara grosse), mena vanto e dice: alcune settimane fa tutti mi trattavano
come se avessi la peste, oggi tutti mi cercano e tutti mi vogliono.
Ma è lecito chiedersi: lo cercano
e lo vogliono convinti della sua bontà o è solo un cambiamento di tattica? Come
dire: visto e considerato che a fronteggiarlo non si busca niente, tanto vale
farselo amico. O è vera la terza: hanno trovato il “fesso” da mettere alle
stanghe.
I conti, evidentemente, se li
sono fatti tutti male. Renzi vuole fare le riforme, ma come le vuole lui. Tanto
di guadagnato se sono condivise dagli altri. In caso contrario, li mette alla
porta tra insulti e sberleffi.
Sarà pure vero quello che gli ha
detto Corradino Mineo, che si comporta come un autistico – e chissà che una
qualche percentuale di autismo non ci sia davvero in lui – ma ciò non significa
che non sia in grado di infliggere a tutti mortificazioni su mortificazioni.
Finora gli è riuscito bene. Mozart,
secondo una certa tradizione, ripresa dal celebre film di Milos Forman,
sembrava un mezzo idiota; ma quello che produsse nella sua breve esistenza è
quanto di più geniale potesse creare un musicista. I politici italiani sono
come Salieri: odiano il loro Mozart-Renzi, ma non possono non stargli dietro.
Sperano di poter avere una parte nella scrittura della riforma elettorale, che
potrebbe essere per il sistema e per alcuni dei suoi protagonisti una vera e
propria messa da requiem.
In simile incerta situazione
risulta davvero difficile per osservatori e analisti orientarsi nelle
valutazioni e vedere in che direzione possano andare le nuove forme di organizzazione
della competizione politica, legate evidentemente alla mamma di tutte le
riforme. Appunto, quella elettorale.
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