domenica 11 novembre 2012

Monti e il mal compleanno



Le Province da 86 sono state ridotte a 51. Un risparmio che diventerà più consistente, dicono gli esperti, quando saranno aboliti tutti quegli uffici che dipendono dalle province, tipo prefetture, questure, sovrintendenze e simili. Allora il risparmio sarà notevole. Bene. Anzi benissimo! Ma quanti altri posti di lavoro si perderanno? Tutto il personale che oggi dipende dalle province finirà per uscire man mano pensionandosi, ma quei posti di lavoro si perderanno per sempre. E’ il classico ritornello, che ormai da un anno si sente in Italia, sul dilemma “risparmio o crescita”, dato che l’uno esclude l’altro. La Fornero ha dato degli schizzinosi ai giovani laureati senza posto di lavoro. Ci può stare. Lo direbbe e lo dice ogni buon professore o genitore. Ma qui non si tratta più di prendere il lavoro che si trova pur che sia, qui si tratta che tra non molto non ci sarà lavoro di nessun genere, neppure a fare gli spazzini, gli scaricatori di porto, i buttafuori, gli spazzacamini, le pulizie domestiche, i lavavetri, senza voler offendere queste categorie di lavoratori. La prospettiva è un Lumpenproletariat quale si è visto nei secoli passati e che sembrava essere definitivamente scomparso dalle contrade urbane dell’Occidente. Sottoproletariato è la versione italiana, ma più esattamente è un proletariato straccione, cencioso, poiché Lumpen in tedesco significa straccio, cencio.
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La Fornero, intanto, ha preso gusto a far parlare di sé. Se l’è presa coi giornalisti. In un incontro alla Fondazione Croce a Torino con avvocati e giuslavoristi, ha chiesto agli organizzatori che i lavori si svolgessero a porte chiuse, facendo uscire i giornalisti. Non contenta, in un successivo incontro coi giovani dell’Unione Industriale ha preteso la stessa cosa. Ubbidienti la prima volta – e hanno fatto male ad ubbidire – alla seconda i giornalisti si sono ribellati, rivendicando il diritto di esercitare la loro professione. A questo punto la Fornero ha capito che insistere sarebbe stato per lei controproducente e si è arresa dicendo: “Va bene. Sarò costretta a parlare lentamente, a pesare  ogni parola. Succede sempre così: parli quaranta minuti, dici cose sensate e poi ti scappa una parola ed è quella che fa il titolo dei giornali”. A parte la presunzione delle “cose sensate” è normale per un ministro sapere sempre quello che dice. Ancora una volta, questa ministra, piagnucolante agli esordi, ha tradito un carattere piuttosto borioso e introverso. Fosse per lei toglierebbe il lavoro anche ai giornalisti, o riserverebbe loro le veline con le cose da dire e con le indicazioni come dirle. Sarà pure brava nella sua professione, ma in fatto di comunicazione, zero! Dovrebbe sapere che a fare notizia non sono le parole normali, più o meno sensate, ma quelle che “scappano”. Per esempio, tra poco lei non farà più notizia nemmeno se strapperà il bastone ad un non vedente per strada, tanto ha abituato tutti alle sue intemperanze.
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Monti, il capo della banda dei tecnici, ossia dei migliori, come gli stessi si considerano, ha detto a proposito della legge elettorale: il governo potrebbe pure intervenire con un decreto legge, ma è meglio che se la vedano i politici. In dialetto salentino dicesi fiancunàta, letteralmente “colpo al fianco”, una minaccia larvata, un’anticipazione di un colpo diretto, al petto. Non è che sbagli Monti a minacciare, di fronte alla convulsa negligenza dei politici, ma se il suo governo si mette a fare la legge elettorale, che poi deve essere approvata dal parlamento, sia pure con un voto di fiducia, è lecito dubitare sulla buona riuscita. Il dramma di questo paese è che si ha bisogno di qualcosa, ossia della politica, che al momento però rappresenta il male dal quale si deve essere salvati. E’ come aver bisogno di un medico chirurgo che al momento però è un macellaio e per fermare costui si chiama chi fino a qualche tempo prima faceva il garzone nella sua bottega. La classe politica si serviva dei tecnici, i quali non si capisce se non erano bravi a dare consigli e suggerimenti o se non erano ascoltati. Oggi sono al potere e se la classe politica non vuole finire davvero nella tragedia dovrebbe dare qualche segnale di ravvedimento. Incominci con una bella legge elettorale, a prescindere se al momento va in favore di questa o quella parte politica; l’importante è che sia buona in sé. Il primato della politica, per il quale nonostante tutto tifiamo, lo si stabilisce con qualche buon provvedimento, non con le chiacchiere.
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Ci salveranno i gay? Il neopresidente della Sicilia Rosario Crocetta ha affidato al cantautore Franco Battiato l’assessorato al turismo e allo spettacolo. Questi ha accettato smarcandosi dalla politica e dicendo che si sarebbe impegnato a fare qualcosa di buono per la sua terra. Il sospetto, che è sempre del Maligno, che se l’avesse chiamato una giunta di centrodestra non avrebbe accettato, ce l’abbiamo. Battiato, che parla a gettoni come le colonnine dei parcheggi a pagamento registrano la scadenza dell’orario, ospite di Lilli Gruber (La7, martedì, 6 novembre) ha detto che alle primarie del Pd voterà Bersani e che avrebbe voluto che in America vincesse Obama. E meno male che non c’entra con la politica! Ma, andiamo oltre. E’ un gesto, quello di Crocetta, che non può non essere apprezzato. Battiato è fondamentalmente un uomo di arte e di cultura, ha le sue idee politiche, possiede sensibilità e buone capacità espresse sul campo in tanti anni di carriera. Dovrebbe riuscire a far bene, anzi benissimo. Dei suoi auspicabili successi un qualche merito lo avrà pure Crocetta, che è un gay dichiarato. Un’altra grande regione, la Puglia, è da anni governata da un altro gay dichiarato, Nichi Vendola. A tutt’oggi, a parte l’incidente giudiziario dal quale è uscito indenne ma non inviolato (la Procura aveva chiesto venti mesi di carcere), ha ben governato la regione. Quando l’opposizione tace vuol dire che c’è poco da dire. Dunque, due grandi regioni governate da due gay dichiarati sono un bel test per non avere nessuna riserva nei loro confronti. Non sappiamo se ce ne sono altri in giro per le poltrone della politica, se ci sono se lo tengono per sé; ma il fatto che questi lo dicano è apprezzabile ben più del tacerlo. Viene di pensare a Piero Marrazzo, l’insospettabile governatore della Regione Lazio. Forse è proprio il caso di mettere alla prova della pubblica amministrazione coloro che sono stati da sempre esclusi per delle ragioni che gli stessi oggi esibiscono.  
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Ernesto Galli Della Loggia (I tecnici, i notabili e il vuoto politico, Corsera del 9 novembre) discetta sui tecnici e sui notabili e conclude che la differenza è tutta qui: il tecnico finisce il suo mandato e se ne torna alle sue cose abituali, il notabile di tornarsene non ne vuole sapere e fa di tutto per prolungare la sua permanenza in politica. Monti – dice lui – è un tecnico e non un notabile. Io, avrei aspettato un po’ prima di dirlo.  Ma, in Italia, si sa: si coltiva lo sport dell’inchino, pericoloso direi dopo aver visto quello della Costa Concordia all’Isola del Giglio. Voglio dire che se poi Monti dovesse prenderci gusto a stare al potere, Galli Della Loggia avrebbe preso uno scoglio. A mio avviso la differenza sta invece nel comportarsi di Monti da impolitico. Quanto lo faccia per calcolo o per indole, non si può dire. L’ultima l’ha detta a proposito dei politici e della verità. Non è impossibile – ha detto – per i politici dire la verità. Certo che non lo è, ma per lui! Che è stato nominato e non eletto e che probabilmente potrebbe essere rinominato; ma per un politico, che deve fare i conti con l’elettorato la verità è come chi buttandosi in mare per farsi una nuotata riposante si lega una grossa pietra al collo. Si può essere più o meno convinti sostenitori della bontà del metodo democratico di governare; ma, di fronte all’esperienza di Monti, l’antidemocratico ha ragione di lisciarsi l’asso.
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Or è un anno dall’inizio del governo Monti. Quel che si potrebbe dire ora lo si è detto nel corso dell’anno, passo dopo passo, senza neppure aspettare l’esito, tanto era ovvio. Alcune cose sono state fatte per l’emergenza in corso, in regime pseudodemocratico. Il Parlamento ha avuto la funzione della foglia di fico. Altre cose il governo non è riuscito a farle perché chiaramente non praticabili, come l’ultima dell’aumento delle ore degli insegnanti da diciotto a ventiquattro la settimana. Una cosa da dilettanti allo sbaraglio. Poi il Ministro Profumo ha trovato la pezza a colore della mancanza di copertura finanziaria, della serie che anche i tecnici dicono le bugie. Altre cose sono state fatte male, come la riforma delle pensioni che ha lasciato irrisolto il problema degli esodati. Nel complesso l’Italia ha due volti, quello dei conti a posto, lodata dall’Europa, e quella di un paese che si sta impoverendo pericolosamente, con la deriva politica dei Grillo e dello sfaldamento delle coalizioni e dei partiti, con un’economia sempre più asfittica, con le fabbriche che chiudono, con la disoccupazione che avanza, con una pressione fiscale degna dei peggiori regimi assolutistici. No, non è un buon compleanno né per l’Italia né per il suo governo, né per gli italiani, né per chi spera di poter raddrizzare la politica. E’ un mal compleanno, purtroppo, per tutti.  

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