A sentire Massimo Cacciari, Renzi
sta facendo quello che avrebbe voluto fare Berlusconi. Lascia trasecolati la nonchalance con cui il filosofo lo dice.
Appena qualche anno fa quello che voleva fare Berlusconi per tutte le sinistre
dell’universo era ammazzare la democrazia. Letta (Enrico), uscendo dall’aula di
Montecitorio per non votare il voto di fiducia all’art. uno dell’Italicum, ha detto: se una cosa del
genere l’avesse fatta Berlusconi staremmo tutti in piazza. Dopo il terzo voto
di fiducia ottenuto, Renzi, tanto per non smentirsi e con una buona dose di iattanza
infantile, ha esultato: «Li abbiamo distrutti».
Renzi, dunque, vince. Per usare
una terminologia calcistica, però, si potrebbe dire che vince ma non convince. La
caterva degli ominidi che lo segue ragiona e si comporta ciascuno pro domo sua. Mica fessi, è in gioco il
posto al Parlamento e per alcuni la carriera politica. Se fossi tu, che
faresti? Io, ominide, che ha trovato il suo trascinatore, starei con Renzi! Io,
uomo, che cammina con le sue gambe e il suo cervello, no.
Certo, non deve essere facile digerirlo
per l’altra caterva di ominidi che negli anni berlusconiani hanno fatto
sceneggiati su sceneggiati, per manifestare contro Berlusconi: sciopero delle
toghe, girotondi, mobilitazione di registi, salvatori della costituzione più
bella del mondo, pifferai vari, tutti insieme appassionatamente. Sembrava
volessero scongiurare la fine del mondo. Mancavano le bandiere con la croce e
con su scritto “Deo lo vult”. Provo ad immaginare un Andrea Camilleri, il
vecchio comunista antiberlusconiano di platino, che ora è costretto a cacarsi
la faccia, dato che Renzi – non lo dico io, lo dicono quelli della sua stessa
parte politica – fa quello che avrebbe voluto fare Berlusconi. E sia! C’è
sempre qualcuno che trova la pezza a colore per nascondere le impurità più
sgradevoli. Franco Cassano, il teorico del pensiero meridiano, deputato Pd, per
giustificare il suo voltafaccia a Bersani, ha detto: «i mutamenti dello
scenario internazionale nell’epoca della globalizzazione impongono un passaggio
nella direzione dell’Italicum [si deve] aumentare la capacità di decisione
politica» (Corriere del Mezzogiorno del 1° maggio). E beh, e che diceva
Berlusconi, soltanto tre anni fa, mica nell’era glaciale? Dello stesso avviso è
Sabino Cassese, uno dei tanti presidenti della repubblica mancati, il quale ha
detto: «Il governo del leader non è una minaccia per la democrazia […], ma un tentativo di
conciliare democrazia e capacità di decisione, nella consapevolezza che la vera
minaccia della democrazia è la sua incapacità di decidere» (Corriere della Sera
del 1° maggio). Democratici intelligenti e moderati o fascisti duri e puri?
Ma basta con queste indegne
capriole! Le cose sono molto più semplici. Renzi vuol far passare la legge
elettorale che gli consente lunga vita al potere. Il suo partito, stando alle
previsioni, vince le elezioni, si prende il premio di maggioranza, 340 deputati
su 630, il Senato non conta più niente e via per la sua strada chissà per
quanti anni ancora. Gli altri 290 valgono meno delle oche del Campidoglio.
Questo è il calcolo, neppure tanto difficile. E, diciamola tutta la verità,
probabilmente Bersani e compagni al posto di Renzi farebbero lo stesso. Il
punto è proprio che l’operazione la fa Renzi, che è di «brutta natura»
(Bersani), che ha già dimostrato un’arroganza e una illiberalità che va oltre
ogni nobile o necessaria incombenza.
Non è il fatto in sé che conta,
ma chi lo fa. Renzi, il ragazzotto di Firenze, come lo definiva Piero Ostellino
prima di essere cacciato dal “Corriere della Sera”, può essere assai più
pericoloso per la democrazia di Berlusconi. Bisogna capirlo fin d’ora che
animale è.
L’ex direttore del “Corriere
della Sera” Ferruccio de Bortoli ha pubblicato il 30 aprile il suo commiato dal
giornale. De Bortoli è un signore, anche a vederlo, così estraneo ad ogni
ineleganza che sembra sempre lavato e profumato di fresco. Ha fatto capire di
aver lasciato il “Corriere” perché “vuolsi così colà dove si puote / ciò che si
vuole…”. Ma da uomo d’onore e di confronto ha voluto esporre all’Italia e al
mondo l’immagine di chi oggi incredibilmente fa il bello e il cattivo tempo.
Renzi è «un giovane caudillo – ha
detto – un maleducato di talento… uno che disprezza le istituzioni e mal
sopporta le critiche». E personalmente si augura che Mattarella non firmi l’Italicum, perché è una legge sbagliata.
Non mancano perciò elementi che
fanno temere il peggio. E il peggio è, per capirci, non la tirannide, per usare
immagini già usate dagli antiberlusconiani, ma una farsa di democrazia, non
molto dissimile da quella che vediamo oggi: un governo personale, fatto da
lacchè, che, non contento di far passare tutto quello che vuole, insulta e
irride gli inutili impotenti capponi della stia. Il peggio è che l’Italia,
ridotta ad una satrapia in un’Europa sempre più esigente per poter affrontare
le sfide dei colossi del mondo, riduca a sua volta la partecipazione
democratica a pura finzione scenica. E’, a quanto pare, un processo di autoritarismo
necessario. Non è un caso che questa svolta l’abbia voluta un Presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano, di formazione comunista. Egli fece le prove
prima con Mario Monti, poi con Enrico Letta e infine, falliti i primi due
tentativi, con Matteo Renzi, che sembra quello “giusto”.
I conti che si sta facendo Renzi
potrebbero, però, non essere quelli che dovrà fare con l’oste, anzi con gli
osti. Primo oste: le elezioni; potrebbe non vincerle e ritrovarsi a dover
subire ciò che lui oggi progetta di far subire agli altri, potrebbe cioè
mettere l’arma che sta allestendo per sé nelle mani di un suo competitore. Di
qui al 2018 possono accadere molte cose e non è detto che tutte vadano in suo
favore. Secondo oste, posto che vinca le elezioni, ci sarà una inevitabile
ondata di opposizione interna, nei confronti della quale non avrà più le armi
adeguate. E’ legge politica, infatti, che allorquando manchi un’opposizione
esterna ne nasca una interna, che mina il potere fino a farlo passare di mano.
Comunque sia, non mancano fin d’ora i motivi per avviare nel Paese una dura
resistenza contro ogni forma di progressivo esproprio politico dei cittadini,
così nell’Anno II dell’Era Renziana.
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