lunedì 2 giugno 2014

Fitto ha ragione, ma non sempre la ragione paga


L’attrito Fitto-Berlusconi data almeno da quando, dopo l’uscita dal Pdl di Alfano e compagni, piuttosto che scegliere Fitto a coordinare il partito a livello nazionale, scelta che era nelle cose per come erano maturate, Berlusconi scelse un certo Giovanni Toti, mascherandolo da consigliere personale. La scelta non fu felice, non tanto per la persona in sé, sulla quale comunque ci sarebbe da dire, quanto per il fatto che ad un politico navigato e importante, come Raffaele Fitto, Berlusconi avesse preferito ancora una volta, more solito, tirar fuori un altro coniglio dal cilindro, un altro senza quid. Una «decalcomania» ha detto Ernesto Galli Della Loggia (Corsera del 28 maggio). Solo per dire ancora: qui comando io. Ma il suo “qui comando io” aveva fatto omicidi del calibro di Casini, di Fini, di Alfano, stroncando ogni prospettiva di ricambio nel centro-destra. Fitto rischiava di fare la stessa fine.
Ma l’ex governatore della Puglia ed ex ministro della Repubblica non è tipo da farsi infilzare, per non dire che è più vecchio all’arte dello stesso Berlusconi. Appartiene ad una terra tanto ricca di caratteri, di cultura e di storia da avvertire il pericolo per tempo e per tempo trovare il modo per proseguire. Lealtà a Berlusconi, dunque, riconoscendolo leader indiscusso di Forza Italia. Che fosse un attestato furbesco, il suo, o una realistica presa d’atto, il comportamento di Fitto nella circostanza risultava saggio e realista.
Il risultato ottenuto alle Europee lo ha premiato, dimostrando di essere uno dei più forti leader della destra moderata italiana. I suoi “nemici” dicono che non sa parlare al Nord. Chiacchiere! Lo stesso si potrebbe dire di molti leader settentrionali, e non solo di Forza Italia, che non sanno parlare al Sud.
Ora Fitto sarebbe entrato in rotta di collisione con Berlusconi, ovvero coi suoi metodi dispotici di nominare i dirigenti del partito per prolungare la sua leadership. Fitto chiede primarie e chiede che i lavori dell'Ufficio di Presidenza si svolgano in streaming, ossia in pubblico. Cose normali, tanto normali che viene di dire: perché chiederle, non dovrebbero svolgersi così? Invece no. Secondo i commentatori politici dei grandi giornali circa il 75 % di quelli che contano oggi in Forza Italia è attestato sulle posizioni della trincea di Berlusconi e vuole che continui a comandare lui e come vuole lui.
I motivi di tanta ostinatezza sono i soliti: ci sono le elezioni, che potrebbero svolgersi a breve; non si fa così solo perché si è ottenuto un buon risultato elettorale; ci sono priorità come il ricompattamento del centro-destra e via di seguito con l’aggiunta anche di qualche “veleno”, come l’accusa a Fitto di voler spaccare il partito. Fitto per ora tiene duro; non sarebbe contro Berlusconi, sarebbe contro quelli che dietro Berlusconi si mettono per meglio difendere le proprie personali posizioni.
Che Raffaele Fitto abbia ragione non c’è alcun dubbio, posto che abbia un senso aver ragione in politica. In questo campo, infatti, conta l’utile, ossia il risultato più premiante, torto o ragione che si abbia. Se è vero che con lui, come dicono i giornali, c’è appena il 25 % dei dirigenti del partito, sarebbe sconveniente porsi nelle condizioni o di dover fare marcia indietro o di essere bastonato. In politica è sbagliato porre condizioni, specialmente quando si è in minoranza, salvo che uno non abbia deciso di rompere.
Fitto dovrebbe prima di tutto resistere nel partito, senza porre condizioni che poi non fosse in grado di ottenere; in secondo luogo non dovrebbe assecondare i giornali che esasperano ed enfatizzano il confronto parlando di scontri, di rotture, di disastri e di iperboli varie. Se ha agito prudentemente quando era “debole” – si fa per dire – ora che è “forte” dovrebbe agire altrettanto prudentemente; se no il risultato sarebbe paradossale: avrebbe ottenuto più dalla “debolezza” che dalla “forza”. E’ una regola antica, sempre rinnovata: mai abbattersi nella trista condizione, mai esaltarsi nella felice.
Berlusconi – come appare evidente anche ai ciechi della politica – ha tradito, ha giocato l’ultima partita elettorale a perdere, ha sconcertato il suo elettorato e spaventato gli italiani, gridando al lupo! al lupo! e offrendo a Renzi la vittoria su un piatto d’argento. Che in questo suo comportamento ci fosse la personalizzazione patologica del suo far politica, è certo: non vede altro dal se stesso. E pare che così voglia fare fino alla morte, s’intende politica. Come il Mazzarò verghiano colpisce il suo partito e grida: roba mia, vientene con me! E quei fessi che gli stanno accanto non l’hanno capito!
La partita di Fitto è difficile. Purtroppo non solo di Fitto. Dopo il riflusso di alcuni uomini importanti del centro-sinistra, come Emiliano e Vendola, sarebbe veramente una iattura se il Sud e la Puglia in particolare dovessero perdere un altro politico di spessore. Rischiamo di non avere più rappresentanza. Ovvio, quella vera!

Parole chiave: Fitto, Berlusconi, Forza Italia, Europee

Nessun commento:

Posta un commento