sabato 7 novembre 2020

Convivere con il Covid, ma alle sue condizioni

 

Col Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (Dpcm) del 2 novembre, il 13° dall’inizio dell’epidemia, si è certificato che col Covid 19 non è possibile convivere; o per lo meno si può, ma come piace a lui, non come piacerebbe a noi. Si pensava che sarebbero bastate le mascherine, il distanziamento, il gel e tutte le precauzioni suggerite. Non è così. Il virus è troppo invadente, diffusivo, fagocitante. Se gli dai una mano, ti prende il braccio e poi pian piano il resto. La metafora spiega la ragione per la quale politici ed esperti, dopo aver assicurato per mesi e mesi che non si sarebbe mai giunti ad un altro confinamento, per intenderci lockdown, puntuali invece lo hanno decretato, sono stati costretti a decretarlo. Come si è giunti a tanto, però, non viene detto. Solo colpa del virus o ci sono altre colpe da addebitare? La risposta è sottintesa, per pudore, per non dire che durante i mesi estivi si è lasciato vivere tutti alla menefotto, mentre il governo centrale e i governatori delle regioni nulla hanno fatto, con qualche eccezione, per affrontare la seconda ondata. Di colpe dunque da ripartire ce n’è che ce n’è. I responsabili della cosa pubblica hanno fatto i conti senza l’oste? Non lo si può neppure dire quando si ha a che fare con persone che non sanno vivere che alla giornata. Non sanno prevedere, pianificare, organizzare. All’oste, nel nostro paese, non si pensa neppure o si spera che muoia mentre si sbafa.

Le elezioni regionali di settembre segnano da questo punto di vista uno spartiacque di umore popolare. Dove si è votato, i governatori uscenti sono stati arcipremiati (Zaia, Toti, De Luca, Emiliano), caterve di voti, proprio per la loro politica del laissez faire, per la quale gli elettori si sono dimostrati riconoscenti. Se invece di votare a settembre si fosse votato in questi giorni, fra ottobre e novembre, ci sarebbe da scommettere che gli stessi non se la sarebbero cavata allo stesso modo. Le proteste di piazza di Napoli, di Milano, di Torino, di Firenze, di Palermo e di tante altre città dimostrano che la gente è nera per l’insipienza del governo che, come nulla fosse, ha scaricato sul paese, sulla gente, le conseguenze delle sue tristi incapacità. Il che non esime da responsabilità anche quei cittadini che si sono abbandonati a feste e festini.

Questo secondo confinamento darà il colpo di grazia all’economia, travolgerà molti operatori, e metterà in crisi settori importanti del lavoro e dell’arte; farà diminuire il Pil e aumentare il debito pubblico. I ristori, se pure ci saranno, non potranno mai risarcire convenientemente produttori e commercianti per quello che perdono. Non è solo questione di cifre. Per non parlare della scuola, per la quale si fa finta di credere alla bontà della didattica a distanza. Roba da ridere! Come se il processo educativo di un bambino o di un giovane fosse fatto di messaggi frammentati e per di più ricevuti male in un rapporto di solitudine e lontananza. Ci saranno a breve i diplomati e i laureati del tempo del Covid, come negli anni Quaranta del secolo scorso ci furono i diplomati e i laureati del tempo di guerra.

Il Paese è stato diviso in tre zone, gialla arancione rossa, che nulla hanno a che fare con la tradizionale suddivisione geografica, Nord Centro Sud. Si parla di 21 parametri con cui il governo ha stabilito se una regione era da zona gialla (regione a rischio moderato) o arancione (regione con elevato livello di rischio) o rossa (regione con gravi criticità di rischio). Ma se si capisce perfettamente la distinzione dettata dal rischio contagio, indice di trasmissione, ricettività degli ospedali, ecc., si capisce di meno o non si capisce affatto come ciascuna regione sia stata compresa nella zona di “caratterizzazione”, per i tanti criteri inclusivi o esclusivi. Per questi parametri può star dentro, per questi altri resta di fuori! Ma il di più, come si dice, è del maligno. Succede sempre così: quando si vuole sottilizzare troppo si nasconde sempre la magagna. Tanto era valso fare un lockdown per tutti, senza fare i soliti figli e figliastri.

Negli ultimi quindici giorni precedenti il Dpcm, c’erano regioni, come Campania, Lazio e Toscana, che erano fra le più indiziate di confinamento, dunque zona rossa, in base proprio alle criticità di rischio di contagio. Queste regioni si ritrovano inaspettatamente in zona gialla, la meno sacrificata dalle restrizioni. Di qui le proteste e le lamentele dei vari governatori delle regioni in zona arancione (Puglia e Sicilia) e in zona rossa (Lombardia, Piemonte, Valle D’Aosta, Calabria). Il pugliese Emiliano ha taciuto, ma il siciliano Musumeci è arrabbiatissimo.

Ma paradossalmente chi dovrebbe gioire per essere stato più garantito da rischi contagio grazie alle imposte restrizioni si lamenta di più. Non si percepisce ancora correttamente la pericolosità del virus, a nessun livello e si continua a considerarlo un male minore rispetto alla prospettiva di rimanere senza lavoro e senza reddito. Morire per morire, tanto vale morire di virus anziché di fame. A dirlo durante il primo lockdown fu proprio Renzi, interpretando il comune sentire popolare. Si ha l’impressione che alla gravità del virus e alla sua diffusione non si creda neppure tanto perfino ai più alti livelli. Ne sono prova i difformi pareri degli scienziati.

Questo secondo lockdown, in parte mascherato da diversi livelli di restrizioni – più alto il rischio di contagio più dure le restrizioni, come ha spiegato Conte – sicuramente influirà negativamente perfino sulla salute psichica delle persone, facendole ammalare di depressione o le renderà più cattive ed aggressive. Si spera solo, ma forse unicamente per non bere nell’amaro calice tutto d’un fiato, che la curva delle infezioni di qui a breve cali. Se così non dovesse essere – e nulla fa pensare che lo sia – dovremmo armarci tutti di pazienza e di coraggio e incamminarci nel tunnel di questi sei mesi di viaggio che ci restano di qui alla prossima primavera, consci tutti che se ne usciamo o non ne usciamo è merito o colpa anche dei nostri comportamenti singoli.    

Nessun commento:

Posta un commento