domenica 10 giugno 2018

Il pentaleghismo cresce, il governo...si vedrà




L’Italia si è presentata al G7 di Canada con un Premier nuovo di zecca, Giuseppe Conte. Uno dei suoi due padrini, il pentastellato Luigi Di Maio, rivolgendosi ai suoi in Italia, ha detto: il nostro Premier sta con gli uomini più importanti del mondo in Canada. La comare lo dice alla vicina per darsi importanza. E lui? Lui, il trovato sotto un cavolo nella tarda primavera di quest’anno, ha chiesto ai suoi omologhi di comprenderlo, data l’inesperienza. La stampa italiana lo ha messo in prima pagina accanto a Trump, il quale pare avesse detto: è un bravo ragazzo, farà bene (Corriere della Sera, 10.6).  Il popolino ha recepito: abbiamo un capo del governo che ha la stima dei grandi della Terra e cordializza con loro da pari a pari.  Italia mia, chi ti ridusse a tale?
Si parlerà a lungo di questa e di simili altre performance al ribasso della nostra troika (Salvini-Di Maio-Conte). Chi più ne fa più ne offre al chiacchiericcio dei giornali e dei talk-show, fino a quando gli italiani non avranno fatto il callo. Il Presidente della Camera Fico che ascolta l’Inno nazionale con le mani in tasca è ormai un lontano ricordo, sebbene resti un’icona. Del resto, che si chiede a questi giovinotti se non di essere onesti, come hanno promesso? Cultura, preparazione, competenza? Ma tutto questo si sapeva che sarebbe mancato. Un proverbio popolare ricorda che “nessuno è nato imparato”. Onesti, però, lo devono essere, perché se no, saranno mazzate, come si usava una volta.
Anche su questo fronte, a dire il vero, s’incomincia a nutrire qualche dubbio. Conte ha truccato il suo curriculum millantando titoli; ma lo ha fatto quando neppure si sognava di diventare il presidente del consiglio. Guicciardini diceva che è la carica che svela l’uomo (magistratus facit hominem). Aspettiamo pure il contrario, che l’uomo sveli le capacità del Premier.
E veniamo ai fatti concreti. Il Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia ha detto: basta ora coi titoli e gli annunci, incominciate ad operare, incominciate coi fatti.  Avverte: le auto tedesche, sulle quali Trump potrebbe mettere dei dazi, spesso al 70 % sono fatte da componenti italiane. Perciò inutile cercare comprensioni separate, ammiccamenti. L’Italia non può separare il suo destino dall’Europa. Non è uno slogan, è la realtà.
Di Maio ne ha fatta un’altra. Rivolgendosi all’elettorato dei 761 comuni che oggi, domenica, 10 giugno, votano per il rinnovo di sindaco e consigli, ha detto che le amministrazioni pentastellate godranno dell’appoggio del governo nazionale. Niente di nuovo. Quando ero ragazzino e non mi perdevo nessun comizio al mio paese, anni Sessanta, sentii un noto esponente della Democrazia Cristiana dire: cittadini, potete votare per chi volete, oggi c’è libertà, ma se non votate un sindaco democristiano scordatevi di avere degli aiuti da parte del governo. Dunque, che obiettare a Di Maio? Che certe cose si combattono per eliminarle e non si dicono per raccogliere voti. Si può perdonare l’inesperienza a chi è nuovo del mestiere, ma non i vizi più consolidati. Il favoritismo di Stato non è accettabile a nessun livello. I pentastellati non possono pensare che ora, solo per il fatto che sono loro a elargirlo, è normale.  
La piccola macchia d’olio, che era la stampa favorevole ai grillini, si sta allargando. Il nucleo originario resta sempre lui, Marco Travaglio de “Il Fatto Quotidiano”, il quale dice degli spropositi quanto neppure lui saprebbe immaginare. Parla di “pregiudizi universali”, come se tutto quello che finora è accaduto non costituisse materia di giudizio. Insiste nel dire che occorre aspettare prima di giudicare questo governo. E lui, quanto ha aspettato a giudicare i precedenti governi? Forse Travaglio non frequenta gli eventi formativi della professione. La stampa non deve aspettare, deve informare su quanto accade giorno per giorno, senza occultare, minimizzare o esagerare.
Ma la macchia – si diceva – si sta ingrandendo. Maurizio Belpietro de “La Verità” è stato folgorato sulla via…anzi nell’andarsene via da Damasco. Il gruppo Caltagirone appoggia il governo pentaleghista e ha messo alla porta Massimo Barbano dalla direzione de “Il Mattino” di Napoli. Resistono, ma non si sa ancora per quanto, “La Repubblica” e il “Corriere della Sera”. Chi conosce la storia d’Italia, sia pure al livello del racconto montanelliano, sa che tutto questo è già accaduto. E’ la fisiologia della politica, intesa come lotta per il potere.    

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