lunedì 11 luglio 2016

Cari Austriaci, onoriamo insieme Cesare Battisti


Ricordare Cesare Battisti ad un secolo dalla morte (12 luglio 1916) significa evocare atmosfere “antiche”. Un po’ di anni fa, prima che l’Inno di Mameli s’imponesse davvero come l’inno nazionale per tutte le circostanze, il canto degli italiani più conosciuto ed eseguito era La leggenda del Piave o La canzone del Piave o semplicemente Il Piave, autore il compositore napoletano E. A. Mario (1884-1961). Fu composto o meglio completato a guerra conclusa e vinta: “e la vittoria sciolse le ali al vento” (novembre 1918).
Chi scrive ha frequentato le elementari nella prima metà degli anni Cinquanta del secolo scorso. Allora non c’era manifestazione pubblica o cerimonia scolastica che non iniziasse con questo canto, che già alle prime note faceva venire i brividi. “Il Piave mormorava…”. Altri tempi! Perfino le bande musicali, ingaggiate per le feste patronali, concludevano la serata, a notte fonda, prima del finimento dei fuochi artificiali, con “l’esercito marciava / per raggiunger la frontiera  / e far contro il nemico una barriera”.
C’era – ma che dico, c’è! – un passaggio verso la fine del canto in cui si citano tre personaggi martiri della causa nazionale italiana: Guglielmo Oberdan (1858-1882), Nazario Sauro (1880-1916) e Cesare Battisti (1875-1916), evocati per fali “partecipare” al giubilo nazionale per la “Vittoria”. Erano cittadini di nazionalità austriaca, perché nati in territori che a quel tempo facevano parte dell’impero asburgico; ma erano convintamente italiani, fino al sacrificio estremo. Oberdan, triestino, chiamato alle armi, disertò quando l’Austria per il disposto del Trattato di Berlino invase la Bosnia; e nel 1882 cercò di organizzare un attentato contro Francesco Giuseppe in visita a Trieste. Scoperto, fu processato e condannato a morte. Gli altri due, istriano Sauro, trentino Battisti, scelsero nella Grande Guerra di combattere per l’Italia e perciò catturati sul campo di battaglia dagli austriaci, furono processati e condannati a morte per alto tradimento. Stessa sorte subirono altri, tra cui l’istriano Fabio Filzi, che fu impiccato lo stesso giorno e nello stesso luogo di Cesare Battisti.
Per noi ragazzini erano delle figure famigliari e mitiche insieme, a forza di cantare: “e tra le schiere furon visti / risorgere Oberdan, Sauro, Battisti”.
Dei tre il personaggio più complesso è sicuramente Battisti, perché fu un politico di prim’ordine, consigliere a Innsbruck e deputato al parlamento di Vienna, un giornalista e un uomo di pensiero e di azione. Il quale si autoaccusò di tutto quel che gli austriaci gli contestarono per dimostrare che lui non aveva tradito, ma perseguito il suo essere italiano da sempre. Socialista, fondò e diresse a Trento vari giornali (Tridentum, Il Popolo, Vita Trentina) e per un certo periodo, tra febbraio e settembre del 1909, ebbe tra i collaboratori un certo Benito Mussolini e fu egli stesso suo collaboratore. Questi, socialistissimo, colà inviato come segretario della locale Camera del Lavoro e direttore de “L’Avvenire dei Lavoratori”.
Cesare Battisti fu un eroe per noi italiani, un traditore per gli austriaci. Oggi, purtroppo, è quasi sconosciuto, almeno in Italia, perché nelle scuole non se ne parla quasi mai. Che dicono di lui oggi in Austria o nel Trentino lo ignoro; mi farò informare dai miei amici trentini, da Marco Albertazzi, titolare della casa editrice “La Finestra”, che qualche anno fa ripubblicò gli “Scritti politici” di Battisti e gli “Scritti trentini” di Mussolini, generosamente regalatimi.
Di Battisti e di tanti altri personaggi dalle vicende controverse, bisognerebbe parlare sempre, perché la storia non deve cambiare i connotati a nessuno, ma neppure far cadere nessuno in oblio. Essa è veramente utile quando offre elementi per valutare la realtà politica che cambia. Oggi noi e gli austriaci siamo o dovremmo essere europeisticamente connazionali; e il nostro Battisti – nostro di italiani e di austriaci, di francesi e belgi ecc.  –  andrebbe visto non come eroe e neppure come traditore, fermo restando che fu un uomo di grande carattere, di grande coraggio e di estrema coerenza.
Noi italiani dovremmo capire le ragioni degli austriaci quando lo considerarono un traditore e gli austriaci le ragioni nostre nel considerarlo un eroe. Per sforzarci di capire oggi gli austriaci nel loro astio contro Battisti, riflettiamo sulla nostra irritazione per il cattivo gusto di alcuni personaggi importanti, italiani di nazionalità ma austriaci di appartenenza etnica, quando danno prova di scarso senso civico e attaccamento nazionale. Qualche anno fa il campione olimpionico di slittino, l’altoatesino Armin Zöggeler, che peraltro è un carabiniere, avrebbe detto, così riferirono i giornali, che lui l’inno nazionale italiano neppure lo conosceva. Spesso la pur brava Lilli Gruber, brava soprattutto quando scrive, di meno quando parla, italiana anche lei ma con ascendenze austriache, non si lascia sfuggire occasione per pregiarsi delle sue origini. Francamente certe espressioni e certi atteggiamenti irritano; e stiamo in una situazione completamente diversa da quella di un secolo fa. Peraltro noi dobbiamo pur riconoscere che parte del Trentino Alto Adige, il Sud Tirolo, è terra austriaca, abitata anche da italiani.
Da parte loro gli austriaci dovrebbero capire noi italiani quando si rallegrano per certe manifestazioni orgogliose di “appartenenza” all’Austria di certi cittadini italiani. Come a loro sono simpatici questi personaggi che esternano pro Austria, così a noi sono antipatici; e viceversa.  E inoltre, se non hanno dimenticato del tutto la storia, i nostri amici austriaci dovrebbero ammettere che molti territori occupati da loro e inglobati nell’Impero asburgico, appartenevano ai popoli che da sempre li abitavano. Se oggi danno ragione a chi rivendica, sia pure in modo diverso rispetto a ieri, la sua identità, dovrebbero dar ragione anche a Cesare Battisti quando questi decise di battersi per la sua patria, che non era l’Austria. Insomma, ci dovrebbe essere sempre reciproco riconoscimento di ragioni e di sentimenti. Oggi è possibile. Non lo era ieri.
Ricordo che sulla corrispondenza politica della “Giovane Italia”, organizzazione studentesca parallela al Msi, di cui negli anni Sessanta ero dirigente, si timbrava lo slogan “I confini della Patria si difendono, non si discutono”. Erano i tempi degli accordi De Gasperi-Grüber.
E già che ci siamo, restituiamo alla Lilli televisiva l’Umlaut sulla sua ; è roba sua. Ma forse lei ha ormai optato per una più conveniente italianità. E noi la abbracciamo.
E torniamo a Battisti e a Mussolini, entrambi socialisti; ma di diversa tempra, i quali in quegli anni facevano un cammino inverso. Battisti verso l’irredentismo e l’italianità, a cui dava importanza prioritaria; Mussolini, al contrario, andava verso un socialismo più autentico ed indulgeva all’internazionalismo. Nelle sue corrispondenze del periodo trentino, per “La Voce” di Prezzolini, poi pubblicate col titolo “Il Trentino veduto da un socialista”, si leggono delle cose, che un po’ sbalordiscono, tra cui che molti altoatesini non volevano affatto diventare italiani perché lo Stato sociale austriaco li faceva vivere bene, mentre quello italiano, che di sociale aveva ben poco, li avrebbe fatti vivere male.
In clima di anniversari – cento anni dalla Grande Guerra – sappiamo che quando le truppe italiane giunsero nel Trentino non furono affatto accolte da liberatrici; e i militari italiani usarono le maniere forti con le popolazioni locali.

Di fronte alla realtà dei fatti, che molto spesso è taciuta o mistificata, le valutazioni cambiano. Ed è giusto che cambino. Cesare Battisti non è più un eroe per noi italiani e neppure un traditore per gli austriaci, perché i tempi sono cambiati; oppure, se resta un eroe per noi italiani e un traditore per gli austriaci, per capirlo bene dobbiamo contestualizzare i fatti e storicizzare il personaggio. Altrimenti continuiamo a stare l’uno nell’incomprensione dell’altro.

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