sabato 29 giugno 2024
Fascista con rimedio
Se il caso è grave dovrebbe dirlo uno specialista, magari un’équipe di psicanalisti. Ecco il caso: spesso, stando in macchina, mi viene spontaneamente di canticchiare inni fascisti, come le donne non ci vogliono più bene… o ce ne fregammo un dì della galera…, dei tempi della Repubblica Sociale, ossia del fascismo sconfitto e disperato. Mai che mi venga di accennare a Giovinezza o a Sole che sorgi, al fascismo triumphans. Mi viene anche di canticchiare la colonna sonora del film di Pietro Germi, Quel maledetto imbroglio, tratto dal romanzo di Carlo Emilio Gadda Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, la Gabriella Ferri che canta «in braccio a te me scordo ogni dolore». Me ne vengono altri, ma questi sono proprio insistenti. Mi fanno assumere una condizione di guida più serena, meno ansiosa. Tutto sommato un bene!
Ma, ahimè, da qualche tempo in qua è nel mirino dell’antifascismo perbenista e dogmatico ogni motivo, parola, oggetto, mossa che richiami il fascismo. La cosa, allora, mi preoccupa assai. Per fortuna in macchina non mi sente nessuno, salvo che qualche spione non mi attacchi una cimice e mi registri nelle mie involontarie evasioni canore volte al fascismo, di cui non ho consapevolezza. È chiaro che non mi permetterei mai in pubblico di dire parola o compiere gesto incriminabili come prove inequivocabili di fascismo.
Ma c’è un altro mio modo di fare spontaneo e incontrollato che purtroppo mi preoccupa. Saluto sempre, da tempo immemorabile, col braccio e la mano levati sì da formare un angolo retto tra braccio e avanbraccio, come se giurassi. Non è proprio il saluto fascista, ma qualcosa che si somiglia. Molti, durante il fascismo, salutavano proprio così. Poi c’erano quelli che la facevano più plateale irrigidendo il braccio all’altezza della testa come se fosse una lancia volta a colpire, come facevano i gladiatori nelle arene o i gerarchi nazisti.
Non so proprio perché abbia questa abitudine e da dove mi derivi. Forse dagli indiani, pellerossa, i quali salutavano così il loro dio Manitù danzando intorno al totem o quando s’incontravano pacificamente coi visipallidi ed esprimevano la loro soddisfazione per trovare un accordo: Augh!. Reminiscenza forse dei tanti fumetti che ho letto da ragazzo, Tex, Il piccolo sceriffo, Capitan Miki, Kinowa. Quel gesto mi deve essere piaciuto tanto da somatizzarlo, ovviamente a prescindere dal fascismo. Ora che qualcuno potrebbe accusarmi di un gestaccio fascista ho pensato addirittura di legarmelo il braccio come quando si rompe e deve stare ad angolo retto ma rovesciato. Di privarmene addirittura, alla Muzio Scevola, beh…non esageriamo. Poi ho desistito pure a legarmelo e quando qualcuno mi sorprende nell’atto di quel saluto faccio finta di grattarmi la testa. Certo è che quel saluto è inevitabile quando devi salutare qualcuno che passa in macchina e più che la voce può il gesto del braccio levato.
Ma il problema è ancora più serio di quanto non abbia espresso finora. In casa ho centinaia e centinaia di libri, di riviste, di giornali, tanti che nemmeno un locale costruito apposta li contiene tutti. Ci sono tanti autori fascisti e tanti autori antifascisti che se per un sortilegio dovessero trasformarsi in persone viventi trasformerebbero la biblioteca in un campo di battaglia. E non so proprio, a questo punto, chi potrebbe spuntarla. Forse spererei i fascisti, per una sorta di empatia. Ma lasciamo stare i desiderata, che sono più compromettenti delle pur gravi prove documentali.
C’è poco da scherzare. Un’accusa di fascismo ti compromette la carriera; se è provata le conseguenze sono assai più gravi. Di recente c’è stato un amministratore comunale del Sud che per aver detto, a commento della giornata caldissima, che noi meridionali siamo abituati ai forni crematoi, per poco non finiva in galera spogliato di ogni carica pubblica. Aveva detto “crematoi”, che lo fulminasse Iddio!
Il grande scalpore che ogni quisquilia fascista provoca ha costretto la Meloni ad una sortita durissima contro quei giovani che si abbandonano a parole e a gesti rubricabili come nostalgici, razzisti e antisemiti. Questi – ha detto la Meloni – hanno sbagliato casa, non hanno niente a che fare con Gioventù Nazionale e Fratelli d’Italia. Naturalmente, come volevasi dimostrare, gli antifascisti professionisti non sono per niente soddisfatti e chiedono alla Meloni il giuramento antifascista, l’eliminazione della Fiamma dal simbolo e il taglio netto delle radici.
Io, invece, che non ho tessera di partito alcuna, ho pensato diverse volte in questi giorni di prendere una decisione drastica. Non rinuncio a niente delle mie abitudini, continuerò a cantare i miei inni fascisti malinconici in macchina, conserverò tutti i miei libri fascisti e non, continuerò a salutare a braccio levato e mi iscriverò al partito di Calenda, di Renzi o di Conte. Ecco, l’unico problema è questo: a quale dei tre? A questo punto credo proprio di dovermi rivolgere allo psicanalista.
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