Ciò che sorprende in tutta la
vicenda della decadenza da senatore di Berlusconi è che nessuno, dentro e fuori
il parlamento e il governo, ha riflettuto sul fatto che i rappresentanti del
popolo, dalle elezioni del 2006 alle ultime del febbraio 2013, in quanto
espressione di un sistema elettorale incostituzionale – presto
l’incostituzionalità la ufficializzerà anche la Consulta – vivono e
operano in condizioni di illegittimità sostanziale. Perfino il Presidente della
Repubblica Napolitano, per il secondo mandato ricevuto, è espressione di
un’assemblea illegittima in radice. Ergo: è un Presidente illegittimo! Ben
inteso, questa legge è stata considerata incostituzionale solo dopo che non ha
dato gli esiti di governabilità attesi, aspetto che attiene la politica non già
il principio. Vedremo quali spiegazioni di merito darà la Consulta.
Questa situazione, assurda in
qualsiasi altro paese europeo o dell’occidente moderno, qui in Italia è
normale, anzi normalissima. E’ così normale che nessuno ci pensa, nessuno ne
parla. Si potrebbe obiettare che si è in presenza di un caso di usucapione;
ovvero sì, la situazione è anomala, perfino illegittima, ma siccome sono
passati degli anni, ci sono stati parlamenti e governi diversi, frutto di
questa legge elettorale, la situazione è da considerarsi normalizzata, o per lo
meno tale fino a nuova legge sostitutiva. Esattamente come accade a chi, pur
non essendo proprietario di un passaggio, dopo un po’ di anni che passa sempre
di lì senza che nessuno lo contesti ne acquisisce il diritto per usucapione. Il
porcellum, così viene detto il
sistema elettorale padre di questa situazione, ha porcellizzato deputati, senatori e loro estensioni, in alto e in
basso loco.
Non entro nel merito della
decadenza di Berlusconi, rischierei di ripetermi. Dico solo che è responsabile
di comportamenti assolutamente riprovevoli, a livello non solo morale ma anche
legale, ma è altrettanto vero che prove i giudici non sono riusciti a trovarne
e che da vent’anni subisce la persecuzione della magistratura. Una persecuzione
tanto più grave quanto più la magistratura, che se ne è fatto carico, è di
parte e nello stesso tempo deficitaria e omissiva di impegno su altri fronti.
L’Italia è il paese della mafia e delle mafie; è il paese in gran parte reso
invivibile a causa da una parte della malapopolazione
che opera a danno della società e dall’altra della magistratura, che, in
tutt’altre faccende affaccendata, fra cui l’aspirazione a far politica con e
senza la toga, lascia il paese alla mercé di chi lo vuole. In Italia – e
completo il pensiero – ci sono delinquenti, malfattori, imbroglioni a tutti i
livelli; ma di essi la magistratura se ne occupa proprio quando non ne può fare
a meno e spesso proscioglie con una facilità che offende il buon senso. Vedi il
caso Cancellieri. Bisognerebbe ricordarsi di quell’amara riflessione fatta
circa duemila anni fa dal poeta Ovidio, il quale, relegato a Tomi per i bunga bunga romani, si rodeva il fegato
pensando che bene vixit qui bene latuit
(visse bene chi ben si nascose). Mettiti a sinistra, magari nasconditi a
sinistra, e fotti quanto più puoi, male che ti vada, non ne uscirai con le ossa
rotte. Questa è la lezione!
Ma torniamo all’incredibile
situazione in cui versiamo. La prima urgenza è di recuperare una condizione di
legalità, approvando una nuova legge elettorale e votando immediatamente dopo.
Il tempo che i soliti furbi cercheranno di farci perdere, magari in nome di
chissà quali urgenze e priorità, potrà servire a loro per crearsi condizioni
politico-elettorali di vantaggio. Abbiamo sentito che tutti, sia i tre che si
contendono la segreteria del Pd, sia quelli del Pdl, Forza Italia e Nuovo
Centro-destra, pongono al vertice delle priorità la legge elettorale. Questo
nelle parole. Nei fatti, invece, non pensano affatto né alla legge elettorale
né al voto. Il governo Letta promette o minaccia, a seconda dei punti di vista,
di durare fino al 2015. E’ probabile che questo non accada, ma intanto si cerca
di accreditarlo come possibile. Letta continua a dire ogni giorno di essere più
forte del giorno prima, ma rimanda al giorno dopo i miglioramenti dell’Italia.
Ha incominciato a dire che qualche miglioramento già si vedeva quest’estate,
ora dice che si vedrà nel 2014. Una specie di racconto da Mille e una notte, quando la bella e furba Shahrazad allungava il
racconto di notte in notte per non essere giustiziata. Letta, più forte del
giorno prima – dice lui – promette il miglioramento al giorno dopo, con la
speranza che lo facciano durare.
Le primarie Pd dell’8 dicembre
potrebbero dare una prima scossa alla situazione. Se, come si dice, vincerà
Renzi, non potrà non accadere nulla. Intendiamoci, non perché si nutra molta
speranza in questo banditore della politica – il sacco potrebbe essere pieno di
foglie secche, come dice un vecchio proverbio – ma perché gli altri, che a me
sembrano assai più attrezzati, dico Cuperlo e Civati, concorreranno a smuovere
le acque prima che diventino limacciose. E’ assai probabile che il Governo
Letta spiri a gennaio o a febbraio dell’anno prossimo, in modo che si voti a
primavera.
Resta l’incognita della legge
elettorale. Essendo stato già abolito il porcellum
dalla Consulta, in difetto di tempi utili per approvare un’altra legge,
probabilmente si voterà col mattarellum.
Il che aprirebbe scenari imprevedibili. Quando fu introdotto, infatti, nel
1993, la situazione politica era decisamente diversa dall’attuale. Il primo
beneficiario fu proprio Berlusconi che vinse le prime elezioni, nel 1994, col
nuovo sistema elettorale.
Giuseppe Maranini, grande
costituzionalista, acerrimo nemico della partitocrazia, ammoniva che il sistema
elettorale è determinante per la corsa al potere, che c’è un rapporto diretto
tra il sistema e il successo elettorale. Non è detto che uno stesso partito
vinca le elezioni quale che sia il sistema elettorale. I protagonisti della
politica lo sanno ed ecco perché sulla legge elettorale tutti dicono che si
deve fare, ma poi tutti perdono tempo.
Parole chiave: Berlusconi Napolitano Letta porcellum Renzi Cuperlo Civati Maranini
Argomento: crisi istituzionale
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