domenica 24 giugno 2018

Saviano-Salvini: urgono altre scorte




Lo scrittore Roberto Saviano e il Ministro dell’Interno Matteo Salvini vanno messi sotto scorta. Uno dirà: ma se ce l’hanno già la scorta! La scorta di cui hanno bisogno è un’altra, non di uomini forzuti e armati per difenderli da eventuali attacchi fisici da parte di malintenzionati, ma di educatori.
Lo scontro dei giorni scorsi, di cui sono stati indecorosi protagonisti, ricorda le mazzate di una volta fra esagitati, il più delle volte ubriachi, a suon di pugni, schiaffi, calci, unghiate e morsicate; o fra ragazzacci all’uscita da scuola.
Saviano ha dato del “buffone” e del “codardo” a Salvini perché questi aveva avuto da ridire su certi giudizi trancianti dello scrittore in merito alle scelte del governo sugli immigrati e aveva ventilato l’ipotesi di togliergli la scorta.
Saviano vive da anni sotto scorta, fisica, perché minacciato dai casalesi, pericolosa organizzazione camorristica, in seguito ad alcuni suoi scritti. In Italia molti altri “a rischio” sono sotto scorta: giudici, imprenditori, giornalisti, persone comuni particolarmente presi di mira. Tanti scortati in un paese libero e democratico deturpano l'immagine della Nazione oltre che essere uno spreco di risorse finanziarie e un danno all’ordine pubblico. Le migliaia di agenti impegnati nelle scorte dei suddetti signori evidentemente sono sottratti a ben altri e più urgenti e importanti servizi, di cui la comunità ha bisogno.
Intendiamoci, non è agevole vivere sotto scorta, anzi, è un fastidio enorme. Si è condizionati e limitati. Ci si sottopone perché, come nel caso di certe personalità delle istituzioni, nell’esercizio dei compiti istituzionali, hanno bisogno di percorsi e di situazioni per così dire facilitati o privilegiati. Un presidente della Camera o del Senato, un ministro, un presidente della Corte Costituzionale vanno necessariamente scortati e – ça va sans dire – il Presidente della Repubblica o il Capo del Governo.
Ma gli altri, perché? Ognuno deve fare i conti con se stesso, rispondere del suo coraggio o della sua paura, della sua forza o della sua debolezza, tanto più se è un privato cittadino, come nel caso di Saviano. Uno non può farsi forte e coraggioso a spese dello Stato, che è poi a spese della comunità nazionale.
Saviano deve sapere che se scrive certe cose può andare incontro a tutta una serie di fastidi e di danni, compreso qualche attentato alla vita. Ci sono tante persone in Italia che corrono quotidianamente dei rischi e li affrontano, regolandosi nei comportamenti e negli atti che compiono: giornalisti non necessariamente famosi, insegnanti, imprenditori e commercianti minacciati da organizzazioni malavitose. Sono persone normali che vivono la quotidianità a proprie spese, in tutto e per tutto. Perché pretendere una scorta? Appartiene Saviano alla falange di chi vuole abolire in Italia i privilegi, i vitalizi e tantissimi altri ammennicoli di ogni tipo che rendono i cittadini continuamente diversi di fronte allo Stato o alla Società nel suo insieme. Dunque, sia coerente!
In questo nostro Paese non si vuole mai guardare in faccia la realtà. Si vuole ignorare che non c’è paesino nel Mezzogiorno d’Italia – e non vado oltre perché non conosco bene le altre zone del Paese – dove non si è continuamente minacciati dalla piccola organizzazione malavitosa locale. Fare il sindaco, l’assessore, il giornalista, l’imprenditore, il commerciante si corre il rischio di essere presi di mira da simili organizzazioni, che, grazie … a Dio!, non mancano, quasi fossero istituzioni alla stregua di parrocchie, scuole e uffici vari in ogni paese.
Così come si affronta la vita nel piccolo e nel normale, allo stesso modo la si dovrebbe affrontare ad altri livelli e ad altre dimensioni. Né più né meno. Dunque, basta scorte a chi non ricopre alte e altissime cariche istituzionali. Si faccia davvero di questo Paese un Paese normale!
Si dà il caso, per tornare alla rissa Saviano-Salvini, che lo scrittore napoletano fa politica da posizioni radicali in servizio permanente effettivo. Descrive e tratta certi politici allo stesso modo di come descrive e tratta i casalesi. E’ un suo diritto. Ci mancherebbe altro. E’ un suo sacrosanto diritto di cittadino elevare alte strida di fronte a scelte governative che non condivide. Ma non può indignarsi e arrabbiarsi se poi dall’altra parte, politica s’intende, giungano risposte consequenziali. I giudizi che lui esprime contro la parte politica avversa non sono di persona colta e moderata ma di chi vuole provocare risposte altrettanto forti.
Dare del “buffone” ad un Ministro della Repubblica è un modo di comportarsi non molto difforme da come i casalesi su altro piano si comportano coi loro “nemici”.
Si tratta di trovare le giuste misure. Se Saviano non le trova, fa pensare di essere irrimediabilmente della stessa razza che lui stesso con tanta forza critica e denuncia; è un “casalese” pure lui, sia pure in modo diverso.
Ciò detto, non è da Ministro della Repubblica rispondere con minacce della stessa “qualità” cinica, violenta e ricattatoria, come ha fatto Salvini.
Togliere la scorta ad uno scrittore e cittadino scomodo è un gesto inqualificabile. Bisogna togliere la scorta a chi, a prescindere dalle sue idee politiche, va ricondotto alla sua dimensione civica, di cittadino come tutti gli altri. Un normale cittadino, pur in eccezionalità di genio artistico, scientifico o letterario, non si arrischierebbe a dare del “buffone” ad un Ministro, con ciò offendendo l’istituzione e quanti in essa si riconoscono.
Il segno lo mise Socrate duemilacinquecento anni fa, tra gloria e cicuta.  

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