sabato 20 luglio 2024

Gratta gratta...

Confesso di aver ricevuto in tutta la mia precedente vita – prima che la destra giungesse al potere – molta simpatia da parte di chi apparteneva ad altro partito. Pur riconoscendone l’appartenenza, già chiara su “Voce del Sud” di Ernesto Alvino, dove scrivevo assiduamente di politica e di cultura, si vedeva in me la persona onesta che quando c’era da dire le cose le diceva a prescindere, vuoi in favore della destra vuoi contro, vuoi a favore del regime – come noi del Msi chiamavamo il sistema democristiano o arcocostituzionale – vuoi contro. Personalmente ho ricevuto più stima e affetto dagli altri, perfino dai comunisti, che dagli stessi missini. Agli inizi degli anni Novanta fui invitato da Alessandro Barbano e da Teo Pepe a scrivere per il “Quotidiano” mentre scrivevo per “Voce del Sud”, con la sola raccomandazione di evitare il codice penale. Non è che su un giornale propagassi la Bibbia e sull’altro il Corano, ero sempre io con la mia religione laica della ricerca della verità, della posizione giusta. Certo, in “Voce del Sud” mi sentivo più a casa mia, nel “Quotidiano” mi sentivo un ospite e dunque mi comportavo con rispetto. Gli amici e i lettori me ne hanno dato sempre atto. Le cose con la destra al potere sono precipitate. I missini di una volta non passano più il loro tempo a piangersi addosso per le ingiustizie subite e per le esclusioni, oggi camminano a testa alta e orgogliosamente rivendicano la loro condivisione delle cose che il governo Meloni dice e fa. Che non sono cose fasciste e a volte neppure di destra: democristianerie, gratta gratta. I FdI si riconoscono nella Costituzione e hanno in Liliana Segre un riferimento importante. Pensate: da Julius Evola a Liliana Segre! La storia non finisce mai di stupire. Dall’altra parte, invece, c’è un misto di odio e di disprezzo nei confronti di chi è di destra, ridefinito col termine antifascismo, che spaventa, soprattutto per la sua irrazionalità. Chi non si dice antifascista è un barbaro nella patria democratica. Chi non spegne la Fiamma nel simbolo di FdI è un fascista, che nulla si toglie da quelli che fondarono il Msi nel dicembre del 1946. Recentemente Cirino Pomicino, più di là che di qua per sua stessa ammissione, in un’intervista sul “Corriere della Sera” del 13 luglio, ha detto testualmente: “Una volta si diceva «gratta il cosacco e troverai il russo». Qua gratti i Fratelli d’Italia e trovi i post-fascisti”. Insomma i cosiddetti post-fascisti possono anche fare un giuramento di sangue di essere antifascisti, non saranno mai creduti. Forse se andranno a sputare sulla tomba del Duce! Di fascisti, finalmente democratici, gli avversari non hanno bisogno. Vogliono fascisti, altrimenti la loro propaganda e azione politica non sanno su che cosa fondarla. Ora post-fascisti non significa fascisti, come post-vivi non significa vivi, ma morti. Essi non possono essere i Fratelli d’Italia, semmai questi sono i post-missini. Fascisti non ce ne possono essere né nostalgici né propositivi. I Fratelli d’Italia vengono accusati spesso di nutrire risentimento in quello che dicono e in quello che fanno. E che cosa dovrebbero nutrire riconoscenza dopo cinquant’anni di esclusione sistematica? Ma anche in questo occorre fare una distinzione tra l’essere dei FdI e la percezione che ne hanno i loro avversari. Non pochi dei quali non sono così disonesti da non ammettere che, a ragione o a torto, i missini, in quanto post-fascisti, hanno vissuto come “esuli in patria”. Questo il titolo di un libro di Marco Tarchi del 1995. Tutto il livore che gli antifascisti hanno nei loro confronti nasce dal fatto che essi pensavano archiviata qualsiasi questione della destra e che comunque in Italia si sarebbe continuato tra un centro e una sinistra, tertium non datur. Nelle opposizioni in Italia si vede chiaramente che c’è nei confronti della destra una sorta di delegittimazione a prescindere, cieca. Su tutto quello che fa il governo c’è un immediato fuoco di sbarramento, anche contro iniziative partite e volute proprio dalle forze di opposizione quando erano al governo. Vedi l’autonomia differenziata. Su quello che fa il governo, qualunque cosa faccia, non si ragiona, si “spara” a palle incatenate. Chi sostiene il governo o assume un atteggiamento critico va condannato lo stesso, meglio se gli viene impedito di parlare, di far conoscere il suo libero pensiero. Non c’è più quella simpatia per chi in nome dell’obiettività finiva per andare anche contro la propria parte politica; anzi, costui è considerato un infiltrato pericoloso, irritante, perché pravale il “sotto sotto c’è il fascista” e perché nell’infuriare della guerra non c’è posto per chi ragiona. Si combatte, chi da una parte e chi dall’altra. Chi si mette in mezzo con buoni propositi, gratta gratta, è un nemico da eliminare.

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