domenica 26 luglio 2015

L'immigrazione e le due Italie


Si può dire che l’immigrazione sia una crisi? O si offendono il Papa e i suoi sottoboccali, perfino laici, ovvero i politici italiani che alla benevolenza cattolica affidano le loro fortune elettorali, le loro carriere governative e dirigenziali?  Va bene per il Papa, che considera l’immigrazione un dono di Dio; ma per lo Stato?
Questa crisi in Italia ha operato una sorta di operazione sociale che in chimica si chiama dialisi, ossia la scomposizione sempre più netta della società italiana nelle sue componenti fondamentali: la classe politico-intellettuale e il popolo.
Per la verità le componenti dovrebbero essere tre, la terza purtroppo, quella  degli intellettuali, fa tutt’uno con quella politica, tradendo una missione che è istituzionale, per etica e funzione. Essa, invece di stare col popolo e contro il potere, è in difesa del potere e svolge il compito di rabbonire il popolo che recalcitra, spiegandogli che immigrazione è bello, è fatale, è ineludibile, rappresenta la ricchezza del paese. Gli italiani non fanno più figli? Nessuna preoccupazione, li fanno gli immigrati, che mantengono così il trend delle nascite. Grazie ai contributi dei lavoratori stranieri l’Inps potrà pagare le pensioni agli italiani. E sempre grazie agli stranieri in Italia si continua a consumare e a tenere in piedi la produzione. Insomma, gli intellettuali, che non vedono oltre il naso o vedono benissimo oltre quel che c’è ma tacciono, vanno in soccorso dei politici e non ipotizzano nemmeno alla lontana il danno che deriverà all’Italia dall’invasione immigratoria. Il loro imbonimento in realtà è un inganno; è un delitto contro il proprio Paese.
Il paragone che si fa tra l’immigrazione assorbita dai tedeschi di popolazioni euroasiatiche, contigue per civiltà, e l’immigrazione nostra di popolazioni africane che con l’Europa non hanno niente a che fare, è segno di malafede. L’integrazione costà è un fatto, già avvenuto. Qua da noi è solo l’inizio di una tragedia che abbiamo visto e vediamo in Inghilterra, in Olanda, negli stati Uniti d’America. Con gli africani e gli islamici non ci può essere integrazione alcuna. Chi oggi sostiene questa invasione afro-islamica si assume responsabilità storiche ben precise. Gli intellettuali dovrebbero insorgere, porsi alla testa del popolo, e invece seminano fandonie col chiaro scopo di renderlo insensibile e innocuo.
Ma torniamo alle due componenti. La prima, per convinzione, scelta o obbligo, sostiene che l’immigrazione va gestita non potendo essere respinta. Falso! Altri paesi, come Francia, Inghilterra e Ungheria, la respingono. La posizione italiana del resto è equivoca: per un verso l’immigrazione è un male e infatti si arrestano gli scafisti che trasportano in alto mare gli immigrati, per un altro è un bene perché ci consente di dimostrare la nostra solidarietà cristiana, più le già citate ingannevoli profende. Il governo ha mobilitato le prefetture per trovare edifici dove ospitare gli immigrati, per risolvere i problemi d’impatto socio-ambientale.
Ma non è solo questione tecnica, di spazi, di organizzazione. Il popolo è contrario, ormai non tollera l’invasione e ovunque i prefetti sistemino gli immigrati scoppiano tumulti ed incidenti; e dove i prefetti cercano di mediare, sensibili alle rimostranze popolari, vengono trasferiti dal ministro dell’interno perché incapaci e inadempienti. Ormai è chiaro: il potere politico e il popolo sono entrati in rotta di collisione.
Che il popolo non capisca, che non sia in grado di cogliere nei suoi giusti termini il fenomeno dell’immigrazione, come politici e intellettuali vogliono sostenere, è quanto di più antidemocratico possa pensare una classe politica sedicente democratica. Qui è in gioco il contratto sociale: i rappresentanti (classe politica) lo stanno tradendo, così legittimando la ribellione dei rappresentati (popolo). Tornano a scontrarsi la visione ideologica e la visione pragmatica. Il popolo può sbagliare, può non capire, può essere che nella sua ignoranza preilluministica abbia bisogno di essere guidato o spinto con la forza verso una direzione, può essere che sia perfino utile ingannarlo, secondo una vecchia teoria di stampo paternalistico; ma è un fatto indiscutibile che esso è sovrano. Ad un certo punto può ribellarsi. E’ legittimo che si ribelli. Le condizioni per una rivolta popolare crescono sempre più anche per altri fattori.
In Italia stiamo vivendo una fase di pre-democrazia. Abbiamo un governo che nessuno ha votato, che governa come se non dovesse mai sottoporsi a giudizio alcuno, che ha fatto della riforma elettorale la nuova tela di Penelope per ingannare i proci, leggi gli elettori. Percorsi simili nella storia hanno sempre portato a disastri.
Ancora. L’Italia è lo zimbello del mondo. Altro che l’Italietta di fine Ottocento, contro cui si levavano i nazionalisti! Son tre anni che due nostri militari, appartenenti ad un corpo di grande prestigio, come il Battaglione San Marco, sono tenuti in India sotto minaccia di processo e di condanna a morte, mentre le autorità italiane non sanno far altro che tentare vie che portano a lunghi percorsi che terminano in un vicolo cieco. Mettiamo pure che i due fucilieri di marina abbiano ucciso i due pescatori scambiandoli per due pirati, hanno fatto semplicemente il loro dovere. Se no non si capisce che ci stanno a fare sulle navi se non possono intervenire laddove è richiesto o pare che sia richiesto il loro intervento.
Ancora. L’Europa continua a penalizzare i nostri prodotti agricoli con assurde e comiche normative, come il fare formaggio senza latte, fare cioccolato senza cacao, tenere rigorosamente la dimensione delle vongole entro parametri europei; e noi continuiamo a fare i compitini a casa come scolaretti.
Può essere che per stare in Europa occorra rinunciare a pezzi di sovranità; ma proprio per questo occorre una classe dirigente all’altezza, di carattere e non di una manica di yes-man, sempre pronti a indecorosi e lesivi “obbedisco”.

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