Gli ultimi due papi, Benedetto
XVI e Francesco I, hanno posto alla chiesa cattolica una serie di problemi non
di poco conto. Probabilmente gli storici di là da venire registreranno radicali
cambiamenti nella nostra epoca, che noi avvertiamo soltanto come timori o
speranze, a seconda dei punti di vista.
L’11 febbraio 2013 Benedetto XVI
rinunciò al soglio pontificio e, benché qualcosa l’avesse fatta trapelare da
tempo, il suo gesto colse il mondo di sorpresa; non così il Vaticano, in cui
chi doveva sapere sapeva. Vedemmo tutti in televisione le gerarchie che
ascoltavano la lettura delle dimissioni
papali come se stessero ascoltando un banalissimo Pater noster. Sapevano, sapevano!
Il primo problema è: Benedetto
XVI rinunciò sua sponte o fu indotto
o costretto? Porre la questione non significa di per sé essere favorevoli o
contrari ad una di queste ipotesi. Chi è aduso a trattar di storia la questione
se la deve porre, mettendo da parte le categorie politiche dell’immediato e
ragionando sulla base di consuetudini millenarie e di testi non smentibili.
Agostino, a cui non andava giù l’accusa al cristianesimo di essere stato causa
della decadenza dell’impero romano la metteva sul generale e sosteneva che ogni
forma di civitas terrena prima o poi
rovina perché si discosta dal modello della Civitas
Dei. Per questo la chiesa cristiana
conforma la sua civitas a quella
celeste: un solo Papa nella terrena perché un solo Dio nella celeste. Come Dio
non può abbandonare, così neppure il Papa può. Si tratta di “verità”
indiscutibili. Ma il Papa, in quanto uomo, può essere indotto o costretto a
lasciare e dare l’impressione di averlo fatto spontaneamente e per il bene
della Chiesa. Si dice per un verso che Benedetto XVI fosse vecchio, stanco,
malato, deluso, incapace di far fronte ai tanti impegni e che perciò pensò bene
di lasciare, per un altro che col suo gesto rivoluzionario ha compiuto la
riforma iniziata da Paolo VI di svecchiamento della gerarchia ecclesiastica
mettendo un limite di età: 75 anni ai vescovi, 80 ai cardinali, ad libitum il Papa. Paolo VI, infatti,
introdusse l’ipotesi dimissioni papali nel diritto canonico.
Ma il Papa, benché pure vescovo e
cardinale, è il Papa, è ciò che nessun altro è, per il quale non valgono le
leggi che invece valgono per gli altri. Il Papa che lascia perché fisicamente o
mentalmente incapace vuol dire che non ha una curia all’altezza della
situazione per continuare la missione pastorale, che a volte anzi è riottosa e
infedele. Chi insiste nell’incapacità di Benedetto XVI dichiara incapace la
stessa Chiesa e per ragioni ben più gravi dell’insufficienza fisica o mentale
del Papa.
Il secondo problema che si sta
ponendo da qualche tempo, non si sa per ora quanto collegabile all’esercizio
pontificio di Francesco I, è quale ruolo ha oggi nel Vaticano Benedetto XVI. Si
sa che il Papa argentino non gode, dentro e fuori del Vaticano, degli
entusiasmi coltivati ed esibiti dai mass media, per via di certi suoi
comportamenti e di certe sue affermazioni. Se i progressisti ridono, i
conservatori si preoccupano. «Dicono che io sia comunista – ha affermato di
recente – ma io sto solo col Vangelo». Una risposta non innocente, perché non
si può pensare che così dicendo non si sia reso conto di aver equiparato
comunismo e Vangelo. Non a caso il comunista, marxista-leninista, ateo e
materialista Dario Fo – così si pregia di qualificarsi – grida a pie’ sospinto
che questo Papa è straordinario e affettuosamente lo chiama, come l’altro Francesco,
lu Santu Jullare.
La scelta di campo del Papa ha
aperto nella chiesa cattolica un fronte che diventa sempre più ampio. Ci si
chiede: ma se il Papa rifiuta e combatte una società in cui ci sono i ricchi e
ci sono i poveri, vorrebbe forse una società di soli poveri o una società di
soli ricchi? La risposta è banale: il Papa dovrebbe non volere, ma prendere
atto che la società è fatta di ricchi e di poveri e che i problemi degli uni e
degli altri vengono affrontati in altra sede, con altri soggetti e con altri
strumenti. Il Papa dovrebbe limitarsi a mitigare le sofferenze, quali esse
siano e a chiunque toccassero. Invece Francesco I sembra preso da un delirio di
onniscienza, mascherata da comportamenti umili e francescani. E meno male che,
dopo un goffo iniziale tentativo di fare perfino l’esorcista, ha messo da parte
il confronto diretto con Satana. Di
recente si è proposto come mediatore tra israeliani e palestinesi. Muore
dall’esibirsi!
Sta di fatto che sarebbe questa
la tesi che una parte del mondo cattolico vorrebbe far passare. Il punto di
domanda è: per quale ragione? Rassicurare i fedeli che non si riconoscono nel
progressismo di Francesco I, con ciò tenendo unita la Chiesa ? O avvisare
Francesco I che c’è un’altra Chiesa, quella di Benedetto XVI, che in questa
fase prega e soffre?
A corollario di simile poco
appassionante questione c’è che la
Chiesa rischia davvero con questi ultimi due papi di cadere
nel disordine. Di recente, infatti, Papa Francesco non ha escluso che ci
possano essere altri papi emeriti. A questo punto il Vaticano rischia davvero
di trasformarsi in una sorta di Confraternita degli Emeriti, un ordine composto
di papi in pensione.
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