In Italia conviene mordersi le
labbra e la lingua prima di dir bene di qualcuno. Confesso di aver più volte
elogiato le scelte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per
almeno i suoi primi cinque anni di presidenza. Non mi pento di averlo fatto.
Chi fa l’osservatore e l’analista politico così si deve comportare, senza
pregiudizi e nella libertà di giudizio, da cambiare eventualmente col cambiare
del fatto e dei protagonisti.
Mi rendo conto che da almeno due
anni Napolitano esercita il ruolo di Presidente in maniera difforme da quello
che prevede la
Costituzione e contro la stessa consuetudine. E’ vero anche –
va detto a suo beneficio – che taluni suoi predecessori non si sono comportati
molto meglio, Cossiga e Scalfaro, per esempio; e che oggi c’è un vuoto politico
che lui cerca di riempire come può e come sa. Non è un compito facile né da
poter delegare ad altri.
Cossiga, con le sue esternazioni,
incominciò a picconare il sistema del quale lui era il vertice. Scalfaro
“autorizzò” i giudici a far notificare a Berlusconi un avviso di garanzia
mentre questi era in un convegno internazionale a Napoli come Capo del Governo
del paese ospitante. Gesti di natura eversiva, fatti passare come normali, anzi
meritevoli di medaglie al valore. Perché qui in Italia il metro di valutazione
non è quello degli altri paesi a democrazia liberale, che si fondano sul
diritto.
Rispetto a Cossiga e a Scalfaro,
però, Napolitano almeno non ha compiuto gesti clamorosi; un po’ partenopei sì,
facendoli passare come cose fatte alla buona e soprattutto a fin di bene. Si
può dire che anche Cossiga e Scalfaro agissero a fin di bene; ma Cossiga era
coinvolto nella questione assai grave di Gladio e Scalfaro in quella non meno
grave della presunta trattativa tra Stato e mafia. Insomma la compagnia dei
suoi due predecessori un po’ dovrebbe inquietare Napolitano, tanto più che oggi
lui è chiamato a pagare per l’operato sia del picconatore Cossiga e sia del “colluso”
Scalfaro.
Ha incominciato a farla di fuori,
come volgarmente si dice, con la nomina di Monti a Senatore a vita nel novembre
del 2011, poi con l’incarico allo stesso di fare un governo di tipo
assembleare, che rispondesse più che alle Camere al Quirinale, ossia a lui. Ha
continuato intervenendo in campagna elettorale agli inizi del 2012
genericamente contro i populismi, ma in specifico contro Grillo e Ingroia, poi
facendosi rieleggere e dettando delle condizioni, quindi nominando dei senatori
a vita di una ben precisa parte politica, ancorché non dichiarati, e
continuando di fatto ad essere lui il referente del governo delle cosiddette
“larghe intese”, ormai diventate una barzelletta con le varianti: sottintese,
malintese, fraintese e via in invenzioni lessicali parodistiche e caricaturali,
di cui noi italiani siamo maestri.
Oggi si pone il problema
Napolitano. Con tutto il rispetto che si deve all’uomo va detto che la faccenda
è grave, perché siamo in presenza di una persona anziana, la quale non si sente
responsabile di fronte a niente e a nessuno. Questa coda presidenziale lo mette
nelle condizioni, anche per la debolezza della politica, di comportarsi come
vuole, senza preoccupazioni formali. La sua età lo preserva quasi da condanne –
beninteso morali e politiche – perché la saggezza popolare dice che vecchi e
forestieri possono dire e fare quello che vogliono. Napolitano è una cosa e
l’altra: vecchio per gli anni, forestiero per la sua condizione di
sopravvissuto in territorio politicamente “straniero” e forse anche un po’
“nemico”.
Cosa ha a che fare lui con le
nuove generazioni di politici ormai abbondantemente presenti sulla scena dei
partiti politici italiani? E’ un nonno, a cui finora gli manifestano rispetto,
se non affetto. Non tutti, a dire il vero. Grillo e Brunetta lo minacciano di impeachment, mentre Marco Travaglio
infuria con le sue critiche sul “Fatto quotidiano”. Non riusciranno a
scalfirlo. Figurarsi, avevano minacciato sfracelli contro la Cancellieri ! Poi i
pifferai si sono silenziati.
Ma c’è un punto che non si può
assolutamente far passare come normale,
anche se temiamo che, come per gli altri, non accadrà nulla. E’ la sua
testimonianza al processo palermitano sulla da lui ereditata spinosa questione
della presunta trattativa tra Stato e mafia per le stragi del 1992. Non è
ancora chiaro come, quando e dove intende testimoniare.
Solo un atto di coraggio, forte e
chiaro, potrebbe restituire agli italiani un minimo di fiducia dopo tutto
quello che c’è stato e ancora c’è coi processi politico-mafiosi. Andreotti fu
prosciolto da una certa data in poi; i reati degli anni precedenti
riconosciutigli andarono in prescrizione. Il che significa che il processo,
vero per certi aspetti, fu aggiustato per altri; e comunque Andreotti era
colpevole di associazione mafiosa. Scripta
manent.
Se qui non si chiarisce il ruolo
che ebbe Scalfaro e i suoi collaboratori in quella drammatica stagione, che
vide massacrare i giudici Falcone e Borsellino, e attentare ad una serie di
edifici simbolo in tutta Italia, la gente ha ragione di convincersi di essere
rappresentata e governata da mafiosi. E potrebbe darsi che più che ad essere
noi a chiedere l’uscita dall’Europa, sia propria l’Europa a sbatterci fuori
perché indegni di stare nel consesso di democrazie che da secoli hanno fatto
della legge e del diritto le loro bandiere.
Napolitano può in questa non
facile e drammatica situazione dire una parola di verità, restituire agli
italiani la fiducia nelle istituzioni. Non il Presidente, perciò, non il “re”;
ma Napolitano faccia solo il cittadino di una repubblica fondata sul diritto!
Parole chiave: Napolitano Cossiga Scalfaro Falcone Borsellino Grillo Brunetta
Argomento: Impeachment di Napolitano
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