domenica 22 dicembre 2013

Napolitano faccia solo il cittadino!


In Italia conviene mordersi le labbra e la lingua prima di dir bene di qualcuno. Confesso di aver più volte elogiato le scelte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per almeno i suoi primi cinque anni di presidenza. Non mi pento di averlo fatto. Chi fa l’osservatore e l’analista politico così si deve comportare, senza pregiudizi e nella libertà di giudizio, da cambiare eventualmente col cambiare del fatto e dei protagonisti.
Mi rendo conto che da almeno due anni Napolitano esercita il ruolo di Presidente in maniera difforme da quello che prevede la Costituzione e contro la stessa consuetudine. E’ vero anche – va detto a suo beneficio – che taluni suoi predecessori non si sono comportati molto meglio, Cossiga e Scalfaro, per esempio; e che oggi c’è un vuoto politico che lui cerca di riempire come può e come sa. Non è un compito facile né da poter delegare ad altri.
Cossiga, con le sue esternazioni, incominciò a picconare il sistema del quale lui era il vertice. Scalfaro “autorizzò” i giudici a far notificare a Berlusconi un avviso di garanzia mentre questi era in un convegno internazionale a Napoli come Capo del Governo del paese ospitante. Gesti di natura eversiva, fatti passare come normali, anzi meritevoli di medaglie al valore. Perché qui in Italia il metro di valutazione non è quello degli altri paesi a democrazia liberale, che si fondano sul diritto.
Rispetto a Cossiga e a Scalfaro, però, Napolitano almeno non ha compiuto gesti clamorosi; un po’ partenopei sì, facendoli passare come cose fatte alla buona e soprattutto a fin di bene. Si può dire che anche Cossiga e Scalfaro agissero a fin di bene; ma Cossiga era coinvolto nella questione assai grave di Gladio e Scalfaro in quella non meno grave della presunta trattativa tra Stato e mafia. Insomma la compagnia dei suoi due predecessori un po’ dovrebbe inquietare Napolitano, tanto più che oggi lui è chiamato a pagare per l’operato sia del picconatore Cossiga e sia del “colluso” Scalfaro.
Ha incominciato a farla di fuori, come volgarmente si dice, con la nomina di Monti a Senatore a vita nel novembre del 2011, poi con l’incarico allo stesso di fare un governo di tipo assembleare, che rispondesse più che alle Camere al Quirinale, ossia a lui. Ha continuato intervenendo in campagna elettorale agli inizi del 2012 genericamente contro i populismi, ma in specifico contro Grillo e Ingroia, poi facendosi rieleggere e dettando delle condizioni, quindi nominando dei senatori a vita di una ben precisa parte politica, ancorché non dichiarati, e continuando di fatto ad essere lui il referente del governo delle cosiddette “larghe intese”, ormai diventate una barzelletta con le varianti: sottintese, malintese, fraintese e via in invenzioni lessicali parodistiche e caricaturali, di cui noi italiani siamo maestri.
Oggi si pone il problema Napolitano. Con tutto il rispetto che si deve all’uomo va detto che la faccenda è grave, perché siamo in presenza di una persona anziana, la quale non si sente responsabile di fronte a niente e a nessuno. Questa coda presidenziale lo mette nelle condizioni, anche per la debolezza della politica, di comportarsi come vuole, senza preoccupazioni formali. La sua età lo preserva quasi da condanne – beninteso morali e politiche – perché la saggezza popolare dice che vecchi e forestieri possono dire e fare quello che vogliono. Napolitano è una cosa e l’altra: vecchio per gli anni, forestiero per la sua condizione di sopravvissuto in territorio politicamente “straniero” e forse anche un po’ “nemico”.
Cosa ha a che fare lui con le nuove generazioni di politici ormai abbondantemente presenti sulla scena dei partiti politici italiani? E’ un nonno, a cui finora gli manifestano rispetto, se non affetto. Non tutti, a dire il vero. Grillo e Brunetta lo minacciano di impeachment, mentre Marco Travaglio infuria con le sue critiche sul “Fatto quotidiano”. Non riusciranno a scalfirlo. Figurarsi, avevano minacciato sfracelli contro la Cancellieri! Poi i pifferai si sono silenziati.
Ma c’è un punto che non si può assolutamente far passare come  normale, anche se temiamo che, come per gli altri, non accadrà nulla. E’ la sua testimonianza al processo palermitano sulla da lui ereditata spinosa questione della presunta trattativa tra Stato e mafia per le stragi del 1992. Non è ancora chiaro come, quando e dove intende testimoniare.
Solo un atto di coraggio, forte e chiaro, potrebbe restituire agli italiani un minimo di fiducia dopo tutto quello che c’è stato e ancora c’è coi processi politico-mafiosi. Andreotti fu prosciolto da una certa data in poi; i reati degli anni precedenti riconosciutigli andarono in prescrizione. Il che significa che il processo, vero per certi aspetti, fu aggiustato per altri; e comunque Andreotti era colpevole di associazione mafiosa. Scripta manent.
Se qui non si chiarisce il ruolo che ebbe Scalfaro e i suoi collaboratori in quella drammatica stagione, che vide massacrare i giudici Falcone e Borsellino, e attentare ad una serie di edifici simbolo in tutta Italia, la gente ha ragione di convincersi di essere rappresentata e governata da mafiosi. E potrebbe darsi che più che ad essere noi a chiedere l’uscita dall’Europa, sia propria l’Europa a sbatterci fuori perché indegni di stare nel consesso di democrazie che da secoli hanno fatto della legge e del diritto le loro bandiere.

Napolitano può in questa non facile e drammatica situazione dire una parola di verità, restituire agli italiani la fiducia nelle istituzioni. Non il Presidente, perciò, non il “re”; ma Napolitano faccia solo il cittadino di una repubblica fondata sul diritto!

Parole chiave: Napolitano Cossiga Scalfaro Falcone Borsellino Grillo Brunetta

Argomento: Impeachment di Napolitano

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