sabato 9 luglio 2022

Il pasticciaccio dei 5 Stelle

Dopo l’atteso incontro Draghi-Conte di mercoledì, 6 luglio, si pensava di essere giunti ad un chiarimento circa il sostegno o meno dei 5 Stelle al governo Draghi. Invece alle incertezze si sono aggiunte le provocazioni. Alle richieste di Conte, ben nove – neppure fossimo agli inizi della legislatura – Draghi pare non abbia detto né sì né no, semplicemente ha lasciato dire, come se volesse far passare la più eloquente delle risposte: parla, parla pure, tanto è gratis! Dall’altra parte Conte coi suoi e coi giornalisti si è prodotto in una poltiglia di parole, esercizio che gli riesce naturale: sì al decreto Aiuti alla Camera, non assicurato però al Senato; nessuno ha detto che sosterremo il governo Draghi; l’uscita potrebbe avvenire non fra alcuni mesi ma fra alcune settimane; fino alla “richiesta” di qualche altra poltrona nel governo, per risarcimento dopo la scissione di Luigi Di Maio e compagnia degrillata. Mai l’Italia, monarchica e repubblicana, ha avuto nella sua classe politica tanta sgangherata rappresentanza. Sembra che Conte voglia tenere in fibrillazione il Paese solo per dire: guardate che io conto, altro che! Quando un politico si sente messo in discussione non per le sue scelte ma per le sue capacità la sua reazione è sempre incontrollata. Gli ondeggiamenti di Conte, che dice tante cose e non offre punti di riferimento sicuri, sono dovuti proprio al fatto che l’ambiente politico e giornalistico ha più volte evidenziato la sua inadeguatezza. Il danno provocato dai 5 Stelle incomincia però ad essere intollerabile. Soprattutto in questi ultimi tempi un danno d’immagine del Paese. Quando mai si è visto che un pettegolezzo, come la rivelazione del sociologo Domenico De Masi al “Fatto Quotidiano” sulle presunte richieste di Draghi a Beppe Grillo di far fuori Conte, spinge un leader della maggioranza a disturbare il Premier mentre è impegnato in un consesso internazionale e lo “costringe” a farlo rientrare in Italia? E quando mai si è sentito che un Premier serio abbandona un così importante consesso e si precipita in patria per sentire l’ira funesta dell’offeso? Gli è che quando si ha a che fare con politici inventati dall’oggi al domani anche le persone più solide e composte finiscono per essere travolte dalle figuracce. Che tali non sono solo per chi se l’è procurate, ma anche e soprattutto per il Paese intero, su cui inevitabilmente ricadono. Il governo Draghi è tenuto in ostaggio da un leader che tale non si sente considerato e che cerca di convincere se stesso prima ancora degli altri di essere una “vittima”. Conte ce l’ha con Draghi e non da ora, da quando gli successe un anno fa a Palazzo Chigi. Da parte sua Draghi non ha simpatia per Conte – e come potrebbe averla? – e, a prescindere se è vero o meno che lo abbia detto o fatto capire a Grillo, lo si vede chiaramente. Più che antipatia o disistima personale nei confronti della persona Conte, quella di Draghi è riserva mentale sulla forza politica che egli rappresenta. Il M5S oggi, a pochi o pochissimi mesi dalle Politiche, fa pensare ad un grande esercito in rotta, battuto e confuso, mentre discende le altezze della politica che così baldanzosamente aveva salito solo qualche anno fa. Ricorda le parole del bollettino della Vittoria di Armando Diaz sulle armate austriache. Esattamente come loro l’esercito grillino è in totale rotta e invano si cercano rimedi per salvare il salvabile. Questa situazione, che coinvolge il Governo e il Paese, è di difficile comprensione e soprattutto di proibitiva gestione. Draghi ha cercato di mettere una pezza al pettegolezzo del “Fatto Quotidiano” affermando che senza il M5S non c’è governo, come a dare un segnale di pubblico riconoscimento dell’indispensabilità della presenza in maggioranza dei grillini. Ma evidentemente non bastano le parole, le più rassicuranti e perentorie, se le condizioni in realtà sono tali da disperare che si possano ricomporre a breve e consentire al Governo di giungere a naturale conclusione. Il marasma che si è venuto a creare con la scissione di Di Maio ha coinvolto anche le altre forze politiche, in primis il Pd, con le quali il M5S si stava avviando verso la composizione del cosiddetto “campo largo”. Su tutto incombe l’incognita su che cosa faranno i tanti espulsi e fuoriusciti dal Movimento e perfino Di Battista, che dai suoi luoghi e dai suoi viaggi fa sapere tante cose ma non fa sapere l’unica che in questo momento interessa lui, i suoi compagni di avventura e il mondo politico che segue.

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