L’attrito Fitto-Berlusconi data
almeno da quando, dopo l’uscita dal Pdl di Alfano e compagni, piuttosto che
scegliere Fitto a coordinare il partito a livello nazionale, scelta che era
nelle cose per come erano maturate, Berlusconi scelse un certo Giovanni Toti,
mascherandolo da consigliere personale. La scelta non fu felice, non tanto per
la persona in sé, sulla quale comunque ci sarebbe da dire, quanto per il fatto
che ad un politico navigato e importante, come Raffaele Fitto, Berlusconi avesse
preferito ancora una volta, more solito,
tirar fuori un altro coniglio dal cilindro, un altro senza quid. Una «decalcomania» ha detto Ernesto Galli Della Loggia (Corsera
del 28 maggio). Solo per dire ancora: qui comando io. Ma il suo “qui comando
io” aveva fatto omicidi del calibro di Casini, di Fini, di Alfano, stroncando
ogni prospettiva di ricambio nel centro-destra. Fitto rischiava di fare la
stessa fine.
Ma l’ex governatore della Puglia
ed ex ministro della Repubblica non è tipo da farsi infilzare, per non dire che
è più vecchio all’arte dello stesso Berlusconi. Appartiene ad una terra tanto
ricca di caratteri, di cultura e di storia da avvertire il pericolo per tempo e
per tempo trovare il modo per proseguire. Lealtà a Berlusconi, dunque, riconoscendolo
leader indiscusso di Forza Italia. Che fosse un attestato furbesco, il suo, o
una realistica presa d’atto, il comportamento di Fitto nella circostanza risultava
saggio e realista.
Il risultato ottenuto alle Europee lo ha premiato, dimostrando di
essere uno dei più forti leader della destra moderata italiana. I suoi “nemici”
dicono che non sa parlare al Nord. Chiacchiere! Lo stesso si potrebbe dire di
molti leader settentrionali, e non solo di Forza Italia, che non sanno parlare
al Sud.
Ora Fitto sarebbe entrato in
rotta di collisione con Berlusconi, ovvero coi suoi metodi dispotici di
nominare i dirigenti del partito per prolungare la sua leadership. Fitto chiede
primarie e chiede che i lavori dell'Ufficio di Presidenza si svolgano in
streaming, ossia in pubblico. Cose normali, tanto normali che viene di dire:
perché chiederle, non dovrebbero svolgersi così? Invece no. Secondo i
commentatori politici dei grandi giornali circa il 75 % di quelli che contano
oggi in Forza Italia è attestato sulle posizioni della trincea di Berlusconi e vuole
che continui a comandare lui e come vuole lui.
I motivi di tanta ostinatezza
sono i soliti: ci sono le elezioni, che potrebbero svolgersi a breve; non si fa
così solo perché si è ottenuto un buon risultato elettorale; ci sono priorità
come il ricompattamento del centro-destra e via di seguito con l’aggiunta anche
di qualche “veleno”, come l’accusa a Fitto di voler spaccare il partito. Fitto per
ora tiene duro; non sarebbe contro Berlusconi, sarebbe contro quelli che dietro
Berlusconi si mettono per meglio difendere le proprie personali posizioni.
Che Raffaele Fitto abbia ragione
non c’è alcun dubbio, posto che abbia un senso aver ragione in politica. In
questo campo, infatti, conta l’utile, ossia il risultato più premiante, torto o
ragione che si abbia. Se è vero che con lui, come dicono i giornali, c’è appena
il 25 % dei dirigenti del partito, sarebbe sconveniente porsi nelle condizioni
o di dover fare marcia indietro o di essere bastonato. In politica è sbagliato
porre condizioni, specialmente quando si è in minoranza, salvo che uno non
abbia deciso di rompere.
Fitto dovrebbe prima di tutto
resistere nel partito, senza porre condizioni che poi non fosse in grado di
ottenere; in secondo luogo non dovrebbe assecondare i giornali che esasperano ed
enfatizzano il confronto parlando di scontri, di rotture, di disastri e di
iperboli varie. Se ha agito prudentemente quando era “debole” – si fa per dire
– ora che è “forte” dovrebbe agire altrettanto prudentemente; se no il
risultato sarebbe paradossale: avrebbe ottenuto più dalla “debolezza” che dalla
“forza”. E’ una regola antica, sempre rinnovata: mai abbattersi nella trista
condizione, mai esaltarsi nella felice.
Berlusconi – come appare evidente
anche ai ciechi della politica – ha tradito, ha giocato l’ultima partita
elettorale a perdere, ha sconcertato il suo elettorato e spaventato gli
italiani, gridando al lupo! al lupo! e offrendo a Renzi la vittoria su un
piatto d’argento. Che in questo suo comportamento ci fosse la personalizzazione
patologica del suo far politica, è certo: non vede altro dal se stesso. E pare
che così voglia fare fino alla morte, s’intende politica. Come il Mazzarò
verghiano colpisce il suo partito e grida: roba mia, vientene con me! E quei
fessi che gli stanno accanto non l’hanno capito!
La partita di Fitto è difficile. Purtroppo non solo di Fitto. Dopo il
riflusso di alcuni uomini importanti del centro-sinistra, come Emiliano e
Vendola, sarebbe veramente una iattura se il Sud e Parole chiave: Fitto, Berlusconi, Forza Italia, Europee
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