giovedì 14 giugno 2018

Sull'immigrazione solo bugie e ipocrisie




La respinzione della nave “Aquarius” piena di migranti da parte del Ministro dell’Interno Matteo Salvini ha fatto saltare il coperchio alla pentola delle buone maniere, leggi bugie e ipocrisie.
I francesi ci accusano di essere cinici e irresponsabili. Noi, che da anni e anni accogliamo immigrati, che loro respingono e costringono a rimanere in Italia, in barba al principio dell’equa distribuzione delle quote, usando anche maniere forti e ai limiti della legalità! Una presa di posizione che si spiega solo col nervosismo che la nuova politica sull’immigrazione del nuovo governo italiano sta provocando in loro e non solo in loro. Ma anche, da parte di Macron, il tentativo di esorcizzare in Francia soluzioni populistiche. L’esempio italiano dimostra che la soluzione populistica è dappertutto dietro ogni angolo di elezione.
Su questo gravissimo e difficilissimo problema, che è l’immigrazione, nessuno ha la ricetta giusta e nessuno dunque dovrebbe avere atteggiamenti sicuri e decisi. Meno degli altri i francesi, responsabili, con quel loro campione di smargiassate Sarkozy, di aver aggravato la situazione bombardando e destabilizzando la Libia, da dove gli immigrati partono per raggiungere le coste europee. Forse pensava, togliendo di mezzo Gheddafi, di liberarsi di uno che gli aveva dato bei soldini per le sue campagne elettorali. Invece ha messo nei guai l’Europa e l’Italia, in particolare, perché dalla costa libica giungono da noi moltitudini di profughi, di disperati e di avventurieri di ogni risma. Meno degli altri i francesi, che hanno dato prova finora di arroganza nei confronti dei partner europei e di disumanità nei confronti degli stessi immigrati. 
Nessun governo finora ha spiegato, né poco né molto, se l’immigrazione è un bene o è un male e se è un male fino a che punto è inevitabile. Invece, che cosa è accaduto? Che tutti, chi più e chi meno, si sono lavati la bocca con principi umanitari, leggi internazionali sull’accoglienza dei profughi, sulla solidarietà o più realisticamente opportunità di accettare quote di profughi.
Gli unici paesi che hanno parlato chiaro finora sono stati quelli del gruppo cosiddetto di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia), i quali hanno detto: non li vogliamo. E qualcuno, come l’Ungheria, lo ha anche spiegato: non vogliamo che la nostra civiltà europea e cristiana venga contaminata e trasformata in un coacervo di etnie, culture e religioni diverse.
A fronte di tanta chiarezza, discutibile quanto si vuole, gli altri, italiani compresi, che cosa hanno opposto? Comportamenti ipocriti e incerti, che vanno dal far credere che gli immigrati siano un bene al ricorrere a mille espedienti per farne giungere sempre di meno, dimostrando che essi costituiscono invece un male.
Se gli immigrati sono un bene, una miniera, perché allora i governi europei non mandano le loro navi per caricarne quanti più possibile per arricchire i propri paesi, sottraendo tanta materia prima agli scafisti? Ospite della trasmissione “Di martedì” l’ex ministro dell’economia greco Varufakis, che peraltro nel 2019 si presenterà candidato in Italia al Parlamento Europeo, ha detto che i profughi andrebbero presi dalle coste africane e portati su quelle europee in sicurezza e che di tanto dovrebbero farsi carico i governi europei. Non si può dire che il ragionamento di Varufakis non sia coerente.
Ma tanto non accade, anzi accade il contrario: i profughi vengono lasciati in mano a scafisti e navi Ong, che li trasportano in Europa in condizioni di rischio e li “consegnano” ai paesi europei nel disordine più assoluto e nello sperpero di risorse pubbliche. Dunque, non un bene, ma un male sono gli immigrati. Tanto emerge dai comportamenti contraddittori dei paesi europei interessati dal fenomeno.
Assodato che l’immigrazione di massa, disordinata e incontrollata, è un male, allora occorre stabilire se e come arginare o gestire il fenomeno che sembra abbia i caratteri di uno tsunami o di un terremoto. Prima di tutto: sono veramente tutti profughi che scappano dalla guerra, dalla fame, dalle persecuzioni o non sono piuttosto anche gente che cerca una vita migliore, a danno di altri, i quali avrebbero tutte le ragioni per difendere il proprio stato politico e sociale? E’ qui che s’innesta il confronto politico più aspro.
Ci sono i comunisti o ciò che di essi resta che continuano a fare lotta di classe, che sostengono che bisogna accogliere tutti indipendentemente dalle ragioni per le quali hanno lasciato la loro terra per venire da noi. Sulla stessa lunghezza d’onda ci sono i papisti, come Paolo Mieli, che pubblicamente ha detto che lui sull’immigrazione è sulle posizioni di papa Francesco; essi ritengono che per solidarietà cristiana bisogna accoglierne quanti ne arrivano. Ma poi – e questi sono la gran parte – ci sono quelli del bastone e della carota, che, mentre accolgono quelli che arrivano, cercano di scoraggiare altri che vorrebbero partire. Molti dicono di voler salvare vite umane e magari obtorto collo lo fanno pure – come gran parte dei leghisti – altri, come Fratelli d’Italia, sono su posizioni oltranziste e vorrebbero il blocco navale. Scelta, questa, che, ove fosse fatta, non tarderebbe a creare conseguenze dagli esiti imprevedibili ma comunque gravi. Ma fra chi la spara più forte ha una sua efficacia.  
Dire che non accogliendo i profughi o non dando soccorso in mare a chi ne ha bisogno si violano gli accordi internazionali, si dice un’altra bugia sapendo di dirla. Soccorrere in mare è un dovere quando si tratta di salvare persone che sono incappate in un incidente del tutto imprevisto; ma quando si tratta di un fenomeno voluto e calcolato, come sono le ondate migratorie che invadono e pongono problemi seri di vivenza e convivenza, allora i cosiddetti accordi internazionali non contano più. Conta l’opportunità politica, che è cosa ben diversa; conta se favorire o contrastare il fenomeno, avendo come stella polare gli interessi del proprio Paese.    

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