sabato 30 luglio 2022

Giorgia Meloni e la sua "marcia"

Historia magistra vitae? Qualche volta. La storia, però, fa gustosi scherzi, mettiamola così. Ad un secolo esatto dalla Marcia su Roma (28 ottobre 1922) l’ultima epigona del postfascismo, Giorgia Meloni, erede del Msi e di Giorgio Almirante, si appresta alla sua, di “marcia” su Roma. Una “marcia” che non spaventa più nessuno, anche se tentazioni di delegittimazione ai suoi danni ci sono ma solo come nostalgia dei tempi andati. Nei suoi confronti c’è a volte irritazione da parte soprattutto delle donne politiche, affette da primadonnismo, vedi la Gelmini e la Carfagna, che hanno abbandonato Forza Italia e dunque lo schieramento del centrodestra, diciamo la verità, per un inconfessabile rifiuto di trovarsi con una donna – cosa per loro insopportabile! – al comando. La Meloni non costituisce una minaccia alla democrazia, anzi ne rappresenta la forza. La sua ascesa nel gradimento del popolo italiano, come confermano i sondaggi dell’ultimo anno, è prova che la democrazia premia l’opposizione quando è credibile. Ma, del resto, neppure Almirante mirava a rovesciare le istituzioni democratiche. E come poteva farlo? Costretto all’isolamento e alla discriminazione sistematica, finiva per apparire quel che non era. Lo spauracchio fascista era funzionale al sistema politico della Prima Repubblica quanto lo era quello comunista dalla parte opposta, fino alla fine della Guerra Fredda e agli inizi degli anni Novanta. Gli opposti estremismi furono una truffa politica, funzionale ai tempi. La Meloni, a differenza, è ben inserita nel sistema democratico, muove critiche all’Europa ma è europeista convinta e sta con l’Occidente atlantista ancor più convintamente, come dimostra la sua scelta di campo a favore del sostegno dell’eroico popolo ucraino invaso dalla Russia, unica e sola condivisione di Fratelli d’Italia delle scelte del governo Draghi. L’alleanza di centrodestra con la Lega e Forza Italia vede il partito della Meloni in una posizione di vantaggio, non solo quantitativo ma anche e soprattutto qualitativo. Berlusconi e Salvini hanno dovuto accettare per ora i suoi “numeri” ma soprattutto le sue proposte politiche; e lo hanno fatto perché in questo momento dei tre leader è la Meloni la più attendibile. È sotto il suo ombrello che l’uno e l’altro possono proteggersi dai sospetti filoputiniani, fin qui alimentati da oggettivi e perciò innegabili comportamenti assunti in favore della Russia, risalienti a ben prima che accadesse l’invasione ucraina. Sia Berlusconi che Salvini, a prescindere dal barbarico attacco all’Ucraina, condannato dai due nel coro europeo e atlantico, sono due amici ed estimatori di Putin. L’aver ceduto il passo alla Meloni, senza opporre resistenza, è la dimostrazione che essi sono consapevoli della loro attuale debolezza. E anche questo è segno di maturità democratica. Si può ben dire che il centrodestra oggi è il partito dei conservatori italiani. Nell’ambito del pensiero conservatore, sempre a difesa della tradizione, la Meloni ha assunto una posizione di netta condanna nei confronti della comunità Lgbt. La sua ormai famosa sparata in Spagna a sostegno di Vox e contro ogni forma di devianza dalla tradizione in materia di famiglia soprattutto la obbliga a ripensare non solo i toni, come lei ha riconosciuto di dover fare, ma anche in qualche modo i contenuti. Chiaro che non può di punto in bianco rivedere le sue posizioni, ma nel momento in cui dall’essere opposizione diventa governo del Paese, passando dall’opporsi al proporsi, non può non considerare l’esistenza di una serie di problematiche che vanno affrontate e risolte in chiave di realismo democratico. La società italiana oggi è quella che è, difficile che su certe materie possa fare marcia indietro. Bisogna perciò partire consapevolmente dal fatto che in certi campi c’è molto poco ormai da conservare. Certi fenomeni, però, se non proprio combattuti, vanno ridimensionati attraverso politiche adeguate, intelligenti, magari anche a lunga scadenza. La famiglia tradizionale ha bisogno di cure per rifiorire. Fare finta che certi problemi non ci siano è sbagliato, perché dimostrerebbe che la proposta politica con la quale si vuole governare è lacunosa, non rispondente alle esigenze del momento. La Meloni oggi ha una grande opportunità, che è poi di tutta una comunità politica, che potrebbe essere di tutto il Paese. Sarebbe un peccato perderla. La sua “marcia” alla conquista del potere politico dovrebbe essere solo la prima parte, la seconda è quella del governo e della messa in ordine del Paese. Una “marcia” assai più complicata e lunga, ma più vera e concreta.

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