martedì 7 luglio 2015

La Grecia cambi mentalità


La sera di domenica 5 luglio, assistendo al tripudio per la vittoria del no al referendum greco, non riuscivo a capirne il senso. E siccome anche i nostri commentatori sprizzavano gioia ed enfatizzavano l’evento, io mi sentii un alieno. Quel referendum per me era un controsenso. Quando mai si è visto un governo chiedere al suo popolo se rispondere sì o no alla richiesta da parte di un organismo internazionale al pagamento dei debiti? Davvero i Greci non cambiano mai! L’ennesima furbata, che questa volta, però, mette allo scoperto quanto distante sia la loro mentalità levantina da quella luterana europea.
Assalito in un primo momento dal dubbio di essere in qualche modo prevenuto nei loro confronti per il mio vissuto svizzero in anni particolarmente formativi, mi ricordai che no, non poteva essere, perché già prima, quando frequentavo la scuola media in Italia, tenevo per i troiani, i turchi di oggi, e mi stavano antipatici i greci. Volete mettere il greco Achille, invulnerabile per interesse della madre che era una dea – altro che santi in paradiso – e mentre gli altri si dannavano in combattimento lui se la spassava nelle mollezze dell’amico Patroclo, con il troiano Ettore che invitava i suoi a non tener conto degli auspici divini per combattere dato che era più che sufficiente la difesa della patria? Via, siamo seri! Abbasso Achille e viva Ettore!
Mi tornarono alla mente le parole del troiano Laocoonte, che davanti al dono greco del cavallo, disse con forza: non accettiamolo, temo i greci anche quando portano doni! Così dice il mantovano Virgilio nell’Eneide: “timeo Danaos et dona ferentes!
E i tanti paradossi dei sofisti? Celebre quello di Protagora, che avendo insegnato ad un giovane avvocato col patto che quest’ultimo lo avrebbe pagato alla prima causa vinta si sentì dire che non gli doveva nulla perché se i giudici gli avessero dato torto non avrebbe vinto la causa e dunque nulla gli doveva, se gli avessero dato ragione non doveva pagare lo stesso. E Protagora di rimando: se i giudici ti daranno torto tu mi dovrai pagare e se ti daranno ragione avrai vinto la causa e mi dovrai pagare lo stesso per l’impegno assunto.
Ma l’episodio più calzante è quello narrato da Luciano di Samosata (filosofo del II sec.) nei suoi Dialoghi, relativo a quello tra Caronte e Menippo. Questi, quando morì, si presentò a Caronte per essere trasportato nel regno dei morti ma poi non volle pagare perché sprovvisto dell’obolo obbligatorio; e quando Caronte gli disse che senza l’obolo non sarebbe passato, quello senza fare una piega disse: e va bene, vuol dire che da morto resto nel regno dei vivi. Il povero Caronte non sapeva che decidere proprio come la Merkel oggi; e quando si rivolse a Ermes, il dio che l’aveva accompagnato fin lì, questi gli gridò: “Tu non sai, Caronte, che specie d’uomo hai traghettato? Un uomo libero, per l’esattezza: non gl’importa niente di nulla. Costui è Menippo!”.
Insomma, si potrebbe passare una vita a raccontare quanto la letteratura ci ha tramandato dei Greci. Il guaio è che oggi tante cose sono cambiate. Dove si ragiona e si decide è un po’ più sopra del Mediterraneo e della zona influenzata dai Greci. Ma la situazione che li vede protagonisti purtroppo non è molto differente dalle imprese dei loro sofisti. Così calcolano: noi abbiamo dei debiti e non abbiamo i soldi per pagarli, ci buttano fuori dall’Europa; ma l’Europa senza di noi subisce un danno assai più grave del mancato pagamento; dunque, se l’Europa non vuole trovarsi a mal partito ci deve abbonare i debiti, esattamente come finisce Caronte per abbonare a Menippo il pagamento dell’obolo.

Fuori da tanti ragionamenti anche gustosi c’è che l’Europa così com’è non funziona. Deve necessariamente avere dei meccanismi di difesa per impedire che a tanto si arrivi, o impedendo per tempo un simile debito o trovando sempre il modo per andare incontro alle parti più deboli della sua complessa formazione. Se l’Europa non vuole o non trova il modo di rivedersi, non ha che una strada da percorrere con la Grecia: metterla fuori dall’Unione, puntando sul fatto che la furbizia non può averla vinta sulla correttezza. Se non lo fa, aspettiamoci che altri paesi si comportino come la Grecia, la quale può avere la primazia della furbizia, non l’esclusiva. Resta, comunque che essa deve cambiare mentalità, perché, come dicono a Napoli, “accà nisciunu è fesso”.

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