sabato 6 luglio 2024

Siam pronti alla morte? Ma va là...

Dopo aver visto le ultime imprese della Nazionale italiana di calcio agli Europei 2024 viene di dire che l’Inno di Mameli, quello che i cronisti sportivi Rai chiamano pomposamente il “Canto degli Italiani”, è più che mai inattuale. Si dovrebbe cercare qualcos’altro per sostituirlo. Qualcos’altro di meno impegnativo. “Dov’è la vittoria…”. Già, dov’è? “Siam pronti alla morte…”. Se è una constatazione va benissimo, nel senso che siamo moribondi. E vorrei vedere con quella flemma! “Italia chiamò”, con un sì urlato e poco convinto. Mameli andrebbe protetto dalle ingiurie degli italiani. La beffa dovrebbe finire. Oggi gli italiani non ne sono degni. Non è stato tanto il risultato di quattro partite giocate all’insegna di una sorta di movida, senza senso e senza scopo – nello sport si vince e si perde – quanto il modo irritante di porsi da parte di professionisti confusi e sbandati. Incapaci i protagonisti del miserevole spettacolo di dare una spiegazione qualsiasi, tutti autoassoltisi. Dal ministro dello sport Abodi al presidente della Figc Gravina, al commissario tecnico Spalletti, ad ogni singolo giocatore, non uno che si sia assunto la responsabilità di quello che è successo, che abbia avuto la faccia di spiegare agli italiani perché si è voluto umiliare una maglia adornata di fregi stellari in più di un secolo di storia. Si può anche perdere, intendiamoci. Abbiamo visto altre nazionali perdere, ma solo dopo essersi impegnate allo spasimo, dando l’impressione di non poter dare più od altro del loro corpo e del loro spirito. Abbiamo visto giocatori di altre nazioni che in Italia addirittura militano in squadre di serie B correre e dare l’anima per onorare la maglia e la propria Nazione. I loro tifosi hanno continuato ad applaudirli e ad incitarli anche dopo. Noi, invece, con la testa abbassata, siamo usciti dal campo, suonati dagli svizzeri, neppure consapevoli del gran danno fatto all’immagine della Nazione. Abbiamo dimostrato di essere un popolo di festivalieri e di scanzonati, più affini a Vasco che a Paolo Rossi. Nel corso degli Europei abbiamo visto riproporsi alla televisione spot pubblicitari con il commissario tecnico e alcuni giocatori come se stessero in vacanza. Giustamente Aldo Grasso sul Corsera del 2 luglio ha stigmatizzato la leggerezza, l’inopportunità dell’esibizione pubblicitaria. Invece di studiare tattiche e formazioni, come evitare di prendere gol e di farne, si sono distratti a fare pubblicità televisiva. Altri soldi sono entrati nelle loro “povere” tasche. Ora non è il caso di dar ragione a Churchill, il quale diceva che gli italiani considerano una partita di calcio come la guerra e la guerra come una partita di calcio, ma non si può neppure far finta di niente. Oggi una parola fuori posto di un politico o di una personalità fa discutere per giorni e giorni, magari anche esagerando, può far nascere un incidente diplomatico. Una debacle come quella subita dalla Nazionale di calcio deve avere una risposta appropriata da parte di chi all’immagine del Paese dice di tenere come tiene allo stesso bilancio dello Stato. Alla specifica domanda che Paolo Del Debbio su Rete 4 ha fatto alla premier Meloni se aveva visto le partite e che cosa pensava della figuraccia ha risposto in politichese, andando a dire che la colpa degli assonnati giocatori italiani andrebbe cercata nel fatto che nel campionato italiano ci sono troppi giocatori stranieri. E questo giustifica il loro comportamento in campo? In campo militare quella sarebbe chiamata con un nome soltanto: diserzione. Ora, come se nulla fosse successo, ci avviamo a tentare la qualificazione per i prossimi Mondiali, a cui non partecipiamo da due edizioni, saltate per non essere riusciti a qualificarci. Che intendono fare le autorità? Anzitutto dovrebbero prendere atto della crisi che attraversa il settore, mettere da parte i responsabili delle ultime figuracce e cercare di riorganizzarci con spirito nuovo. Per fortuna in Italia non mancano i settori sportivi in cui abbiamo autentiche eccellenze, da porsi come riferimenti da emulare: atletica, tennis, nuoto, sci, scherma, volley, pallanuoto, automobilismo, motociclismo con uomini e donne imporsi ai massimi livelli. Sta prevalendo lo sport a prestazione individuale. E questo significa che non siamo un popolo di brocchi, che quando siamo chiamati individualmente diamo il meglio di noi non potendo scaricare le colpe di cattive prestazioni sugli altri. Dobbiamo recuperare lo spirito di corpo, saperci fare responsabili anche delle colpe degli altri. Le autorità del nostro calcio dicono che fallire per la terza volta la qualificazione ai mondiali sarebbe devastante anche dal punto di vista economico. E, allora, lasciamo stare la “coorte” di Mameli e facciamo squadra per vincere.

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