sabato 22 giugno 2024
Fascisterie
L’ultima sarebbe esilarante se non avesse evocato tragedie. Il consigliere comunale di Manfredonia Giuseppe Marasco di Fratelli d’Italia, in presenza di un caldo che toccava i 45 gradi, ha commentato sdrammatizzando: ma sì, noi siamo abituati ai forni crematoi. Il senso è chiaro, non c’è da equivocare. Ma qui in giro c’è più di un nervo scoperto. Di infelice nella frase c’era solo “crematoi”, che conducono direttamente a situazioni storiche di assoluta condanna. Ciò detto, qui nel Sud Italia, la frase è ricorrente, è un modo di dire: oggi è un forno!, quando fa troppo caldo. L’espressione del Marasco, tuttavia, è stata infelice, un lapsus, una parola che ha rimorchiato l’altra senza neppure pensarci, uno scivolamento come la parola lapsus significa letteralmente. Ma la persona in questione è di Fratelli d’Italia e allora la cosa è diversa, hanno trovato la corda in casa dell’impiccato…per impiccare.
Sono insorti politici e giornali di sinistra per avvalorare la tesi che questi, mi riferisco ai Fratelli d’Italia, sono fascisti, irrimediabilmente legati alla loro storia. Esamine e disamine televisive coi migliori campioni dell’antifascismo militante a discutere per ore sull’infelice aggiunta lessicale, scappata come un rutto o giù di lì.
Ogni giorno ce n’è una di simili fascisterie e qualcuno lo fa apposta a creare il caso, che rimbalza subito sui media e diventa, appunto, un caso. Ma il fenomeno è poi così grave? Aldo Cazzullo del “Corriere della Sera” riconosce che “Oggi al Duce molti vogliono proprio bene, gli sono affezionati, lo ammirano, lo difendono” (18.06.24). Se pure così fosse, comunque questa non sarebbe musica di Orfeo che scende agli inferi per liberare Euridice. Nessuno può riportare in Italia il fascismo dall’oggi al domani. Lodare Mussolini non significa affatto sperare che qualcuno si incarni in lui. Il fascismo è figlio della storia non di quattro ragazzi che mezzoubriachi inneggiano al duce o di qualche buontempone a cui piace esibire parole e atteggiamenti che sa essere offensivi ai benpensanti.
Lo storico-giornalista Paolo Mieli sostiene che i Fratelli d’Italia dovrebbero una buona volta per tutte rompere col passato, con la loro storia, ma aggiunge che se non lo fanno vuol dire che non possono, non ci riescono, non gli conviene. Cita il caso suo di ex comunista estremista ed extraparlamentare che ad un certo punto ha deciso di rompere con la sua storia, con non pochi sacrifici. So io che cosa mi è costato, ha detto ancora oggi contrito. Il discorso di Mieli convince fino ad un certo punto. Molti Fratelli d’Italia non hanno avuto un passato fascista o missino per ragioni di età. Sono passati trent’anni da quando il MSI è stato sdoganato con l’entrata nel governo di alcuni suoi rappresentanti, quelli sì fascisti, tipo Tatarella e Tremaglia. Già per la Meloni il discorso è diverso, essendosi trovata lei alla fine della lunga stagione missina. Per sua ammissione decise di darsi alla politica quando fu ucciso il giudice Paolo Borsellino, notoriamente vicino al Msi, avvenuta nel 1992 quando lei aveva quindici anni. Gli altri che stanno tra i cinquanta e i sessant’anni sono tutti fuori dalle stagioni per così dire eroiche. I più anziani, come Ignazio La Russa, Presidente del Senato, hanno da tempo dimostrato di aver tagliato perfino col MSI anche se formalmente non diranno mai, ma per una questione caratteriale, a destra ha sempre avuto un valore altissimo il binomio onore e fedeltà, di essere antifascisti. Maurizio Gasparri optò anni fa per Forza Italia e la stessa Alessandra Mussolini ha preso la stessa strada.
Certo, occorre ammettere che c’è una componente di destra che ha in odio la democrazia per come essa si rappresenta, nel male evidentemente. Chi ne fa parte o non vota o, se vota, vota Fratelli d’Italia. Non bisogna credere che si tratti sempre di giovinastri sguaiati, ci sono anche persone di una certa età e di una certa educazione, a cui non piace il disordine, l’inefficienza, l’impunibilità, il degrado, la crisi dell’autorità, lo sfascio delle famiglie e la cultura diffusa del carpe diem, del piacere innanzitutto. In simili persone l’idea di avere un Paese diverso si declina spesso con l’unico esempio avuto in Italia, il mito del Duce. I Fratelli d’Italia sanno che sono loro potenziali elettori e non hanno alcun interesse a tagliare il cordone ombelicale che li unisce a loro. Quel che conta non è quello che queste persone dicono, a volte sbagliando, a volte volendo solo provocare, ma quello che il governo che in qualche modo le rappresenta fa. Un innocuo mito in cambio di un utile voto.
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