sabato 31 dicembre 2022

Meloni, Rauti e la Russa: agli inizi di un corto circuito

Inutile girare attorno alle cose. Fratelli d’Italia ha uno zoccolo duro di elettorato che all’occasione non indugia ad esprimersi in favore dell’esperienza missina, a rivendicare l’appartenenza alla storia di questo partito, che ebbe tra i suoi fondatori Giorgio Almirante, che ai tempi del regime fascista era stato segretario di redazione della rivista di Telesio Interlandi “La difesa della razza” e poi a Salò capo di gabinetto al ministero della propaganda della Repubblica Sociale Italiana. Un elettorato che oscilla tra l’1 e il 2 per cento. Alla prima prova elettorale Fratelli d’Italia prese l’1,9%. A questo elettorato in Fratelli d’Italia nessuno vuole rinunciare. Giovedì, 29 dicembre, Giorgia Meloni ha tenuto la consueta conferenza stampa di fine anno, la prima di un Presidente del Consiglio donna. 43 domande e risposte per una maratona di tre ore. Va da sé che la stragrande maggioranza delle domande verteva sui grandi temi della Legge finanziaria, che veniva approvata in concomitanza, dopo 70 giorni di governo, e sulle riforme annunciate nel programma elettorale. Lei ha risposto a tutte le domande senza mai scostarsi di un millimetro dalla sua posizione di destra, ribadendo la ferma volontà di portare fino in fondo quanto promesso: giustizia, presidenzialismo, fisco, Pnrr, politica estera, emergenza Covid, sicurezza. Non poteva mancare dai soliti provocatori la domanda sulle origini del suo partito, che due sortite di Isabella Rauti e Ignazio La Russa dei giorni precedenti, in occasione dell’anniversario della nascita del Msi, 26 dicembre 1946, avevano riproposto con dichiarazioni celebrative. La Rauti, che nel governo Meloni è sottosegretario alla Difesa, aveva detto riferendosi al Msi, di cui il padre Pino era stato segretario nazionale, che “le radici profonde non gelano”, rivendicando con ciò la continuità col Msi. La Russa, che è Presidente del Senato, aveva voluto ricordare il padre, che era stato tra i fondatori del Msi in Sicilia e la propria lunga militanza, dagli scontri all’Università al più alto scranno di Palazzo Madama. Ovvio che simili dichiarazioni provocassero reazioni da parte del mondo politico di sinistra, con richiesta di dimissioni, e della comunità ebraica in Italia, che non manca mai in simili circostanze di dire la sua. Essi, non paghi delle precisazioni fatte più volte dalla stessa Meloni sul rapporto col fascismo, ora vogliono anche che Fratelli d’Italia tagli i rapporti col Msi. La Meloni ha risposto con una domanda: “Un partito che ha avuto un ruolo molto importante nella storia di questa nazione e che è sempre stato chiaro sulla lotta all’antisemitismo, perché ora deve diventare impresentabile? Non mi piace questo gioco al rilancio per cui si deve sempre cancellare di più”. Una risposta ragionevole, moderata, volta a non sollevare ulteriori allarmismi di maniera da parte delle opposizioni; e su specifica domanda se celebrerà il 25 aprile ha risposto affermativamente. Vedremo che accadrà alla data fatidica. Per ora cerchiamo di spiegarci le sortite “non innocenti” di Rauti e La Russa e la risposta-domanda, rassicurante, di Meloni. Le parole dei due grossi esponenti del partito sono un chiaro segno di riconoscimento nelle “radici che non gelano”, che sono missine e nello strato più profondo fasciste, dunque sono rivolte al passato solo per non dimenticare le origini. Quelle della Meloni, anche per ragioni anagrafiche, non possono che riconoscersi nella liturgia resistenziale, rivolte al presente e al futuro. La Meloni ha detto recentemente di non avere avuto mai in simpatia i regimi dittatoriali e c’è da crederle. Il suo ruolo istituzionale, inoltre, la obbliga al rispetto delle ragioni fondanti della Repubblica e sa e riconosce che il suo successo elettorale e politico è avvenuto dentro le sue regole. Rinnegare queste regole vorrebbe dire autodelegittimarsi. Il corto circuito, Msi sì Msi no, che ne deriva non è solo tra Fratelli d’Italia e le istituzioni, ma anche all’interno del partito. È una piccola crepa che potrebbe allargarsi. Nessuno vuole perdere quel pezzo di elettorato e non solo per ragioni sentimentali ma anche e soprattutto per ragioni di peso elettorale. Ci sono ex missini, estranei a Fratelli d’Italia, come Gianni Alemanno, già ministro dell’agricoltura e sindaco di Roma, che hanno incominciato a lavorare per dare a quegli elettori approdi elettorali diversi nel caso non fossero paghi del governo Meloni e del suo inevitabile processo di omologazione. D’altra parte è riconosciuto da molti osservatori che in Italia si continua ad avere nei confronti del fascismo un giudizio se non proprio positivo quanto meno non negativo. E questa è gente che vota.

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