Non ha indugiato un attimo Matteo
Renzi, stravincitore delle primarie del pd, a dimostrare i segni inconfondibili
di una senilità precoce. Precoce, per la verità, il sindaco di Firenze si era
già dimostrato. Tu facevi il ministro del fallimento interno ed estero quando
io facevo le scuole elementari. Tu facevi questo e quest’altro quando io andavo
all’asilo. E via di seguito. Non erano queste le argomentazioni perfino nei
confronti dei Casini, dei D’Alema e perfino di politici assai più giovani di
questi? Renzi ha costruito la sua immagine di innovatore radicale col
certificato di nascita.
Gli allocchi furbi – mi si passi
l’ossimoro – di questo paese hanno fatto finta di credere. Ed eccolo lì, lo
zerbinotto fiorentino, formare la sua segreteria con sette femmine e cinque
maschi. Sembra la famiglia numerosa di una volta. Ed eccolo convocare alle
sette del mattino a Roma la prima sua segreteria. E’ ancora nell’aura della
novità promessa. E con tanti “forconi” in giro, che stanno giorno e notte nelle
piazze, un po’ di effetto lo fa. A quando lascerà accesa la luce del suo studio
per dare ad intendere che lui è sempre al lavoro per il paese?
Ma che fine hanno fatto i suoi
proclami di enfant terrible contro la Cancellieri , contro i
tentennamenti del governo Letta, contro gli inciuci? Della Cancellieri non si
dice più né ai né bai. Doveva fare le valigie; e, invece, è più salda di prima
in groppa al cavallo governativo, nonostante il peso, non fisico s’intende, ma
morale. Il governo Letta doveva accelerare e svoltare; e, invece, continua con
lentezza sui binari morti della stazione napolitana. Quanto agli inciuci,
eccone una dimostrazione: ha chiamato Taddei, consigliere economico di Civati,
a componente della segreteria e Cuperlo alla presidenza del partito, quando lo
sanno tutti, sordi, muti e ciechi, che i tre erano alternativi. Come dire, il
palio è finito, si torna ai compromessi e alle soluzioni pasticciate.
Con Renzi l’Italia si sta
avventurando in una nuova impresa, che ha fin d’ora tutti i caratteri delle
precedenti. Questo è rassicurante per un verso, ma è maledettamente
preoccupante per un altro. Non si sta cercando la “diritta via”, per dirla con
un altro fiorentino, ma si sta tentando un’altra via storta, sinuosa e accidentata.
Renzi, infatti, è un’altra stravaganza, dopo quelle di Bossi, Di Pietro,
Berlusconi e Grillo. Il Senatur, che ancora sbraita contro Roma ladrona, si è
ristrutturata la casa coi soldi pubblici e ha dato alla Patria un esemplare di
fauna urbana come il Trota. Il pubblico ministero di Mani Pulite doveva fare
piazza pulita di corrotti e corruttori; è finito senza far nulla, anzi,
sospettato di essere lui, a sua volta, corrotto. Berlusconi è naufragato in un
mare di scandali che ne hanno deturpato l’immagine di uomo, di politico e di
imprenditore. Grillo…beh, Grillo fa ancora il comico e pensa che gli italiani
se la cavino coi vaffanculo e quattro risate.
Se non ci vergogniamo di tutto
questo, fratelli d’Italia, di che ci vergogniamo?
Forse questa di Renzi è la mamma
di tutte le stravaganze. Quando mai una società complessa come la nostra si è
lasciata rappresentare e guidare da una minoranza generazionale, ancorché la
più propagandata dai media? Potrebbe una squadra di calcio formata tutta da
quindicenni vincere la coppa dei campioni contro squadre che hanno nei ruoli
calciatori che vanno dai venti ai trenta anni e passa? Via, si può essere
creduloni quanto si vuole, ma c’è un limite oltre il quale si è
irrimediabilmente fessi.
Napolitano, che ha 88 anni, gli ha telefonato per congratularsi.
Renzi non stava neppure nell’utero di sua madre quando Napolitano era uno dei
massimi esponenti del Partito comunista e faceva – secondo la lettura renziana
degli ultimi cinquant’anni di storia italiana – disastri insieme coi suoi
compagni e compari. Per carità, una telefonata di Napolitano nel mercato
dell’importanza mediatica vale più di una chiamata di Papa Francesco, assai più
inflazionata; ma è una dimostrazione che la politica è intreccio, è rete, è
tessuto con gli altri.
Renzi non si è ancora reso conto
che i suoi vecchi da rottamare gli stanno cucendo addosso il vestito. D’Alema
ha avuto parole di resa e ha convinto Cuperlo ad accettare la presidenza del
Pd. Napolitano lo lusinga. Altri faranno altrettanto. In Italia il pericolo non
viene mai da chi ti osteggia, ma da chi ti tende la mano, quando altro non può
tenderti. Lo fece Marc’Antonio agli assassini di Cesare a sangue ancora fumante
e intanto pensava alla resa dei conti di Filippi.
Neppure se Renzi fosse un
dittatore potrebbe mai fare tutto quello che ha promesso di fare. Figurarsi in
un paese in cui i condizionamenti involontari sono tanti e tali da superare i
nemici volontari. Non deve aver studiato molto la storia d’Italia Renzi, se non
si è reso conto di come stanno le cose.
Ma, in fondo, non si può
pretendere tutto da uno che faceva gli esami di maturità quando Berlusconi
lanciava la sua sfida liberale e liberista ai bacucchi della partitocrazia.
Salvo che non si tratti di un bugiardo conclamato, uno dei tanti furbastri
espressione del sempre prolifico genio italico!
Sarebbe ingeneroso, comunque,
attribuire a Renzi il nulla che persiste e che avanza. Non aveva, non può
avere, la bacchetta magica. Ma proprio questo dimostra che in politica contano
gli uomini, ma contano anche e soprattutto i sistemi e i contesti in cui essi
devono operare.
L’invecchiamento di Renzi è
cominciato. Per la rottamazione si aspetta solo che si aprano i termini per
fare la pratica.
Parole chiave: Renzi Casini D'Alema Cuperlo Napolitano Papa Francesco
Argomento: Renzi è già vecchio
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